Lavoratrici del sesso autodeterminate, si chiamano così le prostitute in Germania. Loro rientrano nella cosiddetta “buona prostituzione“, come preferiscono definirla dopo la legalizzazione nel 2002, per distinguerla dalla prostituzione di strada. Chi lavora nel business del sesso è convinto che questo sistema funzioni, in realtà si è aperto un acceso dibattito sul tema, soprattutto dopo la pubblicazione di uno studio. Elke Mack, professoressa di scienze sociali cristiane ed etica sociale, il suo assistente di ricerca Jakob Drobnik e l’avvocato Ulrich Rommelfanger hanno studiato come la legislazione tedesca ha influenzato il settore della prostituzione nel loro libro (“Comprare sesso – un esame legale e giuridico-etico della prostituzione“), raccogliendo ed esaminando i risultati degli studi realizzati e valutando le dichiarazioni di medici, funzionari delle forze dell’ordine e assistenti sociali. Il risultato è inquietante.
Come riportato da Süddeutsche Zeitung, un ginecologo denuncia «lacerazioni perineali, lesioni vaginali, dolore incessante durante i rapporti» diagnosticate alle prostitute che ha avuto in cura. Lo aveva già raccontato ad una commissione del Bundestag nel 2016 e lo ha confermato nel nuovo studio, visto che non sono emersi cambiamenti sostanziali. La conclusione a cui sono giunti i tre studiosi è che in Germania il sistema non funziona affatto, anzi «è indiscutibilmente diventata il più grande centro europeo di traffico di esseri umani e un hub di prostituzione forzata e in condizioni di povertà», è scritto nella prefazione del libro. La conclusione che hanno raggiunto è che serve una «revisione totale delle leggi tedesche sulla prostituzione».
PROSTITUZIONE IN GERMANIA, “LEGGI DA RIVEDERE”
Attualmente, due leggi regolano il “sesso in vendita” in Germania. La legge sulla prostituzione del 2002, con cui è stato compiuto il primo passo verso la liberalizzazione. Da quel momento la prostituzione non fu più considerata immorale. Si voleva anche migliorare la situazione legale e sociale delle prostitute, ma solo 15 anni dopo, nel 2017, è entrata in vigore la legge sulla protezione della prostituzione, «per migliorare la situazione delle donne e degli uomini che lavorano nella prostituzione e per proteggerli dal traffico di esseri umani, dallo sfruttamento e dalla coercizione», si legge sul sito del Ministero federale della Famiglia. Pertanto, le prostitute sono obbligate a registrarsi presso le autorità e a ricevere regolarmente consigli sulla salute.
Inoltre, è stato introdotto l’obbligo di autorizzazione per il commercio della prostituzione. La realtà, però, è ben diversa. In primis, i tre ricercatori evidenziano che l’attuale legislazione tedesca in materia di prostituzione viola l’articolo 1 della Costituzione tedesca, quello sul requisito della dignità umana. Oltre a criticare il sistema tedesco, propongono una soluzione: il cosiddetto modello nordico, che prevede il perseguimento di coloro che pagano per il sesso, cioè i clienti. Di fatto, ciò equivale al divieto di prostituzione.
IL “MODELLO NORDICO” SULLA PROSTITUZIONE DIVIDE
Il modello nordico prende il nome dai Paesi che lo hanno introdotto per primis. La Svezia nel 1999, poi Norvegia e Islanda, ma seguirono altri Paesi, come la Francia. A dieci anni dalla sua introduzione, la Svezia ne ha fatto valutare gli effetti. I risultati dimostrano che la prostituzione di strada è diminuita, che il divieto ha agito da barriera per i trafficanti e i protettori e che l’atteggiamento della popolazione nei confronti dell’acquisto di servizi sessuali è cambiato. D’altra parte, il Servizio scientifico del Bundestag nel 2019 evidenziò: «Rimane tuttora controverso se questi risultati reggano a criteri scientifici». I detrattori del modello nordico temono che la prostituzione possa diventare clandestina, con condizioni peggiori e pericolose.
Da un punto di vista legale, bisogna però bilanciare gli interessi: da un lato la dignità umana, dall’altro la libertà di occupazione. A dover sciogliere il nodo sono i politici, ma chiunque affronti la questione è destinato ad avere problemi con uno dei due schieramenti opposti. Ed è uno dei motivi per i quali in Germania si ritiene improbabile affrontare seriamente la questione nel prossimo futuro. Il modello nordico non è nell’accordo di coalizione e probabilmente, spiega Süddeutsche Zeitung, non c’è una maggioranza per esso all’interno della CDU/CSU al momento. Ma è probabile che il dibattito, nella sua forma più accesa, continui. Più ricerche, più dati potrebbero alimentarlo. Di sicuro, c’è convergenza da parte di tutti riguardo il fatto che qualcosa debba cambiare in Germania.