L’assassinio di JFK, ovvero John Fitzgerald Kennedy il famoso presidente americano ucciso in un attentato ancora oggi indelebile nella mente americana, potrebbe avvalorarsi, a distanza di 60 anni, di una nuova testimonianza inedita, recentemente messa per iscritto in un libro di prossima uscita chiamato “L’ultimo testimone” da uno degli agenti della scorta presidenziale, Paul Landis, quel giorno in prima linea quando il panico si diffondeva nella nazione.
Da tempo la realtà dietro all’assassinio di JFK è stata definita da una commissione appositamente istituita, chiamata Warren, che ha affibbiato la colpa dell’omicidio a Lee Oswald. Questi, appostato in cima ad un edificio di Dallas davanti al quale transitò il corteo presidenziale il 22 novembre 1963, sparò due colpi calibro 6,5 con un fucile C2766 che colpirono il presidente. Il primo proiettile passò attraverso la gola di JFK, per poi trapassargli una spalla e il petto, per poi ferire anche il polso del governatore del Texas, John Connally, seduto di fianco a lui. Questa ricostruzione è stata data per corretta, ma molti critici l’hanno sempre definita come la teoria del “proiettile magico“, per via della particolare traiettoria assunta dal colpo.
La nuova testimonianza sull’assassinio di JFK: i killer erano due
Insomma, l’assassinio di JFK fu commesso da un singolo individuo, Oswald, che sparò due soli proiettili. Molti, però, hanno sempre creduto che i killer fossero almeno due, mentre i colpi sparati tre, ipotesi che spiegherebbe meglio l’insolita traiettoria del proiettile. La nuova testimonianza di Landis, anticipata dal New York Times, citato dal Corriere della Sera, avvalorerebbe questa teoria, ma sarebbe in completa dissonanza con la testimonianza che l’agente rese quel giorno.
Nel suo libro, infatti, Landis racconta che il giorno dell’assassinio di JFK udì non due, ma tre spari distinti. Similmente, sostiene di aver personalmente raccolto il “proiettile magico”, posizionandolo sulla barella del presidente. Affermazione, la seconda, non da poco, perché il proiettile, agli atti della commissione, fu trovato sulla barella di Connally, facendo supporre che si trattasse della stessa che aveva ferito anche il presidente. Dopo l’assassinio di JFK, però, Landis sostenne di aver sentito solamente due spari e di non essere entrato nella trauma room che conteneva il presidente esanime dopo l’attentato.