TERMOLI, 40ENNE TETRAPLEGICO SCEGLIE L’EUTANASIA IN SVIZZERA
Davide Macciocco ha 40 anni, è originario di Termoli (anche se è nato a Zurigo) ed ha deciso dopo gli ultimi 20 anni passati da tetraplegico su una sedia a rotelle di scegliere il suicidio assistito in Svizzera: lo ha comunicato lo stesso Macciocco con un lunghissimo post sui social, qualche settimana dopo le ultime avventure spericolate tra paracadute e mare. Un uomo che ama la vita e che nonostante il destino “beffardo” per quel tragico incidente avvenuto per un banale tuffo da 6 metri, non ha mai rinunciato a divertirsi e sperimentare l’intero scibile delle avventure anche “off limits”.
Eppure ha scelto di andarsene, per sempre, con la fatale iniezione d’eutanasia nelle cliniche della “dolce morte” di Zurigo:« per ironia della sorte il mio ultimo viaggio mi porta a morire lì dove sono nato, Zurigo 16 luglio 1983, 15 settembre 2023», scrive. Una morte di “dignità”, così la definisce il 40enne tetraplegico nello spiegare il motivo di questa scelta, cominciando tutto da quel tragico incidente nella sua Termoli (Molise). «Dopo una serata in discoteca con la mia ragazza e gli amici decidemmo di andare a fare un bagno al molo vecchio, in due o tre ci siamo fatti il bagno. Gli altri parlavano, ridevano e scherzavano come sempre»: Davide si era quasi asciugato quando decise di farsi un ultimo bagno tuffandosi dal trabucco. Scavalcata la recinzione, salì sul tetto e su tuffò di testa da un’ altezza di circa sei metri: «L’acqua quella mattina era alta più o meno un metro e mezzo. L’ultimo ricordo che ho di quel giorno è che dissi a Marianna che non mi sentivo più le braccia e le gambe».
IL POST DI DAVIDE MACCIOCCO: “ECCO PERCHÈ HO SCELTO IL SUICIDIO ASSISTITO”
Nel lungo post su Facebook Davide Macciocco racconta tutto l’iter di riabilitazione e la scoperta devastante di non poter più camminare: «Il mio corpo era bloccato ma la mia mente correva. Con il passare degli anni però la vita è andata sempre peggiorando moralmente e fisicamente senza cercare mai di far pesare questo ad altri». Davide racconta nel dettaglio tutte le tantissime attività fatte, vissute e volute in questi lunghi 20 anni mentre continuava imperterrito la riabilitazione. Poi appunto ad un certo punto lo sconforto prende la maggiore e decide di rivolgersi alla clinica Dignitas nel maggio del 2022 per un accompagnamento alla morte volontaria: «Amo la vita ed ecco perché oggi la voglio abbandonare. Quella che attualmente ho vissuto poteva andare anche bene, ma in un futuro prossimo so che sarà intollerabile per me! C’è da calcolare cari amici che negli ultimi due anni sono stato allettato per una piaga da decubito. Era guarita ad aprile del 2022, sono sceso al mare come ogni anno, per ben 19 anni. A metà agosto sono dovuto risalire a casa perché era ricomparsa la piaga».
Secondo il 40enne di Termoli la vita è tale «quando si può vivere liberamente sia fisicamente che mentalmente», mentre «Dipendere totalmente dagli altri anche per un semplice gesto come fumarsi una sigaretta è difficile, non c’è libertà, nessuna autonomia nonostante che la mia famiglia abbia sempre assecondato ogni mio desiderio e capriccio». Per questo motivo Davide Macciocco ha deciso l’eutanasia: «Io vado via in totale serenità e sognando. Non ricordatevi di me per questo gesto, ma per come mi avete conosciuto. Il dolore non è quello che dici, è quello che taci purtroppo. La vita è un diritto, non un obbligo. Ciò che conta è vivere con dignità, con decoro e senza paura. Il mio futuro non sarebbe vita, ma sopravvivenza fatta anche di solitudine e di dolori fisicamente intollerabili». Questa lettera è rivolta, conclude Davide, è rivolta anche alle istituzioni italiane affinché non venga preso nessun provvedimento giudiziario nei confronti di chi lo ha accompagnato, «o meglio dato un passaggio»; se c’è qualcuno da giudicare, sottolinea nel post, «quelli sono i politici e il fatto che trovino difficile legiferare sulla morte volontaria assistita. Non piangete perché vi ho lasciati, sorridete poiché mi avete conosciuto e vissuto. Sto per affrontare il mio ultimo viaggio. Forse dopo la morte sarai ciò che eri prima della tua nascita! Forse solo assenza di esistenza o forse un’altra grande avventura. Per me tutto molto improbabile, ma possibile. Io vado via in totale serenità e sognando».
LA RIFLESSIONE DEL VESCOVO DI TERMOLI: “DAVIDE CI INTERPELLA TUTTI”
Una storia e una testimonianza che “impone” di prendere sul serio l’intera vicenda e ognuno giudicare come può e come vuole in riferimento alla propria di vita e alle proprie convinzioni: questo invita a pensare il vescovo di Termoli, mons. Gianfranco De Luca, che in merito alla scelta di suicidio assistito di Davide Macciocco ha deciso di scrivere una lunga nota resa pubblica all’intera diocesi di Termoli Larino: «La storia di Davide, che in una lunga e intensa lettera ha comunicato a tutti la scelta di porre fine alla sua vita attraverso il suicidio medicalmente assistito in Svizzera, non lascia indifferenti ma, accanto a sinceri sentimenti di vicinanza e di solidarietà alla famiglia, interpella anche il credente che ripone in Dio il senso della vita e della sua fine e che si rende presente con la preghiera di suffragio con la quale la Chiesa accompagna ogni persona che abbandona questo mondo».
Sottolineando la piena vicinanza ad amici e familiari di Davide, il vescovo rilegge l’intero messaggio di addio del ragazzo tetraplegico alla luce della scoperta cristiana di una vita come dono sempre, anche nelle avversità, anche nelle scelte dolorose: «la vita è un dono, e quindi anche un compito, una responsabilità, una vocazione che viene da Lui, e come tale va vissuta. La mia fede riconosce quindi il senso positivo della vita umana come un valore in sé, che la luce della fede conferma e valorizza nella sua dignità». La scelta di Davide, continua mons. De Luca, suscita in noi il problema della cura e dell’accompagnamento di quanti vivono drammi analoghi a quello di Davide, «la cui libertà è fortemente condizionata dalla malattia e dal dolore». Secondo il vescovo, la società secolarizzata che ci circonda non aiuta e non sostiene casi del genere: «molte persone muoiono da sole e desiderano e chiedono la morte come rimedio al peso della vita, possiamo trovare elementi di riflessione sull’importanza di essere vicini a chi muore e a chi soffre». La solitudine dei malati, la necessità di un accompagnamento, sono la radice di un senso cristiano di “cura”: «La società̀ in generale, e la comunità̀ cristiana, in particolare, devono diventare una vera comunità̀ sanante, dove si dia voce a tutta la centralità̀ delle relazioni interpersonali, evidenziata dall’antropologia contemporanea ma non sufficientemente praticata negli attuali processi di cura e assistenza». Il caro fratello Davide, conclude la lettera del vescovo, interpella e provoca tutti, non solo a Termoli: «il nostro territorio, in particolare, mostra gravi carenze e sollecita tutti, livelli istituzionali, associativi e ogni singola realtà attiva in ambiti assistenziali, a prendere seriamente in considerazione la promozione di strutture che sostengano ammalati e familiari, per mostrare concreta condivisione e dare loro speranza e fiducia».