È fallita la missione di Victoria Nuland in Niger. La vice segretaria di stato ad interim degli Stati Uniti si era recata a Niamey per interloquire con alti funzionari della giunta militare dopo il golpe. Non sono stati accolti i “suggerimenti” degli Usa per cercare di ripristinare l’ordine democratico, così come è stata rifiutata la richiesta di incontrare il deposto presidente Mohamed Bazoum. Non ha neppure avuto l’opportunità di incontrare il leader del golpe, il generale Abdourahamane Tchiani, il quale si è rifiutato di riceverla. Un affronto per la diplomatica, che ha minacciato gravi conseguenze in caso di collaborazione con la Russia. Un atteggiamento ritenuto superbo dalla controparte nigerina, che non ha apprezzato neppure i diktat e quindi l’ha invitata a ritornare negli Stati Uniti.
Una visita disastrosa quella di Victoria Nuland, visto che i militari nigerini hanno tenuto il punto nei confronti degli Usa. Attorno alla diplomatica ora si riaccendono le polemiche, legate anche alle ombre sulla sua carriera. Infatti, la portavoce del ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova, sul suo canale Telegram ha dichiarato: «Victoria Nuland pensava che in Niger avrebbe funzionato come in Ucraina: che bastava portare un sacchetto di cellophane pieno di panini e prendere tutti per scemi. Ma un regime delle banane come quello di Kiev non può essere trovato ovunque».
VICTORIA NULAND E LO SCANDALO “FUCK THE EU”
In una situazione difficile come quella in Niger, gli Stati Uniti hanno mandato una figura discussa come quella di Victoria Nuland, la cui notorietà è legata al “disastro combinato con l’Ucraina”. Il Fatto Quotidiano ricorda quanto accaduto nel 2014, con la rivolta di piazza Maidan al culmine. All’epoca era assistente del segretario di stato John Kerry, per gli Affari europei ed euroasiatici, dunque in piena amministrazione Obama. Nuland era un “falco” dell’interventismo, ruolo che aveva ricoperto anche come portavoce di Hillary Clinton al Dipartimento di Stato, come ambasciatrice Nato durante la presidente di George W. Bush e come vice consigliere alla Sicurezza nazionale del vicepresidente Dick Cheney. Parlando al telefono con l’ambasciatore Usa in Ucraina Geoffrey Pyatt, riferendosi al possibile ruolo che l’Onu poteva avere nella crisi, disse: «Potrebbe essere ottimo, credo, aiutare a sistemare questa situazione e avere l’aiuto delle Nazioni Unite… e fan*ulo l’Unione Europea».
Di fatto, gli europei sono considerati alleati fedeli quando seguono gli Usa, ma destano disappunto se non si allineano, come sembrava accadere in quella fase. Nuland divenne così l’emblema della “faccia feroce” degli Stati Uniti in politica estera, riemersa con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca. Una linea dura che la stessa Victoria Nuland espone chiaramente in un saggio in cui propone l’espansione permanente delle basi Nato sul fronte orientale come unica mossa per contenere Vladimir Putin e per proseguire la strategia del “Fuck the Eu” contrastando quindi la linea del dialogo. «La sfida per gli Stati Uniti nel 2021 sarà quella di guidare le democrazie del mondo nella creazione di un approccio più efficace rispetto alla Russia, che metta sotto pressione Putin laddove è vulnerabile», scriveva Nuland.
LE “MANOVRE” DI VICTORIA NULAND IN UCRAINA
Victoria Nuland è considerata anche la “burattinaia di Maidan“. Poco dopo lo scoppio della crisi ucraina, accusò la Russia di condurre un “regno del terrore” in Crimea e nell’Ucraina orientale. Fu il primo funzionario Usa a usare pubblicamente il termine “invasione” per descrivere il comportamento dei russi in Ucraina e fece delle apparizioni a sostegno dei manifestanti. Come ricorda Piccole Note, nel 2014 mosse i fili segreti della rivoluzione, o colpo di Stato, di Maidan, per separare il destino dell’Ucraina da quello della Russia e per distaccarla dall’Ue. Infatti, si ritiene che abbia avuto un ruolo centrale nella rivoluzione che portò all’esautorazione dell’allora presidente filo-russo Viktor Yanukovich. Nella nota telefonata con Pyatt si augurava che non arrivasse al potere Klitcho, l’ex pugile ora sindaco di Kiev, mentre sosteneva “Yats”, cioè Arseniy Yatsenyuk, poi diventato premier dal 2014 al 2016. Lo indicava come il miglior candidato per diventare il nuovo primo ministro dell’Ucraina.
Nel dicembre 2013, durante un discorso alla Fondazione Usa Ucraina, aveva affermato che gli Usa avevano speso circa 5 miliardi di dollari in programmi di costruzione della democrazia in Ucraina dal 1991, una dichiarazione che per la Russia è la prova che gli Stati Uniti stavano orchestrando la rivoluzione. Pubblicamente la posizione Usa sull’Ucraina è stata sempre quella del diritto all’autodeterminazione del popolo ucraino, ma quella telefonata rivelò le interferenze di Washington a Kiev che non apprezzarono le capitali europee. Infatti, Angela Merkel definì «inaccettabili» le parole della diplomatica americana. Eppure, neppure le critiche dell’allora cancelliera tedesca riuscirono a frenare Nuland, che tra l’altro l’8 marzo scorso 2022 al comitato del Congresso Usa ammise la presenza di laboratori di ricerca chimica e biologica in Ucraina, precisando che non sono americani e che non servono a scopi bellici. Come riportato da Inside Over, è anche accusata di aver insabbiato la verità sull’attacco al consolato Usa di Bengasi nel 2012 in cui rimasero uccisi l’ambasciatore americano in Libia Chris Stevens e altri due americani.