Prima chiede di riaprire il percorso per entrare nell’Unione Europea, poi minaccia addirittura di rompere i rapporti. Sta nella Nato ma mantiene relazioni, non solo commerciali, con la Russia, di fatto fornendo a Mosca una via di uscita dalle sanzioni occidentali. La Turchia, però, al di là delle contraddizioni della sua politica, è un interlocutore con cui bisogna fare i conti, anche, per esempio, per quanto riguarda i flussi migratori. Non per niente la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che rappresenta il Paese europeo che più risente delle dinamiche migratorie, ha incontrato Erdogan in occasione dell’assemblea generale dell’Onu, nel corso della quale il presidente turco ha annunciato di voler moltiplicare gli sforzi per far finire la guerra in Ucraina, trattando anche i temi del rapporto Israele-Palestina e della situazione in Siria. Insomma, un discorso da “grande” del mondo che conferma, come spiega Valeria Talbot, Head of Middle East e North Africa Centre dell’Ispi, il suo ruolo cruciale nella geopolitica mondiale. Il “sultano”, al di là dei rapporti con Cina e Russia, guarda ancora all’Europa non tanto per entrare nella Ue, ma perché ha bisogno di investimenti per risollevare il suo Paese della crisi. Con la Meloni si sarebbe parlato anche di far crescere l’interscambio fra i due Paesi.
Erdogan vuole cercare di mettere pace fra ucraini e russi, ma allo stesso tempo continua la sua politica apparentemente contraddittoria: è nella Nato ma tiene rapporti con i suoi nemici, vuole entrare nella Ue ma poi ne prende le distanze. Al di là di questa politica altalenante resta un interlocutore necessario per l’Occidente?
La Turchia di Erdogan, soprattutto negli ultimi anni e in particolare dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, ha seguito sempre più una politica estera multidimensionale, con una diversificazione delle partnership. Fa parte dell’Alleanza atlantica ma ha stretto relazioni con tanti altri Paesi, relazioni che hanno una dimensione economica, ed energetica nel caso della Russia, molto accentuata. Il rapporto con Mosca è anche controverso, non sempre idilliaco, si trovano su parti opposte in Siria, in Libia.
In Ucraina i turchi dicono di voler aumentare gli sforzi per contribuire alla fine della guerra. È per ritagliarsi un ruolo da grande potenza o perché anche per loro è meglio far tacere le armi?
Nel caso della guerra in Ucraina la Turchia ha fatto leva tanto sulle buone relazioni con i russi quanto su quelle con Kiev per cercare di mediare. D’altra parte ha tutto l’interesse a far finire la guerra anche per le conseguenze che l’espansione della Russia in Ucraina avrebbe sulla sicurezza del Mar Nero, in cui Ankara è un attore importante. Che ci piaccia o meno, comunque, la Turchia è un Paese che dialoga con diversi interlocutori internazionali. In questo anno e mezzo di guerra il fatto di avere rapporti con la Russia è stato funzionale anche per i partner occidentali della Turchia.
Pochi mesi or sono Erdogan aveva chiesto di riprendere la procedura per entrare in Europa, nei giorni scorsi, invece, ha dichiarato di pensare ad un allontanamento della Ue. Dove sta la verità?
Questa relazione altalenante è caratteristica degli ultimi anni. I negoziati di adesione, aperti dal 2005, sono bloccati da anni e oggi una ripresa non è realistica: mancano le condizioni in Turchia e la volontà da parte europea di riprendere il discorso dell’allargamento dell’Unione. Lo sguardo nuovamente rivolto verso l’Europa è correlato alle difficoltà di Ankara. L’importante in questo momento per i turchi è sanare la loro crisi economica e la Ue, da questo punto di vista, è importante, perché è il primo partner commerciale della Turchia. Per oltre vent’anni i Paesi europei sono stati la fonte principale degli investimenti nel Paese. Quindi Erdogan vuole ricucire i rapporti con l’Europa per un discorso economico, per attirare nuovamente gli investitori.
Perché allora il presidente turco recentemente è sembrato voltare la faccia alla Ue?
Fa parte un po’ della retorica ufficiale di Erdogan, alza la voce per far vedere che la Turchia ha una propria linea, una propria autonomia e indipendenza. E che può giocare su più piani.
Un tema su cui Erdogan va preso in considerazione come interlocutore è sicuramente quello dei flussi migratori. Il presidente turco ne ha parlato con Giorgia Meloni nelle ore dell’assemblea Onu. Che ruolo può giocare in questo dossier?
La Turchia gioca già da qualche anno un ruolo importante nella gestione dei flussi dal corridoio orientale. Nel 2016 ci fu un accordo negoziato dall’Ue che si impegnava a versare due pacchetti finanziari per complessivi 6 miliardi di euro perché la Turchia gestisse il flusso dei rifugiati siriani, si trattava di 3 milioni e 700mila persone. Come detto, ha un ruolo per quanto riguarda il corridoio orientale. Per ragioni geografiche non lo ha, invece, per il corridoio centrale attraverso il quale i migranti arrivano in Italia.
La presenza della Turchia in Libia, quindi, non è fondamentale da questo punto di vista?
Per quanto riguarda i flussi migratori no. In questo momento non è la Turchia l’interlocutore con cui parlare.
I cinesi dovrebbero costruire una centrale nucleare in Turchia, mentre i russi ne devono completare un’altra nello stesso Paese. Anche per quanto riguarda la politica energetica, strategica per immaginare uno sviluppo economico, Erdogan cerca altrove le soluzioni rispetto all’Occidente?
La Russia ha avuto un ruolo nel completare la prima centrale nucleare ma è un processo cominciato nel 2010, quando i rapporti di Mosca con l’Occidente erano ben diversi. Si parla della possibilità che la Russia possa occuparsi della costruzione di una seconda centrale nucleare. Per quanto riguarda la Cina bisogna vedere se si tratta solo di una manifestazione di interesse o se c’è già un progetto.
Oltre all’Ucraina si paventa una guerra anche nel Nagorno Karabakh: la Turchia qui da che parte sta?
La Turchia è tradizionalmente partner dell’Azerbaijan, ha legami economici ed energetici con Baku, uno dei suoi principali fornitori di idrocarburi. Il ruolo della Turchia, come si evince anche dalle dichiarazioni di Erdogan all’Onu, è in linea con l’Azerbaijan. È anche vero che qualche anno fa, in occasione della precedente escalation di tensione nell’area, aveva cercato con la Russia una soluzione di compromesso.
Potrebbe ripetere questo tentativo?
Resta da vedere quale sarà l’evoluzione della situazione.
In conclusione le contraddizioni della politica turca esploderanno o Erdogan continuerà a mantenere ampio il raggio delle sue relazioni?
La sua politica estera è complessa: continuerà a portare avanti questo bilanciamento, anche se non possiamo negare che sia un esercizio difficile.
(Paolo Rossetti)
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