Antonio Massa, tecnico della Rfi indagato insieme ad Andrea Gibin per la strage di Brandizzo, in cui sono morti cinque operai, ha ricevuto numerose minacce sui social network ed è stato costretto a cancellare i suoi profili. L’uomo, che come riportato dal Messaggero è finito al centro di una gogna mediatica, si è chiuso in casa e non risponde neanche al citofono. Le persone che lo conoscono sostengono che sia sconvolto e che stia prendendo dei farmaci per dormire.
Le accuse nei suoi confronti sono pesanti. Le cinque registrazioni telefoniche che sono agli atti infatti dimostrano che non aveva ricevuto nessuna autorizzazione, né scritta né orale, all’avvio dei lavori e che quando, per due volte, aveva chiesto se si potesse iniziare, la sala di controllo della stazione di Chivasso aveva risposto di no, in quanto c’era un treno in ritardo. Nonostante ciò le cinque vittime – Michael Zanera, 34 anni; Giuseppe Sorvillo, 43 anni; Saverio Giuseppe Lombardo, 52 anni; Giuseppe Aversa, 49 anni; Kevin Laganà, 22 anni – erano sui binari al momento del passaggio del mezzo di trasporto merci.
Strage treno Brandizzo, tecnico indagato riceve minacce sui social: è accusato di omicidio plurimo
Antonio Massa, tecnico della Rfi, è ora indagato per disastro ferroviario e omicidio plurimo con dolo eventuale. “La situazione è complicata, ma c’è la presunzione di innocenza”, ha commentato al Corriere della Sera il suo avvocato, Alessandro Raucci, nominato d’ufficio. L’uomo nei prossimi giorni sarà ascoltato dagli inquirenti. Quando è stato sentito come persona informata dei fatti, subito dopo l’incidente, ha rivelato che era al telefono al momento del dramma. Sono proprio le registrazioni delle chiamate che danno un quadro piuttosto chiaro di quello che è accaduto la notte della strage del treno di Brandizzo e di quella che è la sua posizione.
Alle 23.26 lo si sente parlare con la stazione di Chivasso. “Allora, dobbiamo fare ‘sto lavoro. Quando mi liberi la linea?”. La risposta è inequivocabile: “Aspetta non c’è ancora il via libera”. Nell’ultima telefonata, tuttavia, si sentono in sottofondo i rumori del cantiere. “Non te l’ho ancora data l’autorizzazione”, replicano dall’altra parte. Ma era già troppo tardi. L’obiettivo della Procura adesso è quello di comprendere se fosse iniziare le operazioni senza l’ok della centrale fosse un’abitudine.