Il terremoto politico occorso in Argentina lunedì scorso, con i risultati delle primarie che hanno avuto nell’ultraliberista Javier Milei del movimento “Libertad avanza” il candidato più votato, ha avuto un’eco internazionale che però in gran parte ha confermato la scarsa conoscenza che si ha in Europa, e ovviamente pure in Italia, della realtà del continente latinoamericano, con delle conclusioni spesso anche ridicole e fuori dal contesto, lo ripetiamo, reale della questione.
Definire Milei un ultraliberista della stessa stoffa di Bolsonaro o Trump è fare un paragone indubbiamente fuori luogo, perché si tratta di personaggi che operano – o lo hanno fatto – in contesti realmente differenti. Tanto per capirci: se, una volta arrivati al potere, i due personaggi sopra elencati come esempio sono stati messi alla guida di auto sgangherate, sì, ma ancora funzionanti, nel caso l’argentino dovesse poi imporsi alle elezioni presidenziali del prossimo ottobre dovrebbe guidare un veicolo al quale hanno rubato non solo il motore, ma pure le ruote.
I nostri lettori sanno benissimo che nel 2019, quando l’attuale Presidente Alberto Fernandez vinse le elezioni nel movimento peronista-kirchnerista “Frente de Todos”, il criticatissimo Mauricio Macri, che aveva governato il Paese dal 2015, aveva lasciato con un dollaro a 40 pesos nel cambio. Ed ecco che invece il Governo che, secondo una comica definizione di un quotidiano nostrano, ha lavorato per “il benessere dell’Argentina”, si è ritrovato a provocare una crisi, sia finanziaria che economica che sociale, peggiore di quella del 2001 non solamente per il cambio arrivato ormai a superare quota 740, ma anche per un collasso economico che ha provocato la fuga di imprese straniere negli ultimi tre anni. Ma non solo: ricordate il Fondo monetario internazionale, il grande nemico del peronismo che mosse accuse gigantesche a Macri per un prestito che lui chiese, e ottenne, nel 2014 che, ricordiamolo, servì per pagare gli interessi di un debito contratto dal Governo di Cristina Kirchner con un gruppo di banche private? Bene: chissà perché il Governo attuale e il suo presunto “ministro dell’Economia” (visto che di questo non si è mai occupato, come il suo collega brasiliano), Sergio Massa, hanno chiesto e ottenuto oltre 10 miliardi di dollari dallo stesso organismo. Tutti zitti?
Ma i misteri non finiscono qui: se difatti si analizza più profondamente la vittoria di Milei si possono trarre delle conclusioni alquanto interessanti. In primis, come mai un risultato così inatteso, ma accaduto durante le primarie, viene commentato come se l’economista che l’ha ottenuto fosse già il Presidente dell’Argentina al punto che proprio il Fmi ha confermato di volerlo incontrare al più presto? E poi come mai dalle roboanti dichiarazioni urlate di rivoluzione completa, i travestimenti da Batman e la minaccia di “attivare la motosega” una volta arrivato al potere, il giorno successivo al suo positivo risultato ha agitato un… coltello di plastica, abbassando notevolmente la portata delle sue dichiarazioni precedenti?
Terzo quesito: Milei ha dato a conoscere i componenti del suo staff e, guarda caso, tra di loro ci sono molti che hanno militato nel kirchnerismo o altri che sono convinti sostenitori di Sergio Massa… strano no?
E allora partiamo con un’analisi molto concreta: in primo luogo consideriamo che il vero partito vincitore delle primarie è stato quello degli astenuti e che in molti hanno votato a Milei, ossia l’anti-politica di grillina memoria, proprio perché il suffragio sarebbe stato ininfluente per la conquista del potere. Questo dato, rilevato da pochissimi, rimette in gioco il risultato del prossimo ottobre, quando le cose saranno più “serie” e, a detta di molti osservatori, potrebbe pure accadere che quella di Milei si trasformi in una meteora passeggera.
Però c’è da considerare anche l’Argentina nel suo complesso: un Paese che è alla perenne e sbagliatissima ricerca della “fatina con la bacchetta magica” che in due anni risolva le crisi più metafisiche del mondo. Sogno impossibile, ma proprio qui sta il punto, che ripete, magicamente, le stesse prerogative delle elezioni del 2019: difatti in quell’anno Alberto Fernandez vinse di poco le elezioni su Macri, grazie al voto non solo del kirchnerismo e del peronismo (che poi, ricordiamolo, sono uno la continuazione dell’altro), ma in virtù di quello di parte di una classe media che abboccò all’amo di un Fernandez (Alberto) che doveva controllare e governare l’altra Fernandez (Cristina) e quindi insieme portare il Paese a godere di un benessere immediato o quasi.
Tutti sanno già come terminò: con l’esatto contrario, ossia quello di un Alberto Presidente trasformato nella marionetta manovrata da Cristina (Vice), con grande gioia di coloro che avevano creduto nella favoletta.
Ora: un Milei così circondato da personaggi appartenenti, fino a pochissimo tempo fa, al colore politico opposto, che lui grida di voler distruggere, fa veramente pensare in un’altra fregatura in arrivo. Anche perché, se lo analizziamo nel corso dei suoi tantissimi interventi sui media, notiamo un Milei assolutamente convergente con il kirchnerismo all’inizio della sua “carriera mediatica” e mai, al netto delle urla, le motoseghe e i “farò condannare Cristina” (a uso e consumo di molti elettori), decisamente contrario. Anzi. Viene da chiedersi come mai, dopo il lunedì trionfale, l’esponente di “Libertad avanza” si stia quotidianamente scagliando contro la candidata di JxC (Juntos por el Cambio, partito dell’attuale opposizione) Patricia Bullrich senza minimamente nominare Massa, che sta partorendo, come al solito, decisioni suicide per il Paese: al punto che in molti ne chiedono le dimissioni, cosa che porterebbe l’Argentina ad anticipare le elezioni.
Come si vede da queste deduzioni, supportate da fatti concreti però, l’Argentina si trova di fronte a una scelta importantissima tra accettare un piano di austerità per uscire dal tunnel senza troppi sconquassi oppure mettersi nelle mani di una “antipolitica rivoluzionaria” modello fatina con bacchetta magica (numero x) che però potrebbe far saltare tutto per aria e farla precipitare in un baratro peggiore dell’attuale.
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