Un caso affrontato dalla Cassazione, prima sezione civile ordinanza 24.995/2023 del 22 agosto scorso ha cambiato totalmente la giurisprudenza in merito all’assegnazione di assegni divorzili al richiedente che abbia debiti col fisco per un’attività di lavoro svolta in nero: i giudici infatti ritengono che sussista la possibilità di disporre economicamente dal momento che l’amministrazione finanziaria ha accertato dei redditi per cui sussistono irregolarità di gestione, omissioni o evasioni fiscali.
Assegno divorzile: per i giuditribunaleci non è dovuto in caso di lavoro in nero
Sono proprio i requisiti di gravità, precisione concordanza per il ragionamento presuntivo a determinare la decisione del magistrato che ha analizzato il caso di un imprenditore che, in vista della separazione ha estinto un conto corrente italiano così da terra trasferire i suoi beni immobiliari in Romania.
In questo caso l’ex marito ha chiesto il contributo economico all’ex coniuge vedendoselo negare poiché i giudici, nel merito, si sono convinti che le condizioni economiche erano agiate e, anche se la moglie aveva molte più disponibilità economiche, l’assegno divorzile non è stato autorizzato: bisognerebbe stabilire le ragioni del divario economico fra le due parti.
Assegno divorzile: la trasparenza agevolerebbe il richiedente
Questo elemento però è venuto meno perché il richiedente non ha esibito tutta la documentazione economica che lo riguardava. Ciò che si sa è che l’uomo ha versato alle Entrate un debito di 187.000 per l’irregolare gestione fiscale delle sue attività e che in Romania può contare su le quote sociali di un parco auto. In Italia possiede una casa di 280 mq intestato alla figlia. È per questo che tutti gli elementi portati sub iudice dall’uomo risultano inammissibili in sede di legittimità per l’assegnazione dell’assegno divorzile.