Per provare ad avere un quadro della vita drammatica e complessa della nostra Italia dal secondo dopoguerra a oggi, è necessario leggere lo straordinario testo di Piera Amendola, Padri e padrini delle logge invisibili. Alliata, gran maestro di rispetto (Castelvecchi, Roma 2022). La studiosa, responsabile dell’archivio della Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia P2, direttrice nell’XI legislatura dell’archivio della commissione antimafia e membro del direttivo dell’Archivio Flamigni, offre un quadro sconvolgente dei poteri che hanno influito sul nostro Paese, cercando di condizionare con ogni mezzo le nostre scelte.
Un numero abnorme di logge massoniche regolari, irregolari o coperte. Ordini cavallereschi veri o farlocchi usati da faccendieri, per consentire, grazie all’extraterritorialità, riciclaggio di denaro. Associazioni e affari intricati, capaci di minare l’ordine democratico e la legalità. E poi una serie di personaggi il cui fine era ed è il potere da conservare a tutti i costi e da usare per i propri fini.
Uno tra i controversi personaggi messi in luce da Amendola è il principe Alliata di Montereale. Venne accusato da Gaspare Pisciotta, luogotenente di Salvatore Giuliano, di essere stato uno dei mandanti della strage di Portella della Ginestra (1947). Portella fu la prima e, probabilmente, la madre di numerose altre stragi altrettanto gravi. Il principe fu implicato anche nel fallito golpe Borghese e poi nelle trame eversive della Rosa dei Venti. Con i suoi studi e le sue ricerche, l’autrice mostra nel volume le strette connessioni di Alliata, potente capo massone, con comitati d’affari, con la mafia e con l’eversione nera. Un fitto intreccio tra centri di poteri anticostituzionali e antidemocratici.
Nel libro sono presenti anche tre capitoli che sottolineano il modus operandi della massoneria americana. Leggiamo così che Charles Poletti, esponente della massoneria americana e potente vice-governatore di New York, e i vertici alleati volevano una Sicilia staccata e indipendente dall’Italia, perciò agirono di conseguenza. E d’altro canto è noto che i servizi americani per lo sbarco in Sicilia si servirono di Lucky Luciano, che diede una rete di informatori e fiancheggiatori tra cui il temuto boss don Calò Vizzini. E nel 1945 lo stesso Truman, Gran Maestro della Gran Loggia del Missouri, fece istituire una commissione ad hoc per seguire e accompagnare le vicende della massoneria italiana.
All’interno di tale contesto storico, un personaggio molto influente fu Frank Gigliotti, italoamericano originario di Decollatura, informatore dell’Fbi e poi agente dell’Oss (Office of Strategic Services, il precursore della Cia). Gigliotti, agente Cia, promosse l’unificazione tra il Supremo Consiglio di Palazzo Giustiniani e quello della Serenissima Gran Loggia d’Italia di Alliata, al fine di contrastare attivamente le sinistre. I “fratelli americani” appoggiarono Alliata, perché volevano che i massoni della sua obbedienza entrassero in una loggia superorganizzata e unitaria, al fine di condurre tutti i membri più a destra, in funzione anticomunista. Sempre Gigliotti inventò, in seguito, il capo della P2 cioè Licio Gelli. Alla loggia P2 fu, peraltro, affiliato anche il finanziere Sindona, vicino ai Gambino e ai Bontate, morto avvelenato come Gaspare Pisciotta.
La commissione parlamentare d’inchiesta Anselmi si è interessata anche alle numerose logge Nato presenti in Italia, in particolare quella di Tirrenia, perché in quella località nel 1980 si erano svolti incontri tra ufficiali americani e membri della P2. Peraltro, anche i giudici titolari dell’inchiesta sulla strage di Brescia (1974) si sono occupati di alcune curiose frequentazioni fatte da membri dell’eversione nera in basi Nato. Restano, ad ogni modo, su tali questioni, i dati significativi raccolti dalla Corte di assise di Bologna l’11 giugno 2021: “il generale Mario Grillandini, nel 1981 in forza presso il Sismi, ha rivelato che la quasi totalità dei fascicoli sequestrati a Montevideo dalla polizia uruguayana presso l’abitazione di Gelli erano stati sequestrati dalla Cia. La circostanza non era mai stata resa nota all’onorevole Anselmi, che fino alla fine della sua presidenza cercò inutilmente di acquisire l’archivio, o almeno avere notizie sulla sua sorte”.
Chi ha avuto, certamente, un ruolo decisivo per affari sporchi di varia natura è stata la ndrangheta (rifiuti tossici, riciclaggio, delitti eccellenti) o meglio, nella sua evoluzione economico-massonica, la Santa, un luogo di intreccio tra pezzi di potere di vario tipo. Basti pensare alle dichiarazioni del pentito Francesco Fonti o alla morte del valoroso Natale De Grazia, comunque non citati nel libro. Non è un caso, poi, che il massone ed eversore nero Franco Freda sia stato proprio a Reggio Calabria e che nella città dello stretto sia stato avvistato Delle Chiaie. Nel profondo Sud, infatti, v’è un numero molto alto di logge. Il Gran maestro aggiunto Ettore Loizzo, disse, infatti, al Gran maestro Di Bernardo le testuali parole: “poteva affermare con certezza che in Calabria su 32 logge 28 erano controllate dalla ndrangheta e che non poteva fare nulla, altrimenti lui e la sua famiglia rischiavano rappresaglie”.
Il collaboratore di giustizia Cosimo Virgiglio, poi, con le sue dichiarazioni, acquisite agli atti, ha aperto uno squarcio su tali poteri criminali. Una collaborazione originaria, coperta e costruttrice di illegalità tra l’ambasciatore Ugolini e Alliata. Rapporti con i neonazisti, con l’avvocato Romeo, i De Stefano, i Piromalli, politici calabresi e nazionali importanti “sussurrati all’orecchio” cioè non risultanti in liste di iscritti e sconosciuti agli altri membri. Su tali quadri complessi, individuati in passato con grande merito dal giudice Agostino Cordova, contrastato e boicottato con tutti gli strumenti possibili, sta facendo luce l’inchiesta sulla ndrangheta stragista portata avanti a Reggio Calabria dal giudice Lombardo. Altrettanto importanti risultano le azioni giudiziarie del giudice Gratteri a Catanzaro.
Sulla nostra vita democratica e sulla sanità delle nostre istituzioni restano, però, ancora dei punti importanti che attualmente sono nel buio totale. Nell’ultimo capitolo del libro la studiosa ricorda che risultano spariti nel nulla i nomi di oltre 1.600 piduisti. Tra quelli acquisiti, non risulta, ad esempio, il nominativo di Semerari, criminologo e possibile cerniera tra eversori, delinquenti e uomini dei servizi deviati, certamente attivo nella P2. Oggi molti dei 1.600 membri sconosciuti sono morti o anziani, ma qualcuno di essi, probabilmente, continua ancora ad inquinare i pozzi. I familiari delle vittime di tali poteri criminali hanno il diritto di sapere la verità.
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