Più che una tregua è una resa. Le armi tacciono nel Nagorno Karabakh, ma solo perché le forze di difesa dell’autoproclamata Repubblica indipendente hanno accettato di deporle dopo l’attacco azero dei giorni scorsi. Sono in corso dei colloqui tra le parti per definire la situazione ma questo pare, fino ad ora, l’esito finale di una vicenda che negli ultimi mesi ha visto bloccare, da parte dell’Azerbaijan, tutti i rifornimenti che passavano dal corridoio di Lachin (collegamento terrestre tra Nagorno Karabakh e Repubblica di Armenia) per gli armeni che abitano la regione.
Ora però il pericolo è un altro: quello di un genocidio, della pulizia etnica della popolazione locale. Con la Turchia che appoggia incondizionatamente Baku, tanto che il presidente azero Aliyev è arrivato a definire pubblicamente Erdogan un fratello, e la Russia che non interviene, per ora nessun sembra volersi fare garante della sorte dei cristiani armeni dell’Artsakh (altro nome del Nagorno Karabakh).
Una crisi, spiega Giuseppe Morabito, generale con al suo attivo diverse missioni all’estero, fondatore dell’Igsda e del Collegio dei Direttori della Nato Defense College Foundation, che può avere ripercussioni anche in Armenia. Gli Usa hanno allacciato rapporti, anche militari, con Yerevan, e potrebbero cercare di aumentare la loro influenza nel Paese, ancora oggi molto legato a Mosca. Proprio nella capitale armena, però, ci sono state proteste popolari contro il primo ministro Nikol Pashinyan e le sue scelte durante questa crisi.
Qual è il senso del cessate il fuoco in Nagorno Karabakh?
Il disarmo completo delle forze di difesa del Nagorno Karabakh è una resa agli azeri. Ora bisognerà vedere come saranno definiti gli accordi del cessate il fuoco. I separatisti si sono visti costretti a consegnare le armi per evitare un sicuro spargimento di sangue e l’Azerbaijan ormai includerà nel suo territorio questa regione.
Da parte armena si è paventato il pericolo di una vera e propria pulizia etnica e molti residenti stanno già scappando. C’è il pericolo di arresti indiscriminati o addirittura che si proceda a eliminare la popolazione?
Ci sono 120mila cristiani armeni nella zona, mentre gli azeri sono musulmani. Deposte le armi, se non saranno schierate forze di controllo della Ue, dei russi o dell’Onu, si rischierebbe di tornare a un secolo fa, quando i turchi misero in atto il genocidio degli armeni. Il motivo dei Giovani turchi fu allora politico, ma la radice religiosa non è stata mai esclusa. Non mi stupirei che l’autarchia turca, per tramite dei suoi alleati azeri, continui quello che è stato fatto a partire dal 1915, anche perché, visto come si sono comportati con i curdi, non c’è da stupirsi più di niente.
Dunque il rischio di un genocidio non è da escludere.
No, non si più escludere. Ankara ancora nega l’evidenza di quanto avvenuto poco più di un secolo fa. Gli armeni del Nagorno vorranno mantenere la loro lingua e la loro religione, bisognerà vedere cosa prevederanno gli accordi e se permetteranno di poter mantenere una parvenza di vita democratica.
Gli azeri hanno sempre dichiarato che quello del Nagorno Karabakh era un loro problema interno, a maggior ragione ora si comporteranno come i padroni di casa?
Esatto. Tuttavia bisogna vedere anche che cosa farà la Chiesa: nel 2016 il Papa è andato in Armenia per sostenere i cristiani di quell’area, c’è da sperare che la Santa Sede faccia sentire la sua voce a protezione di questa minoranza cristiana.
Ma le trattative riguardano solo i rappresentanti della Repubblica ormai ex indipendente e gli azeri?
Sì, sono annunciate tra i rappresentanti del Nagorno Karabakh e i rappresentanti del governo azero.
Altri interlocutori non ci sono, a cominciare dall’Armenia?
Ovviamente l’Armenia è la prima interessata, perché le persone che abitano nell’enclave sono armene, ma un suo intervento potrebbe creare problemi all’integrità dell’Armenia stessa. L’Azerbaijan, spinto dalla Turchia, rivendica come sue anche parti del territorio armeno. Yerevan deve stare attenta a come si muove, perché rischia un’aggressione al suo territorio e da Erdogan ci si può aspettare di tutto.
L’Armenia storicamente è stata un’alleata della Russia. Mosca cosa sta facendo?
La Russia era il suo principale alleato ma non è che in questi giorni abbia fatto molto. Anzi. Nel Nagorno Karabakh c’erano soldati russi come peacekeeper, ma quando gli azeri hanno chiuso arbitrariamente il corridoio di Lachin e ridotto 120mila persone in carestia hanno fatto ben poco per essere di aiuto.
Ma non c’è nessun attore a livello internazionale che si è mosso per l’Artsakh?
Per agire bisogna avere potere coercitivo. L’unica che poteva averlo nell’area è la Russia ma in questo momento è “impegnata” in altre aree.
Dalle trattative in corso, quindi, non c’è da aspettarsi molto?
Mi auguro che sia salvaguardata la popolazione civile armena, che non è musulmana. Bisogna essere fiduciosi che un accordo firmato e concordato sia rispettato, ma l’Azerbaijan non ha rispettato, impunemente, neanche l’accordo del 2020. Vedremo cosa farà questa volta.
Non c’è nessuno che possa fare da garante per gli armeni del Nagorno Karabakh?
C’era la Russia, si spera che ci sia l’Onu, l’Unione Europea. Ma per farsi garante bisogna “spendere” delle forze sul territorio con la concordanza azera e controllare. Ripeto, occorre avere la capacità coercitiva e la volontà di farlo. Al momento non si fa avanti nessuno, vedremo nell’immediato futuro.
Non crede che l’Azerbaijan sia diventato un Paese cruciale per gli interessi di molti e che nessuno voglia scontentarlo?
È così. C’è un’intesa tra Ue e Azerbaijan per cui gli azeri raddoppieranno la capacità del corridoio meridionale del gas per trasferire 20 miliardi di metri cubi ogni anno all’Ue entro il 2027 per ovviare al distacco dal gas russo. Il problema principale in questo momento è questo: non contrariare Baku.
Gli americani hanno organizzato esercitazioni militari con l’Armenia, possono dire la loro in questo scenario e allargare la loro influenza in quest’area?
Possono avere un ruolo di garanzia se intenderanno averlo. Se lo facessero, potrebbero sottrarre un altro Paese all’influenza russa: l’Armenia rimane ancora una nazione del Csto, l’alleanza difensiva tra Paesi ex sovietici dell’area. Sotto l’amministrazione Biden gli Usa hanno riconosciuto ufficialmente il genocidio degli armeni da parte dei turchi: un avvicinamento all’Armenia, insomma, c’è stato.
In questi giorni a Yerevan ci sono state proteste contro il primo ministro armeno Pashinyan: la crisi del Nagorno Karabakh potrebbe portare anche a una destabilizzazione dell’Armenia?
Secondo alcuni analisti, i russi non vedono di buon occhio questo premier. In questo quadro i servizi segreti di Putin potrebbero sostenere delle proteste di piazza per portare a un cambio di governo, in modo da avere un referente più vicino a Mosca e riallontanare gli Usa dall’Armenia. Non mi stupirei.
Alla fine, però, nessuno si preoccupa veramente delle sorti del Nagorno Karabakh?
È auspicabile, al di là della commercializzazione del gas, che l’Europa e l’Onu (la Nato non credo perché Ankara creerebbe problemi) mettano dei paletti chiari per evitare che si ripeta il genocidio. È già successo un secolo fa: quello che è successo può riaccadere. Nessuno potrà mai dire: “Non me lo aspettavo”.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.