Moltissimi arrivati, in pratica quasi tutti, non hanno in realtà alcun diritto alla protezione umanitaria. Per questo dev’essere l’Italia a fermarli, secondo quanto prevedono le regole sul Paese di primo approdo. E chi non ha diritto d’asilo, non entra. È questa la posizione francese, che vista da Oltralpe è più aperta ad una collaborazione con Roma di quanto potrebbe apparire a prima vista, spiega al Sussidiario Francesco De Remigis, già inviato a Parigi, esperto di questioni francesi per Il Giornale.
Poi, naturalmente, scattano i cortocircuiti ideologici della politica: i centristi francesi al governo, proprio come i socialisti tedeschi, per evitare l’ascesa delle destre (AfD e Rassemblement national) devono fare politiche di destra. “Quindi chiudono i confini, ma aprono sul piano politico a una collaborazione con la destra italiana che è al governo a Roma”.
Dunque massima severità ai rispettivi confini, ma collaborazione a Bruxelles è la strada che giocoforza si tratterà di percorrere, sia pure tra mille difficoltà ed emergenze, da qui alle europee. Questo almeno per quando riguarda Parigi.
A tutto questo, come sempre, si sommano le tattiche di politica interna.
“Pensiamo a un centro per migranti a Ventimiglia”, dice il ministro Piantedosi, spiegando che l’Italia sta collaborando con la Francia per il controllo di quella frontiera. Una provocazione?
Al contrario: significa dare un segnale a Parigi, con cui si è capito che l’unica sponda di aiuto concreto può essere sul piano europeo, per una missione comune nel Mediterraneo. Un messaggio, quello dei nuovi Cpr, utile all’Italia per dare l’idea di un Paese che farà il massimo per non far fuggire migliaia di migranti verso il resto d’Europa.
Ma un Cpr al confine serve a contenere il fenomeno?
Serve ad ospitare quelli che vengono rimandati indietro dalla Francia, tenendoli, per così dire, a bada e non a spasso. Sono oltre 1.600 i respinti su territorio italiano nell’ultima settimana. Gli arrivi continuano. E preoccupano Parigi.
Qual è la logica della Francia? Non dovrebbe essere il governo francese ad aiutarci?
Non nell’accoglienza, dal loro punto di vista. Stando ai regolamenti attuali l’onere ricade sul primo approdo, quindi sull’Italia. Secondo Piantedosi Parigi avrebbe deciso di “sposare” la linea italiana, e puntare in Europa a ottenere un’azione comune di contrasto dei flussi illegali che parta dal blocco delle partenze, piuttosto che tornare alle tradizionali politiche di redistribuzione sul territorio europeo, che funzionano a singhiozzo e comunque in misura insufficiente.
Quindi?
Di conseguenza si lavora sulla credibilità, sugli sforzi, che paradossalmente è l’Italia a dover fare per non perdere il controllo dei migranti sbarcati.
I droni e le forze antiterrorismo sono un messaggio più rivolto all’Italia o all’opinione pubblica francese?
La crisi di Lampedusa si sta già, seppur in misura minore, spostando a Mentone. Oltre il 65% dei francesi è contro l’accoglienza dei migranti da Lampedusa. Ed è chiaro che la situazione andrà avanti, forse anche aggravandosi, fino alle elezioni europee della prossima estate. La Francia sceglie quindi di trattarla al pari di una minaccia, anche politica per Macron, e soprattutto per il ministro dell’Interno Darmanin che vuole correre per l’Eliseo nel 2027, schierando 200 poliziotti e gendarmi insieme a 120 militari dell’operazione Sentinelle per intercettare quelli che per loro sono “stranieri irregolari” che varcano il confine. Il messaggio è per larga rivolto all’interno del Paese, perché tanto non c’è verso di cambiare in poche settimane il regolamento di Dublino, che può avere un senso se i flussi sono limitati, altrimenti è una condanna per l’Italia.
Darmanin fa deterrenza, ma i migranti puntano a oltrepassare le Alpi. Sta funzionando la sorveglianza?
Parigi sta dando un segnale chiaro: scoraggiarli a entrare, moltiplicando forze e mezzi in campo, con anche un elicottero in volo. Alcuni, da Lampedusa, sono già riusciti a passare nascondendosi nei treni o ricorrendo ai sentieri nei boschi. C’è “un’onda sommersa colossale”, secondo il presidente delle Alpi Marittime Charles Ange Ginésy.
Le autorità locali hanno qualche timore particolare?
Stanno facendo di tutto per non pronunciare le parole “campo migranti” a Mentone, un qualcosa che ricorda l’incubo della “Giungla di Calais”. Sono però già stati costretti a cercare un terreno che, dicono, servirà solo a tenere i migranti “qualche ora in buone condizioni e poi saranno ricondotti alle autorità italiane”.
Darmanin imparammo a conoscerlo con il caso della Ocean Viking. Ci hai già raccontato che fu uno shock.
Lo confermo. Su Darmanin e la maggioranza presidenziale aleggia proprio il fantasma della Ocean Viking, l’unica nave Ong mai attraccata su coste francesi con soli 230 migranti a bordo. Fece loro capire in cosa consisteva l’accoglienza, la cura, l’identificazione e le procedure. Corsero a fatica ai ripari dopo le prime fughe da Tolone. Ora si vuol evitare stazionamenti e dispersioni di massa.
Ma perché la Francia si rifiuta di accogliere?
Perché secondo Darmanin larga parte degli arrivati non ha diritto ad alcun tipo di protezione umanitaria. E – dice – non si può trasmettere alle persone il messaggio che, qualunque cosa accada, sono benvenute nei nostri Paesi, quindi vanno accolti solo se previsto dalle regole del diritto d’asilo, cioè se perseguitati.
E dunque, se si tratta solo di immigrazione irregolare, la Francia non può accoglierli.
Precisamente. Per questo Parigi sostiene che “sarebbe un errore di giudizio dire che devono essere ripartiti subito in tutta Europa”.
Però Parigi è sembrata politicamente incerta. Prima la chiusura in tandem con Berlino, poi l’esortazione di Macron a non lasciar sola l’Italia, la stretta d mano Darmanin-Piantedosi e infine la chiusura militare di Ventimiglia.
Si va a intermittenza. Ma la quadra mi pare sia condivisa. Piaccia o meno, l’Italia nell’arco di una settimana ha messo in secondo piano la redistribuzione, perché non risolve il problema, e si cerca di lavorare almeno con Parigi, che un suo peso in Europa ce l’ha, per non far partire i migranti dall’Africa e dipendere dagli scafisti.
La chiamata a non esser lasciati soli che il presidente francese ha rivolto ai partner Ue non ha attecchito ancora a Berlino. Il portavoce del ministero dell’Interno tedesco ha precisato che sarà accolto solo chi ha completato la procedura di identificazione.
Berlino gioca a rimpiattino, chiarendo che i colloqui sull’accoglienza potrebbero riprendere in qualsiasi momento. L’Italia deve intanto sottoporre da sola ogni migrante a verifiche, accoglienza e cure; occuparsi della costosa prassi burocratica che richiede spazi, interpreti e mezzi per chi vuol far domanda d’asilo o appellarsi ad altre forme di protezione. Se non ce la fa, i partner Ue possono rispedire gli irregolari nel Paese d’approdo. E se non li accettiamo, come è avvenuto, niente solidarietà per i richiedenti asilo. All’atto pratico ecco quindi le incoerenze, ma dobbiamo conviverci.
Sembriamo disarmati.
Sì, perché non c’è alcun obbligo di accoglienza, a oggi, se non quello dello Stato di primo approdo. Se non si collabora sulla promozione di una nuova strategia comune la crisi aumenterà e verrà sempre di più usata dai governi e dalle opposizioni in vista delle europee.
Se socialisti tedeschi e centristi francesi rischiano l’ascesa delle destre, perché chiudono i confini con una ricetta che è sostanzialmente quella delle destre, del “nessuno entri da Lampedusa”?
Per evitare di dare argomenti di propaganda alle rispettive estreme destre, dell’AfD e del Rassemblement national, che lanciano appelli a Macron e Scholz a non prendere neanche un migrante dall’Italia. Quindi chiudono i confini, ma aprono sul piano politico a una collaborazione con la destra italiana che è al governo a Roma. Macron dice a chiare lettere che “tutta l’Ue deve essere insieme accanto all’Italia”, ma non risparmia stoccate su approcci nazionalisti che a suo dire hanno i loro limiti. Lampedusa è “suolo europeo”, ha spiegato il presidente francese.
Allora si spiega così anche l’apparente schizofrenia di Darmanin.
È evidente. Darmanin è astuto, spregiudicato e non così amato dai francesi. Nella costruzione della sua candidatura all’Eliseo parte svantaggiato, ma ci punta, dunque non può fare altro, dal suo punto di vista. Visto che Le Pen cresce nei sondaggi, deve dare l’impressione di non inseguirla ma di essere fermo su alcuni punti forti del lepenismo.
A che punto siamo con la legge francese sull’immigrazione?
I macroniani stanno facendo di tutto per trovare una maggioranza. Si studiano mediazioni possibili per avere i voti dei neogollisti. Sono più divisi loro, sulle misure, che non il Governo, che ha rinviato più volte la presentazione del testo.
Per quale motivo?
Proprio per favorire i negoziati tra Darmanin e i deputati Républicains, essenziali per ottenere la maggioranza nell’Assemblea nazionale. Ma l’esecutivo non è ancora riuscito a sbloccare lo stallo. Dicono novembre, dopo le elezioni senatoriali che sono dietro l’angolo.
Ci sono forze politiche che sull’immigrazione hanno posizioni assimilabili a quelle del Pd e di parte del mondo cattolico italiano?
Macron vedrà il Papa questo fine settimana, sarà un incontro davvero politico. Si è già attirato critiche da chi vi vede un tradimento della laicità francese. Per un presidente che già dal 2018 diceva in tv che la Francia “non può accogliere tutta la miseria del mondo”, frase attribuita al socialista Rocard, sarà anche l’occasione per riassumere la sua politica migratoria ossia difesa della legge sull’asilo, con maglie più strette, e ampia possibilità di espellere più rapidamente le persone cui viene negato l’asilo. L’unico che davvero ha detto una parola diversa dagli altri, visto che pure i socialisti restano chiusuristi, è Mélenchon, il tribuno dell’estrema gauche.
Ovvero?
Promette un’ondata di regolarizzazioni di massa dei migranti se salirà al potere.
E il fronte religioso?
L’arcivescovo di Rennes, Pierre d’Ornellas, in occasione della 109esima Giornata mondiale del rifugiato ha fatto distribuire nelle parrocchie una lettera dove si legge: “Ogni volta che una parrocchia accoglie una persona o una famiglia migrante, si crea un nuovo dinamismo: la comunità si unisce attorno a questo ‘straniero’ che è il volto di Cristo”. La politica ha un linguaggio diverso e degli obiettivi più cinici. La Chiesa francese lavora e parla sapendo che, pur nella laicità, qualcuno ascolta.
Come viene visto il modello-Meloni al Governo?
Come una risposta solida anzitutto sul tema periferie. Le tappe a Caivano hanno fatto breccia anche sulla stampa progressista. Ma anche in questo caso Meloni è stata usata più per “svegliare” Macron, e in generale la classe politica francese al governo o passata dal governo, e far dire una parola chiara sulla questione banlieues e su uno Stato che in alcune zone non riesce neppure più a entrare perché le forze dell’ordine si rifiutano, visti i pochi mezzi e la mancanza di un piano.
Quanto sarà dirimente il tema migratori in vista delle europee?
È centrale. Anzitutto a destra, dove Marine Le Pen affronta anche la concorrenza della nipote Marion Maréchal, vicepresidente del partito Réconquête! e capolista alle europee. Macron deve invece chiarire che intenzioni ha sulla creazione di permessi di soggiorno per gli immigrati privi di documenti che lavorano nelle cosiddette professioni carenti (edilizia, albergo e ristorazione, assistenza personale, ecc.). “In altre parole: duri con i cattivi e gentili con i buoni”, ha riassunto Darmanin.
(Federico Ferraù)
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