Indagini serrate sulla morte della 72enne Nerina Fontana a Sirmione, in provincia di Brescia. L’anziana, secondo una prima ricostruzione riportata dalle agenzie di stampa, sarebbe stata uccisa a calci e pugni dal figlio 45enne al culmine di una lite. Il presunto movente sarebbe stato individuato nella ferma opposizione della vittima alla partenza dell’uomo, Ruben Andreoli, per l’Ucraina insieme alla compagna, originaria del Paese dell’Est.
Nerina Fontana sarebbe morta in ospedale dopo essere stata ridotta in fin di vita da violente percosse in rapida sequenza, nella notte tra il 15 e il 16 settembre scorsi. Il figlio si sarebbe scagliato contro di lei all’interno della loro casa e l’allarme sarebbe scattato su impulso di alcuni vicini, allertati dalle urla dell’anziana nei terribili istanti dell’aggressione. Fermato poco dopo, Andreoli non avrebbe parlato davanti agli inquirenti e si sarebbe chiuso in un silenzio finora impenetrabile. Secondo le testimonianze riportate dal Messaggero, la famiglia non avrebbe mai dato segni di tensione e nessuno avrebbe mai sentito grida o schiamazzi provenire dall’abitazione teatro del delitto prima della tragedia.
Omicidio Nerina Fontana: la ricostruzione del delitto a Sirmione
Nerina Fontana sarebbe stata aggredita con particolare ferocia nella sua casa di Sirmione e, secondo una prima ricostruzione, al pestaggio avrebbe assistito la compagna del figlio 45enne attualmente indagato, una donna ucraina con cui l’uomo avrebbe meditato di partire osteggiato dall’anziana madre. Sarebbe stata proprio la resistenza di quest’ultima al loro proposito di lasciare l’Italia, stando a quanto finora trapelato, il presunto movente dell’aggressione sfociata in omicidio, accusa ora contestata al figlio della vittima che non avrebbe risposto alle domande di chi indaga.
L’anziana sarebbe stata colpita con una violenta serie di calci e pugni e sarebbe stata trasportata all’ospedale in fin di vita. Il decesso sarebbe avvenuto nella notte, poche ore più tardi, e la posizione del figlio Ruben Andreoli si sarebbe complicata ulteriormente. A suo carico l’accusa di omicidio, mentre le indagini procedono a ritmo serrato per ricalcare l’esatto perimetro dell’accaduto e ricostruirne la dinamica. La vittima sarebbe stata massacrata di botte prima dentro casa e poi sul balcone, ed è a quel punto che alcuni vicini avrebbero capito l’entità del dramma che si stava consumando tra quelle mura e avrebbero allertato i soccorsi. Il 45enne indagato avrebbe fatto scena muta davanti al gip. Secondo quanto riportato dal Giornale di Brescia, il suo legale, l’avvocato Matteo Raffaglio, avrebbe descritto in questi termini le sue condizioni in sede di interrogatorio di garanzia: “È ancora troppo scosso e sotto choc“.