IL FRENO A LEGA E FORZA ITALIA
Secondo quanto riporta Money.it, “per quanto riguarda la riforma delle pensioni, sulla quale i confronti entreranno nel vivo in autunno, subito dopo l’approvazione della Nota di aggiornamento al Def che fornirà delle informazioni più precise riguardo alle risorse a disposizione, ci sono due schieramenti: da una parte la Lega che vuole fare un passo in avanti verso il superamento della legge Fornero e dall’altra Forza Italia che intende portare avanti la battaglia condotta da Silvio Berlusconi per aumentare le pensioni minime fino a 1.000 euro”. Si tratta di “due obiettivi particolarmente onerosi, tant’è che è impossibile che vengano raggiunti nel 2024. Come sottolineato da Meloni le risorse sono limitate e bisognerà concentrarsi su obiettivi mirati. E qui un appello al gioco di squadra, invitando i singoli partiti a ‘mettere da parte le misure spot’. Meno slogan e più fatti quindi e un atteggiamento costruttivo anche laddove fosse necessario rimandare qualche obiettivo”.
LO STUDIO DI BANKITALIA SULLE PENSIONI E LA NATALITÀ
Più nonni al lavoro? Meno figli: lo sostiene l’ultimo studio di Bankitalia che prova a mettere in correlazioni le difficoltà di una riforma pensioni modificata dalla Legge Fornero e ancora senza una sostanziale alternativa, almeno per questo 2023 in attesa dell’attivazione di una Quota41 come nei progetti del Governo Meloni. Lo studio rileva che nei Paesi dove si è aumentata l’età pensionabile, come l’Italia, si è aggravata la crisi demografica.
Il supporto ai familiari stretti, nonni in primis, «è decisivo per le famiglie italiane» per assolvere tutti quei compiti che i genitori lavoratori non possono garantire al 100%, anche considerati i costi dei servizi per l’infanzia per asili, scuole, baby sitter. Secondo i calcoli della Assindatcolf, citati da Bankitalia, il sostegno dei nonni per le famiglie italiane «vale nell’economia del welfare familiare come 2000mila euro al mese». Avere dei nonni invece che stanno ancora lavorando e non riescono ad andare in pensione “presto” sono una sorta di ostacolo per l’aumento della prole in una famiglia. I dati sulla natalità sono impietosi: si passa da 500mila nascite all’anno nel 2008 ai 390mila circa del 2018. (agg. di Niccolò Magnani)
LE ACCUSE DI LANDINI
Intervistato dal Corriere della Sera, Maurizio Landini spiega che “noi siamo quelli che rappresentano chi paga le tasse e tiene in piedi questo Paese, ma sulle riforme di fondo non siamo coinvolti e le decisioni vengono assunte senza alcun confronto. Al contrario, il Governo continua a chiamare a ‘tavoli finti’ organizzazioni sindacali senza alcuna rappresentanza ma solo firmatarie di contratti pirata. Alle piattaforme unitarie presentate – pensioni, fisco, salute, precarietà e una legge sulla non autosufficienza – il Governo non sta rispondendo”. Il Segretario generale della Cgil aggiunge che “c’è un’emergenza salariale grande come una casa: quando uno è povero pur lavorando significa che c’è qualcosa che non funziona. La riforma fiscale serve quindi a combattere l’evasione, a colpire la rendita finanziaria e la rendita immobiliare e a tassare gli extra-profitti per finanziare la sanità e la scuola pubbliche e per ridurre la tassazione al lavoro dipendente e ai pensionati: tutto questo non si sta facendo”.
LE PAROLE DI VALENTINI
Lo Spi-Cgil di Fermo ricorda la difficile situazione dei pensionati di fronte ai continui rincari. Il Segretario generale provinciale, Maurizio Valentini, come riporta Il Resto del Carlino, spiega che “la crisi incrementa la povertà, il carovita ha eroso il potere di acquisto di salari e pensioni. Le famiglie non arrivano più a fine mese, non pagano le bollette, saltano i pasti e rinunciano a curarsi. La situazione sta proprio peggiorando”. Anche perché “nella provincia di Fermo 34mila prestazioni pensionistiche, pari al 59,4% del totale sono inferiori a 750 euro al mese (stessa incidenza a livello regionale): dunque, 6 pensionati su 10 percepiscono un importo che non consente loro di superare la soglia della povertà”. Nadia Offidani, responsabile provinciale previdenza dello Spi–Cgil, evidenzia che “come sindacato pensionati abbiamo avanzato alcune proposte. Per le pensioni basse occorre rivalutare la 14esima mensilità e allargare la platea dei beneficiari”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI CAVALLARO
Francesco Cavallaro evidenzia che “l’attuale sistema pensionistico italiano poggia le sue basi su una contraddizione di fondo data da un anomalo innesto del metodo di calcolo contributivo, su un sistema a ripartizione, che abbasserà sempre di più l’importo degli assegni“. Ciò, secondo il Segretario generale della Cisal, significa che “in questo scenario concentrarsi solo sull’età pensionabile, e magari prodigarsi per l’uscita anticipata di qualche decina di migliaia di lavoratori in più nel prossimo biennio, rischia di tradursi in una battaglia di retroguardia. Anche la previdenza complementare, da molti, indicata come una panacea, rappresenta un puro palliativo. Noi crediamo sia necessaria una riforma radicale”.
LE INDICAZIONI DEL SEGRETARIO GENERALE DELLA CISAL
In questo senso, come riporta agenpress.it, Cavallaro indica che bisognerebbe cercare “di garantire una pensione dignitosa secondo uno schema univoco, basato su un nuovo coefficiente per la rivalutazione dei montanti contributivi, che, per coerenza, dovrebbe corrispondere al tasso di rivalutazione del Tfr e su una valutazione di congruità dell’assegno pensionistico effettuata all’atto del collocamento in quiescenza, richiedendo correttivi nel caso in cui esso risultasse inadeguato, in primis attraverso una progressiva detassazione dell’assegno percepito”. Indicazioni che, molto probabilmente, verranno sottoposte al Governo nell’ambito del confronto con le parti sociali sulla riforma delle pensioni. Bisognerà poi vedere se verranno in qualche modo prese in considerazione dall’Esecutivo.
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