Paolo Gentiloni, commissario Ue, si sfila dalle polemiche sul futuro di ITA-Lufthansa sollevate da Giorgia Meloni. L’ex premier ha spiegato che non vuole danneggiare il suo Paese. Onore al merito. A Bruxelles il dossier è sul tavolo del commissario alla Concorrenza, non sul suo che si occupa di Economia: quindi Gentiloni ha buon gioco a chiamarsi fuori. Tuttavia, Margrethe Vestager si è messa in aspettativa perché vuole correre per la poltrona di comando alla Banca europea degli investimenti, contro la candidatura dell’ex ministro “draghiano” Daniele Franco. Il vuoto di potere comporta inevitabilmente un rallentamento della pratica, con il conseguente rischio che altre “manine” possano aggiungersi per contribuire a gestire – meglio, ostacolare – un’operazione così delicata.
È un fatto che Lufthansa è motivatissima a entrare quanto prima in ITA Airways. Ha i capitali pronti e la competenza necessaria per amministrare un’azienda complessa come l’ex Alitalia. La compagnia tedesca è convinta di poter gestire anche i contenziosi con il personale, uno dei nodi più difficili da sciogliere. Ma è un fatto anche che i problemi maggiori all’acquisizione della compagnia da parte di Lufthansa sono stati sollevati a Bruxelles, negli uffici della Commissione guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen, che pure in linea di principio non dovrebbe essere così ostile agli interessi di un colosso tedesco.
Ciononostante, gli intralci all’operazione arrivano tutti da lì. Di recente si è saputo che già prima dell’estate Bruxelles aveva bocciato il nome scelto dall’Italia come nuovo amministratore delegato di ITA: si trattava di Joerg Eberhart, uomo Lufthansa che da oltre dieci anni vive in Italia e vi ha lavorato prima come numero uno di Air Dolomiti e adesso come responsabile delle strategie internazionali del gruppo. Si è detto che Eberhart sarebbe stato in conflitto di interessi. Ma quanti capi azienda sono passati alla concorrenza senza che nessuno battesse ciglio? Fatto sta che la Commissione ha eccepito ed Eberhart è rimasto in Lufthansa.
A leggere i maggiori giornali italiani, l’attacco della Meloni a Gentiloni è semplicemente la ricerca di un capro espiatorio, qualcuno cui addossare la responsabilità dell’eventuale fallimento di una trattativa. Una lettura, appunto, semplicistica che fa pensare a una mancanza di strategia del Governo. Invece è vero l’opposto: il governo Meloni ha le idee chiare, vuole chiudere l’accordo con Lufthansa quanto prima. Ma trova un muro di gomma negli ambienti della Commissione Ue. L’unico commissario italiano è stato nominato in quota Pd, partito che è sempre stato vicino ad Air France/Klm, uno dei pretendenti storici. L’altro competitor che uscirebbe sconfitto dal patto ITA-Lufthansa è Ryanair, che forse non a caso sta facendo fuoco e fiamme per le tariffe su alcune tratte fondamentali per il trasporto aereo italiano.
Si tratta di mettere insieme gli indizi. Il Pd, che ha sempre ostacolato la vendita di ITA. La tradizionale vicinanza del Pd a Macron. La Commissione Ue, che intralcia il passaggio di proprietà sollevando questioni speciose e cavilli burocratici. La presenza nella Commissione di un alto rappresentante del Pd. L’entrata in campo di un soggetto estraneo al business del trasporto aereo, il fondo Certares, vicino ai francesi. Il coinvolgimento nell’operazione Certares/Air France di alcuni alti dirigenti del ministero dell’Economia, da cui potrebbe essere partito anche un po’ di “fuoco amico” contro la privatizzazione della compagnia appoggiata dal ministro Giorgetti.
Le parole della premier Meloni a margine del G20 indiano sono state dunque pronunciate per stanare Gentiloni e gli ambienti più ostili all’operazione ITA-Lufthansa. Nel frattempo, la nostra compagnia non può attendere ancora a lungo che si definiscano le cose: l’inverno è alle porte ed è sempre duro con i trasporti aerei. Entro marzo, ma forse già entro dicembre, ITA ha bisogno di capitali, sia per ridurre il debito, sia per gli investimenti nei nuovi apparecchi. Ma il Mef non può spendere altri soldi nella compagnia, avendo già versato tutti i 1.350 milioni di euro autorizzati. Senza l’ingresso di Lufthansa, ITA rischia il fallimento. A quel punto i tedeschi non avrebbero più interesse ad acquisire una società senza valore, mentre il governo Meloni rimedierebbe una figuraccia. A tutto vantaggio del Pd, che rivendicherebbe di avere sempre giudicato la pista Lufthansa come una strada impercorribile. Ecco perché Gentiloni non può proprio chiamarsi fuori.
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