All’indomani del centenario della nascita di don Giussani (2022), è ora in libreria il terzo volume dei saggi che studiosi di tutto il mondo gli hanno dedicato. Il volume (Introduzione alla realtà totale. Saggi sul pensiero pedagogico e sociale di Luigi Giussani, a cura di C. Di Martino, Rizzoli, Milano 2023) contiene uno studio degli autori di questo editoriale, studio incentrato sulla ripresa e la rielaborazione dell’idea di sussidiarietà (Ibidem, pp. 131-153).
Poiché il tema ricorre con una certa frequenza nell’opera del sacerdote ambrosiano, ma ciò fino ad oggi non è stato oggetto di specifiche indagini di carattere scientifico, il saggio si apre con una puntuale ricognizione dei testi e dei contesti in cui Giussani evoca il principio di sussidiarietà, e dei significati che gli attribuisce, già nei primi scritti degli anni Cinquanta, e poi in altre molteplici circostanze, specialmente nell’“inusitato” discorso all’assemblea della Dc lombarda (Assago 1987, il vero e proprio “manifesto” del pensiero sociale e civile giussaniano) e negli interventi con cui accompagna annualmente il cammino della Compagnia delle Opere (vedili ora in L. Giussani, L’io, il potere, le opere. Contributi da un’esperienza, Marietti1820, Genova 2000).
Mentre rimandiamo, per quanto sopra e per altro ancora, alla lettura diretta dell’intero saggio, che anche per gli “addetti ai lavori” potrà forse riservare qualche sorpresa, ci soffermiamo qui soltanto su due passaggi cruciali dell’indagine, riportandone testualmente qualche stralcio. Il primo è quello in cui gli autori si interrogano su quale sia “l’aspetto più radicalmente innovativo” del ripensamento giussaniano dell’idea di sussidiarietà. “Giussani – leggiamo – non si limita a riproporre l’idea di sussidiarietà nella sua valenza difensiva della libertà della persona e delle formazioni sociali dall’invadenza dello Stato, ma ne evidenzia energicamente la dimensione positiva, tesa a far valere l’autonoma iniziativa e la tensione costruttiva di singoli e comunità intermedie, ‘chiamando’ lo Stato a non sostituirvisi, ma a farsi loro collaboratore. Tuttavia, a un’attenta ricognizione dei testi, non è difficile scorgere come l’aspetto più radicalmente innovativo del ripensamento giussaniano della nozione di sussidiarietà consista non tanto nella riformulazione delle implicazioni di ordine sociale, politico e giuridico, che essa contiene, quanto nell’averne identificato la scaturigine antropologica”. “C’è un nucleo nell’individuo – afferma Giussani stesso al riguardo – che non può essere ricondotto ai suoi antecedenti bio-storici” e che “si palesa esistenzialmente come un complesso di esigenze profondamente unitarie alla loro radice, un complesso di esigenze fondamentali che hanno come caratteristica una insoddisfacibilità strutturale (…). Brevemente io chiamo ‘senso religioso’ questo elemento dinamico che, attraverso le domande fondamentali, guida l’espressione personale e sociale dell’uomo; la forma dell’unità dell’uomo è il senso religioso. Questo fattore fondamentale si esprime nell’uomo attraverso domande, istanze, sollecitazioni personali e sociali (…). La responsabilità dell’uomo, attraverso tutti i tipi di sollecitazioni che gli provengono dall’impatto con il reale, si impegna nella risposta a quelle domande che il senso religioso – o, biblicamente, ‘cuore’ – esprime”.
È a partire dal fattore fondamentale così identificato, che Giussani mostra – lo si ripercorre in dettaglio nelle sezioni successive del saggio – “come il dinamismo proprio dell’umano conduca fino all’insorgere di movimenti, che – facendo leva sulla spinta a mettersi insieme, sulla naturale socievolezza dell’uomo (…) – tendono a loro volta a dar vita a opere, a iniziative il più possibile stabili e organiche di risposta alle esigenze e ai bisogni via via emergenti”. Giussani ne trae la conseguenza che – sono sue parole – “politica vera è quella che difende una novità di vita nel presente”, consapevole che “il potere è fatto per servire, cioè per dare concreta attuazione al principio di sussidiarietà”.
Ma, lasciando al lettore il gusto e la fatica di inoltrarsi con Giussani in ciascuno di questi passaggi salienti della sua riflessione, mai scontata e sempre condotta in vitale connessione con l’esperienza umana elementare, accenniamo soltanto ad un secondo esito essenziale dell’indagine, che emerge dalle pagine conclusive.
In esse ci si interroga sull’oggi e si evidenzia come, non solo il “principio di sussidiarietà” come tale, ma la più ampia “cultura sussidiaria” disegnata da Giussani, sia capace di illuminare in modo inedito le problematiche cruciali del tempo presente (e del futuro che è alle porte). Quella della democrazia, in particolare, afflitta da una profonda crisi, che interessa plaghe sempre più vaste dello scenario globale, incluso lo stesso Occidente. Ebbene, con esplicito riferimento ai recenti apporti forniti da importanti studiosi di diversi orientamenti culturali e di diversi ambiti disciplinari – dalla teologia sociale (Occhetta) alla politologia (Urbinati) al diritto costituzionale (Bassanini) e del lavoro (Treu) – si mostra la profonda consonanza tra il contributo offerto da Giussani all’elaborazione di una compiuta cultura sussidiaria e la persuasione che accomuna voci tra le più pensose delle odierne scienze sociali: la persuasione – per dirla con il padre Occhetta – che “la nuova linfa di cui abbisognano le nostre democrazie svigorite può venire solo da un pensiero capace di riconnettere democrazie, diritti e sussidiarietà”. La sussidiarietà è infatti – scrive Occhetta – come la “rosa dei venti”, “da cui devono partire oggi tutte le grandi riforme realizzate nel secondo dopoguerra e in cui oggi più che mai si può e si deve convergere per rifondare politiche di fiducia”.
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