Prosegue il dibattito sul disastro di Ustica della notte del 27 giugno del 1980. Tra affermazioni e passi indietro, Giuliano Amato ha riacceso la discussione e Donato Firrao – ex preside di Ingegneria a Torino – non ha utilizzato troppi giri di parole ai microfoni di Repubblica: “Ho esaminato uno per uno tutti i frammenti del Dc9 di Ustica. Quando ne portavo alcuni a Torino per studiarli con i microscopi del Politecnico non li mollavo un attimo: a casa, la sera, li nascondevo sotto il letto. E andando in facoltà cambiavo strada ogni volta: non si sa mai, mi dicevo”. L’esperto, già noto per le perizie decisive per il caso Mattei o per la strage del Mottarone, ha evidenziato di non poter dire cosa abbia provocato la caduta del jet: “Posso però indicare quello che, certamente, non è successo. Come l’ipotizzato ‘cedimento strutturale’: su quelle migliaia di pezzi non c’è un solo segno di fatica”.
Il punto di Donato Firrao
Altra pista scartata da Firrao è quella della bomba a bordo, non sono mai stati trovati indizi in questo senso: “Fui chiamato dal giudice Rosario Priore a verificare, voglio essere preciso, eventuali “segni di formazione di geminati meccanici dovuti a impulso di pressione ad altissima velocità”, quello che insomma accade quando un ordigno esplode. Risultato: zero”. L’ipotesi della bomba è nata da un’agenzia del ministero della Difesa inglese, sottolineando di aver visto che la pagina con i risultati delle analisi era stata tagliata e sostituita. Ma non è tutto: “Al Rarde avevamo inviato dall’Italia diversi reperti che prima, per sicurezza, fotografammo. Grazie a questa precauzione scoprimmo in seguito che nei loro test c’erano anche i risultati relativi a due frammenti che dall’Italia non erano mai partiti”. Nel corso dell’intervista, Firrao ha ribadito che il Dc9 non è caduto da solo. E ha anche ammesso di aver temuto per la sua vita: “Un po’ sì. Prendevo precauzioni ma mi dicevo anche, per sdrammatizzare: sono un professore universitario, chi vuoi che se la prenda con un povero metallurgista? Da insegnante rispondo alla mia coscienza, non alla paura”.