L’INCREDIBILE SCOPERTA NEGLI ARCHIVI PONTIFICI: GLI ELENCHI DEGLI EBREI SALVATI NEI CONVENTI TRA IL 1943 E IL 1944
Più di 3mila cittadini romani ebrei sono stati salvati tra il 1943 e il 1944 grazie all’intervento decisivo di istituti religiosi, parrocchie e famiglie cristiane: l’incedibile documentazione inedita è stata resa nota lo scorso 7 settembre durante il workshop svoltosi presso il Museo della Shoah di Roma: “Salvati. Gli ebrei nascosti negli istituti religiosi di Roma (1943-1944)”. La scoperta degli elenchi di migliaia di cittadini italiani nascosti nei conventi della Capitale è stata rinvenuta nell’archivio del Pontificio Istituto Biblico di Roma, rappresentando uno dei documenti più importanti dal Dopoguerra ad oggi sul ruolo salvifico che organizzazioni cattoliche nell’epoca del nazifascismo misero in campo per aiutare i fratelli ebrei colpiti dalle leggi razziali e dalle deportazioni per la Shoah.
«Furono cento le congregazioni femminili e 55 quelle maschili coinvolte», si legge in un comunicato del Pontificio Istituto Biblico, della Comunità Ebraica di Roma e dello Yad Vashem, di cui già nel 1961 lo storico Renzo De Felice aveva fatto riferimento senza però reperire l’intera documentazione, emersa invece oggi. «Gli elenchi ora ritrovati» si legge ancora, si riferiscono a oltre 4.300 persone, delle quali 3.600 sono identificate per nome: di queste persone nascoste e salvate all’interno dei conventi romani, 3.200 risultano con certezza ebrei, come emerso «dal confronto con i documenti conservati nell’archivio della Comunità Ebraica di Roma».
LA CHIESA AIUTÒ GLI EBREI CONTRO IL NAZIFASCISMO: L’IMPEGNO DI PAPA PIO XII (FINALMENTE) RICONOSCIUTO
Come del resto contenuti in molti dei documenti de-secretati da Papa Francesco sugli Archivi di Pio XII sull’epoca della Seconda Guerra Mondiale, anche nei documenti ritrovati in questi giorni emerge con chiarezza l’aiuto sostanziale di istituti religiosi e Chiesa nel sostenere i cittadini ebrei in fuga dal rastrellamento del Ghetto e dalla persecuzione della Shoah. Di quesi 3200 ebrei si sa anche dove furono nascosti secondo gli elenchi anche, «in talune circostanze, i luoghi di residenza prima della persecuzione», si legge nel comunicato del Vaticano. La documentazione – il cui accesso, al momento, per motivi di privacy, è riservato – va quindi a incrementare significativamente le informazioni «sulla storia del salvataggio di ebrei nel contesto degli istituti religiosi di Roma».
La Capitale venne occupata dai nazisti per nove mesi, a partire dal 10 settembre 1943 fino a quando le forze anglo-americane degli Alleati liberarono la città il 4 giugno 1944: in quel terribile arco di tempo la persecuzione degli ebrei determinò la deportazione e l’uccisione di quasi 2.000 persone, compresi centinaia di bambini e adolescenti, su una comunità di circa 10mila-15mila persone. La documentazione rinvenuta – informa ancora il comunicato – è stata compilata dal gesuita italiano padre Gozzolino Birolo tra il giugno 1944 e la primavera del 1945, subito dopo la liberazione di Roma: il sacerdote fu l’economo del Pontificio Istituto Biblico dal 1930 fino alla sua morte per cancro nel giugno 1945. Il comunicato stampa cita poi gli studiosi coinvolti nello studio dei nuovi documenti: «Claudio Procaccia, Direttore del Dipartimento Cultura della Comunità Ebraica di Roma, Grazia Loparco della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium, Paul Oberholzer dell’Università Gregoriana e Iael Nidam-Orvieto, Direttore dell’Istituto Internazionale per la Ricerca sull’Olocausto dello Yad Vashem». Da ultimo, a coordinare la ricerca è stato Dominik Markl, del Pontificio Istituto Biblico e dell’Università di Innsbruck, con il Rettore del Pontificio Istituto Biblico, il gesuita canadese Michael Kolarcik.
C’è un elemento che forse non viene sottolineato così di frequente: il fatto che si scoprano oggi, nel 2023, elenchi di questo tipo ci fanno intuire come tanto all’epoca quanto oggi il “bene” e la “salvezza” reali non sono “sponsorizzabili” per mera autocelebrazione. Con tutti gli attacchi e le accuse piovute negli anni contro il Papato di Pio XII per il suo “silenzio” sulla tragedia del Terzo Reich, pur avendo elenchi di quel tipo, non erano mai stati trovati/pubblicati: avrebbe forse aiutato nel tempo a restituire una memoria più reale di quanti uomini e donne cattolici si adoperarono a costo della vita per salvare i fratelli cittadini di origine ebraica. Eppure la Chiesa ha voluto mantenere sempre un profilo “basso” in merito all’impegno gravoso mantenuto in quegli anni difficili: un “silenzio” usato per non esacerbare gli animi e portare inutili ulteriori tragedie, ma che invece permise “sottobanco” di organizzare tramite istituti religiosi e parrocchie un’incredibile rete di salvataggio per gli ebrei perseguitati dalla dittatura nazifascista.