Un’altra battaglia è stata vinta, ma, la guerra è ancora lunga. Ci riferiamo alla recente vittoria dell’Europa e dell’Italia in quel “conflitto” che, sulla carta, accomuna entrambi i contendenti in un ancora duraturo contrasto all’ancora e tanto temuta inflazione. Quella cosiddetta “tassa invisibile” che nel corso di questi ultimi anni ha caratterizzato, penalizzandola, la quotidianità dei cittadini dell’intero Vecchio continente, e non solo, poiché in veste di male oscuro ha impattato gravemente sull’intero panorama mondiale. L’inflazione, ovvero quell’elemento che a prima vista nei moltissimi testi in sede didattica viene commentato come un fenomeno momentaneo, transitorio, gestibile attraverso un immediato intervento da parte delle rispettive banche centrali che, a salvaguardia della più auspicata “stabilità dei prezzi”, scendono in campo impiegando i loro più idonei strumenti.
Purtroppo, questa volta, è stato tutto diverso a causa di molteplici fattori scatenanti (ancora presenti). Combattere l’inflazione a colpi di rialzo dei tassi di interesse ha gravemente inficiato il già arduo vivere della collettività e, oggi, nonostante la visione di un ormai prossimo picco massimo, i molti osservatori già iniziano a domandarsi quando poter ritornare ad una auspicabile normalità che, ovviamente, è sinonimo di riduzione del costo del denaro.
Giovedì, il dato diffuso da Eurostat sull’evoluzione dell’inflazione ad agosto può certamente confermare la buona strada finora intrapresa dalla Bce che, a caro prezzo, ha ormai imbrigliato l’indomabile inflazione. È pur vero, e bisogna ammetterlo senza alcuna ritrosia, che il compito in capo alla presidente Lagarde ed al suo staff si è reso ancor più arduo perché viziato dalle molte “manine” degli attori coinvolti: bene la lotta al rincaro dei prezzi legati alla cosiddetta materia prima, ma male, molto male, l’aggiuntivo contrasto agli immotivati “rincari” (se così si possono definire) per mano di scellerati soggetti che, ingiustificatamente, hanno cavalcato l’onda del momento.
Aumentare i prezzi? Tutto corretto, ma con cautela. Invece no. Prezzi alle stelle ovunque in barba alle principali regole del mercato che neppure il più cinico monopolista avrebbe potuto immaginare. Oggi, guardando alla vita di tutti i giorni, il duo acquirente-venditore appare mutato con un cambio impensabile di paradigma: l’offerta decide il prezzo, la domanda si adegua e, in caso di impossibilità, ecco giungere immediata la scorciatoia del ricorso al debito. Scegliere di non comprare (a quel prezzo) non è più considerabile arbitrio e spendere equivale molto spesso allo sprecare. Questo non è il capitalismo. Questo è semplicemente ignoranza del vivere quotidiano.
Tornando alle positive rilevazioni di Eurostat, il dato che deve far riflettere è quello riconducibile alla più dura, ostile e fino a ieri resiliente inflazione “core”. Ad agosto, questa importante componente ha messo a segno un rallentamento in linea alle previsioni e l’attuale 5,3% va ad equiparare il valore del più comune livello generale dei prezzi al consumo che, rimasto invariato anch’esso al 5,3% ha, però, fatto peggio rispetto alle attese (5,1%).
Complessivamente, l’inaspettata riduzione dell’inflazione di fondo fa ben sperare soprattutto in sede di politica monetaria, rappresentando un monito indiretto per la Bce che, il prossimo 14 settembre, sarà impegnata nel giustificare le sue scelte: un ulteriore rialzo dei tassi di interesse potrebbe essere posticipato ad altra data.
Sempre sull’inflazione di fondo uno sguardo attento a casa nostra è doveroso. Istat, con la sua pubblicazione del dato provvisorio diffuso giovedì, ha confermato l’ottima dinamica che l’Italia sta vivendo nell’arco di questi ultimi mesi: “Prosegue ad agosto, secondo le stime preliminari, la fase di rallentamento dell’inflazione (scesa a +5,5%) e della sua componente di fondo (+4,8%)”. Inoltre, guardando alle singole voci, emerge come “L’‘inflazione di fondo’, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, rallenta ancora (da +5,2% a +4,8%), così come quella al netto dei soli beni energetici (da +5,5%, registrato a luglio, a +5,1%)”.
Tutto questo, per noi, rappresenta oro colato. Il motivo è molto semplice e, tornando nel passato (ma non troppo), possiamo decisamente affermare che il nostro mosaico si arricchisce dell’ultima, importante, ed tanto attesa tessera mancante. Due mesi fa, infatti, riprendevamo la precedente previsione formulata a febbraio dove, pur avendo a che fare con valori di inflazione ben diversi rispetto agli attuali, avanzavamo una proiezione con finestra di completamento “entro e non oltre agosto”. L’iniziale obiettivo di vedere un’inflazione di fondo a quota +5,6% era stato conseguito a giugno, ma l’ultimo ed ambizioso traguardo ancora da oltrepassare era quello di poter assistere ad un prossimo step “in area 5,2%”. Oggi, a distanza dei citati sessanta giorni, la “previsione azzeccata che fa ben sperare per l’Italia” trova il suo completamento (e riscontro) nei numeri dell’Istat: +4,8% dal precedente +5,2% di luglio. Bene. Molto bene. Una speranza, ormai diventata certezza, a beneficio di tutti, dell’Italia e degli italiani. Sciacalli compresi.
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