Gli obiettivi del Pnrr puntavano entro il 30 giugno scorso all’assegnazione dei lavori per nuovi asili nido e i Comuni sollecitati da ben 3 bandi più 1 per il Mezzogiorno registrano dei ritardi clamorosi, tant’è che l’assegnazione dei fondi in base alle domande ha raggiunto a fatica i 2 miliardi e 470 milioni. L’Ufficio parlamentare di bilancio ha sollevato perplessità sulla debolezza del sistema e sulla lentezza dei Comuni a partecipare, poiché la disponibilità finanziaria dell’Investimento ammonta a 4,6 miliardi, di cui 3 miliardi sono nuove risorse del Pnrr, mentre i restanti 1,6 miliardi attengono a progetti in essere.
Ritroviamo tra i motivi nell’assenza dei Comuni del Meridione fra gli assegnatari dei fondi gli ancestrali problemi riguardo la diversa distribuzione dei doveri di cura dei bambini tra generi, la bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro e la carenza di personale qualificato negli enti locali che sono fondamentali per lo sviluppo di questi servizi. Ma a tutt’oggi i Comuni non solo non possiedono le competenze tecniche e amministrative, ma lamentano mancanza di risorse per il personale, nonostante la legge di bilancio 2022 abbia stanziato per esso 1,2 miliardi all’anno.
Peraltro è bene sapere che il rapporto bambini-educatori non deve superare per legge le 6 unità e il costo annuo per bambino nei nidi a gestione diretta ammonta a 8.500 euro; i nuovi posti attesi dal Pnrr avranno costi di gestione annuali di quasi 2 miliardi, richiedendo così tante risorse per la gestione delle strutture quante per la loro realizzazione. Nel 2021, il tasso di copertura di posti in asilo nido per la popolazione piccolissima era del 27%, sei punti percentuali sotto la soglia fissata dal Consiglio europeo nel 2002. Per colmare il divario, il Pnrr prevede 3 miliardi per la costruzione e/o ristrutturazione degli asili nido, ma non ha previsto dei fondi per le successive spese correnti, che vengono lasciate a gravare sui singoli Comuni. La conseguenza è che l’attuale attribuzione dei fondi del Pnrr non è sufficiente a garantire un’omogenea copertura al 33% di servizi per l’infanzia nel Paese. Ma non è solo colpa del Pnrr: le proiezioni demografiche dei prossimi anni avvertono che laddove le nascite sono in forte calo, è possibile che un amministratore ne sia disincentivato sui servizi.
L’accordo attivato dal Governo con Invitalia doveva servire ad aiutare gli enti locali a partecipare ai bandi e alle procedure molto complicate, ma in tutti i Comuni abbiamo delle differenze territoriali macroscopiche. Il Pnrr ha originato aspettative di 152mila nuovi posti in asili nido, portati poi a 45mila, e poi nuovamente tagliati perché i costi di realizzazione non distinguono sufficientemente tra i diversi tipi di intervento e non considerano economie di scala legate al territorio o ai fondi e peraltro al costo si deve aggiungere il fatto che la nuova norma prevede che il personale docente debba possedere la laurea triennale e non solo il diploma. Parallelamente agli investimenti per l’infanzia previsti nel Pnrr, la legislazione nazionale ha introdotto, con la legge di bilancio per il 2022 (L. 234/2021), il Leps relativo ai servizi per l’infanzia. Tale livello prevede che ciascun Comune o bacino territoriale debba garantire un numero dei posti per i nidi e micronidi (incluso il servizio privato) – equivalenti in termini di costo standard al servizio a tempo pieno dei nidi – pari al 33% della popolazione in età compresa da 36 mesi a tre anni. E già si ricorda che il D.Lgs. 65/2017 all’articolo 2 comma 3 ha individuato quali servizi per l’infanzia nidi e micronidi, sezioni primavera e servizi integrativi distinti in spazi gioco, centri per bambini e famiglie, servizi educativi in contesto domiciliare.
Il governo, che fa della natalità un tema bandiera, deve intervenire dove gli enti locali non hanno capacità amministrative o spazio fiscale per garantire i livelli essenziali di prestazione e mantenere le promesse del Pnrr. Il calo delle nascite va combattuto mettendo tutti gli aspiranti genitori nelle condizioni di realizzare il loro desiderio di genitorialità, e gli asili nido sono un tassello fondamentale di una politica di sostegno alla famiglia come i congedi parentali paritari e un’offerta pubblica capillare di servizi per l’infanzia che sono gli strumenti più efficaci in questo senso e che permettono anche alle madri di poter lavorare.
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