La nuova legge sul caro voli in Italia è la prima crepa in un Paese occidentale, con uno schieramento politico liberista che si autocorregge e mette in evidenza il fallimento nel concedere al libero mercato tutte le “deregulation” e, soprattutto, nell’avere creato un sistema che finanzia le low cost attraverso gli aeroporti e i fondi regionali, quindi con le nostre tasse. Tuttavia, non ritengo si stia facendo una mossa intelligente, anche se la popolazione sicuramente l’appoggia, perché si doveva, in primo luogo, aver pronte le contromisure verso eventuali risposte o ricatti delle linee aeree – vedi Ryanair che vuole tagliare i voli nazionali – e dell’Ue che ora ci tartasserà come sempre fino a farci modificare il tutto.
Sostenere che ci saranno altri vettori a prendere il posto di Ryanair, nel caso quest’ultima decidesse di tagliare voli, non è una soluzione, perché con meno contendenti sarebbe più facile costruire un cartello. Forse molti cittadini durante questi anni potendo pagare un volo 10 euro si sono illusi che questo sistema non costasse niente, ma i recenti fatti che hanno portato un Governo di centrodestra a varare un provvedimento di sinistra (infatti l’ad di Ryanair l’ha definito di stampo sovietico), dovrebbe far riflettere. Questa situazione è colpa dei nostri Governi: infatti, ITA (100% pubblica) è tra quelle linee criticate e spesso denunciate sul caro voli.
Credo che qualsiasi cittadino senza conoscenze sul trasporto aereo può capire che un biglietto aereo di 9,99 euro anche per una tratta breve non copre i costi del servizio di cui si usufruisce, quindi è implicito che qualcuno dovrà pagare molto di più per lo stesso servizio e lo stesso volo, senza trascurare il fatto che il vettore in questione quasi sicuramente riceve concessioni e finanziamenti. Poi ci sono le considerazioni sulle alterazioni dei prezzi tramite algoritmi già descritte da vari articoli in questi giorni. Tuttavia, vedo un problema molto più grave che purtroppo riguarda ormai da molti anni anche altri trasporti (marittimi, ferroviari, terrestri), ma anche sanità, educazione, utenze, ecc.: l’immissione del privato in servizi che secondo la Costituzione dovrebbero considerarsi essenziali, tra cui il trasporto aereo, come ripete con dati alla mano l’ex Vicepresidente della Corte Costituzionale, Prof. Paolo Maddalena, ormai sta procedendo verso derive incontrollabili.
Il Governo con questo decreto mostra che si sta capendo finalmente la situazione, e ciò è positivo, ma non so se ha compreso che a forza di sminuire l’importanza di avere una linea aerea pubblica che garantisca continuità e prezzi accettabili si sta mettendo in un pantano. Oltretutto, mettersi contro il libero mercato dei privati che lo Stato stesso ha creato negli ultimi anni è altrettanto negativo. Il punto sugli algoritmi credo sia giusto da mantenere, ma obbligare i privati a praticare tariffe non elevate credo sarà impossibile, perché ci vorrebbe un esercito di operatori a controllare.
Bisogna ripensare tutto il sistema, perché il caro voli viene da lontano e da una concezione troppo liberista riguardo i servizi essenziali dei cittadini. Con la situazione odierna gli investitori preferiscono creare compagnie aeree fuori Italia nell’Ue (Malta, Spagna o Irlanda) per operare poi in Italia, viste le difficoltà che presenta il nostro Paese a livello burocratico. L’unico vettore che sta sopravvivendo e crescendo in Italia oggi è Aeroitalia e credo sia assurdo che sia solo uno, quando avremmo un potenziale per altri 10 vettori medi/grandi. La più grande chance che il Governo ha nelle mani ormai è solo una, cioè quella che ho proposto l’altra settimana attraverso e-mail al presidente del Consiglio con un invito a poter esporre le mie proposte senza aver ricevuto ancora risposta, cioè lavorare su tre livelli contemporaneamente: 1) su un differente utilizzo di ITA rispetto all’attuale e quindi un ripensamento sul cedere totalmente questo asset che deve rimanere sotto controllo dello Stato; 2) lavorare in modo cooperativo con le linee aeree volenterose che dimostrano etica; 3) un riassetto aeroporti, come lo proposi l’anno scorso.
Se non abbiamo almeno un vettore che abbia un certo numero di voli con delle tariffe basate sul coprire costi, ma senza necessità di utili o benefici, non riusciremo a creare un metro cui i vettori privati possano fare riferimento e si lascerà spazio al cartello delle tariffe che, specialmente su tratte dove operano uno due vettori, sarà impossibile da fermare. Chiaramente una ITA pubblica non potrà offrire tratte a 10 euro e questo spero gli italiani lo comprendano, ma tariffe non superiori ai costi e quote per futuri investimenti al posto dei profitti sì. Sugli aeroporti è necessaria una regolamentazione enorme, perché una low cost non può operare da un city airport tipo Linate e nello stesso tempo va ridistribuito meglio il traffico, specialmente al sud, va sviluppato il cargo, occorre migliorare la comunicazione tra gli scali per evitare emergenze/catastrofi tipo Catania, vanno creati nuovi aeroporti e vanno sviluppati quelli esistenti.
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