Caro direttore,
due recenti articoli pubblicati dal Sussidiario mi hanno confermato la bontà dell’idea di costituire, oramai quasi dieci anni fa, l’associazione Nonni2.0. Mi spiego.
Nel primo di questi due articoli, Federico Pichetto ci riferisce di una orribile e agghiacciante tendenza culturale che sta crescendo negli Usa e che, tra pochi anni, come sempre accade, approderà anche nella “colonia” Italia. Si tratta della “genitorialità creativa di genere”, portata avanti da un movimento che sintetizza nell’espressione “Theybies” il proprio tentativo per ora culturale, ma che tende a diventare anche legislativo e, quindi, vincolante per tutti: quello di rendere totalmente autonomo e neutro ogni individuo ed ogni individua, in modo tale che ciascuno possa decidere, senza alcuna interferenza esterna, a quale genere appartenere. Vogliono, in altre parole, come sottolinea Pichetto, separare in modo drastico il legame tra biologia e identità di genere, ipotizzando una intera società nella quale ognuno e ognuna siano totalmente isolati nelle proprie decisioni.
Si tratta, in altre parole, di uccidere la realtà. Costoro, senza paura del ridicolo, arrivano a ipotizzare che non si possano più usare il colore blu (che ricorda la mascolinità), ma neanche il colore rosa, che ricorda la femminilità. Non si dovrebbero più imporre nomi identificativi del genere ai bambini. Non si potrebbero più etichettare i giochi dei bambini. Non si dovrebbe più rivelare il sesso biologico dei neonati, neppure ai nonni! Ci sarebbe solo da ridere, ma costoro fanno sul serio (ed infatti i comici, oramai, sono in crisi, perché non sanno più di che cosa parlare).
Insomma, giustamente Pichetto sottolinea come costoro ipotizzino una società di persone assolutamente sole, chiuse neutralmente in se stesse, in nome della “suprema libertà”. Io aggiungerei che si ipotizza anche una società di persone assolutamente mute, in quanto ogni parola potrebbe influenzare l’altro o l’altra che mi sta di fronte. Potremmo ancora invitare un amico o un’amica a prendere un caffè, visto che anche il colore marrone può essere pericoloso, come il blu ed il rosa? Tutto, ripeto, è agghiacciante.
In tutto questo, che il grande Chesterton non esiterebbe a definire come pura pazzia, ci sono i semi per il “suicidio dell’Occidente”, che fa fuori la realtà pur di affermare, senza pudore, una propria astratta ideologia. I nonni, in questo contesto, possono avere la grande funzione, proprio in forza della loro lunga e dura esperienza concreta di vita e di sacrificio, di riportare tutti, a cominciare dai propri nipoti, alla realtà, che non è fatta di invenzioni ideologiche, ma di cose concrete e carnali. I nonni, se uniti e coscienti della propria funzione anche sociale, possono, con amore e anche con tanta ironia, indicare a tutti la strada della realtà e non quella dei sogni demoniaci e bestemmiatori.
Il secondo articolo a cui mi riferisco è quello di Francesco Belletti, a commento di una interessantissima ricerca di Bankitalia, che sottolinea il rapporto, verificato in tale lavoro, tra il pensionamento dei nonni e la scelte di fecondità delle famiglie che seguono a quella dei nonni stessi. In altre parole, pare accertato che quando un nonno va in pensione è più facile che le famiglie dei propri figli decidano di concepire un figlio, perché sanno che potranno avere il sostegno operativo del nonno o della nonna andata in pensione. Mi pare un’osservazione molto realistica e concreta, di cui l’associazione dei nonni si sta occupando, a partire da un convegno sul tema che si è tenuto all’ultimo Meeting di Rimini.
Tutto questo, tra l’altro, mette in luce l’immenso apporto sussidiario che i nonni stanno assicurando, oramai da anni, al tema del welfare nel nostro Paese. Si tratta di un fenomeno che normalmente viene taciuto, ma che andrebbe decisamente affrontato proprio a partire dal punto di vista della sussidiarietà.
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