La religione musulmana impone alle donne di fare il bagno al mare vestite. Il costume tipico è il burqini, che copre interamente il corpo femminile lasciando scoperti solo viso, mani e piedi. E così un gruppo di musulmane, al Lido Pedocin, a Trieste, ha provato a immergersi nelle acque del mare vestite. Immediata è stata la reazione dei bagnanti che hanno sollevato una protesta contro le stesse. E c’è chi ha parlato subito di razzismo. La sommossa è stata talmente accesa che è dovuta intervenire perfino la security dello stabilimento.
Il Lido Pedocin, tra l’altro, è l’unico in Europa che dal 1903 è dotato di un muro che divide gli uomini dalle donne con bambini. E proprio nella sezione femminile è partito l’attacco nei confronti delle musulmane pronte a fare il bagno vestite. “Qui vestite il bagno non ve lo fate”. Questa frase è stata urlata dalla maggior parte dei presenti come hanno riportato i media locali, sebbene non siano mancate anche voci in loro difesa a tutela della manifestazione della libertà religiosa. Ad essere stata messa in discussione sembra però non essere stata la tradizione religiosa quanto la paura di un atto poco igienico, dal momento che con lo stesso ‘abito’ si sposterebbero anche al di fuori dello stabilimento balneare.
IL CASO DI TRIESTE NON È ISOLATO: COSA STA SUCCEDENDO
In nessun regolamento di alcuno stabilimento balneare viene contemplata la possibilità di fare il bagno vestite. Seppure quindi le musulmane ‘incriminate’ si fossero rivolte ai gestori, gli stessi non hanno potuto fare molto se non chiamare la security per calmare gli animi. Effettivamente infatti la situazione si è forse accesa più del dovuto. Senza contare che il caso avvenuto di recente al Lido Pedocin a Trieste non sembrerebbe l’unico verificatosi nel Nord- Est d’Italia.
Alcune settimane fa infatti aveva destato polemiche anche l’affermazione della sindaca di Monfalcone, sempre in Friuli, la leghista Anna Maria Cisint: “inaccettabile il comportamento degli stranieri musulmani che entrano abitualmente in acqua con i loro vestiti: una pratica che sta determinando sconcerto e che crea insopportabili conseguenze alla salvaguardia del decoro.“ Questa frase ha ovviamente diviso l’opinione pubblica, visto anche come la sindaca abbia poi ulteriormente rafforzato l’affermazione precedente ribadendo: “non possano essere sopportate forme di islamizzazione del territorio che incidono negativamente sull’ attrattività della spiaggia con ricadute per i gestori dei servizi“. Non si era però fatta attendere, già in quell’occasione, la risposta ironica dell’Ucoii (Unione delle comunità islamiche d’Italia): “Rivolgo una domanda alla prima cittadina: se un gruppo di finlandesi, bionde e con gli occhi azzurri, arrivasse con una tuta da sub e facesse il bagno sulla spiaggia di Monfalcone, questo rappresenterebbe un problema per il decoro?”