“Non siamo noi gli assassini“. Olindo Romano lo ripete ancora, a distanza di 16 anni dall’inizio della detenzione, mentre a Brescia si valuta l’istanza di revisione del processo sulla strage di Erba presentata dal sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser con una mossa che gioca d’anticipo rispetto alla stessa difesa. L’ex netturbino, condannato all’ergastolo in via definitiva per il massacro insieme alla moglie Rosa Bazzi, non ha mai smesso di dirsi estraneo ai delitti della corte di via Diaz consumati quell’11 dicembre 2006, a colpi di spranga e coltello, nell’inferno di fuoco e sangue che infranse la normalità di una sera come tante nella provincia di Como.
Tarfusser, non proprio l’ultimo arrivato in tema di giustizia e magistratura, li ritiene vittime di un clamoroso errore giudiziario così come gli avvocati che li assistono da oltre un decennio, e ora che la partita si è spostata dal tavolo della Procura generale del capoluogo lombardo a quello della Corte d’appello di Brescia, la sola competente per valutare la richiesta di riaprire il caso, i coniugi Romano-Bazzi accarezzano da vicino la speranza di vedere rivista la loro posizione. In una recente intervista esclusiva rilasciata a Cronaca Vera, Olindo Romano ha rivelato quali sarebbero i suoi progetti nell‘ipotesi di una scarcerazione e perché, a suo avviso, gli inquirenti avrebbero stretto il cerchio intorno al suo profilo e a quello della moglie arrivando a chiudere il caso con il fine pena mai.
Olindo Romano non si arrende e spera nella revisione sulla strage di Erba: “Ecco perché puntarono su di noi”
Olindo Romano e Rosa Bazzi confidano in un esito positivo da Brescia sull‘istanza di revisione presentata dal sostituto procuratore generale Tarfusser, e non arretrano di un millimetro: “Siamo innocenti“. Secondo la loro versione, ribadita negli anni dopo aver ritrattato le confessioni che contribuirono alla condanna definitiva all’argastolo, l’assassino o gli assassini di via Diaz sarebbero ancora a piede libero e no, non sono stati loro a commettere la strage di Erba. I coniugi lo hanno detto qualche tempo fa davanti alle telecamere de Le Iene nella prima clamorosa intervista in costanza di detenzione, lo hanno ribadito nei loro racconti dal carcere e ancora al settimanale Cronaca Vera, che nelle ultime settimane ha raccolto nuove dichiarazioni dell’ex netturbino. A credergli non ci sono solo la difesa e persino un magistrato dello spessore di Cuno Tarfusser, ma anche uno dei protagonisti collaterali di questa atroce storia: Azouz Marzouk. Padre e marito di due delle vittime, Raffaella Castagna e il piccolo Youssef Marzouk, da anni sostiene l’innocenza della coppia.
Nel massacro avvenuto l’11 dicembre 2006 a Erba morirono anche la madre di Raffaella Castagna, Paola Galli, e la vicina di casa Valeria Cherubini. Unico sopravvissuto, complice una malformazione alla carotide che avrebbe impedito al fendente alla gola di ucciderlo, il marito di quest’ultima, Mario Frigerio, diventato testimone chiave dell’accusa. Olindo Romano sostiene di essere finito nel mirino dell’inchiesta, insieme a sua moglie, per un motivo: “Non avremmo immaginato di essere portati in carcere. Tutti eravamo vicini di Raffaella. Pensavo anzi che ci portavano via da lì per proteggerci dai giornalisti, che addirittura ci entravano in casa. Penso che eravamo le persone giuste e i più fragili per chiudere il caso“. Nelle nuove dichiarazioni affidate ai microfoni di Cronaca Vera, Romano afferma di sognare un futuro al fianco di Rosa Bazzi fuori dal carcere e non esclude di tornare là, a Erba, dove tutto è iniziato. A suo dire, molte persone, negli ultimi tempi in numero crescente, li riterrebbero innocenti e in carcere nessuno gli avrebbe mai “rinfacciato di essere un mostro“. Segno, secondo il suo parere, che l’opinione pubblica non avrebbe in gran parte creduto alla colpevolezza sigillata nelle sentenze.