Sono passati quindici anni dal 16 settembre 2008, la data del più grande fallimento bancario della storia, quel fallimento che nell’interpretazione di diversi commentatori ha segnato un punto di non ritorno, poiché da allora si è capito (ma non ci voleva molto) che vi solo alcune banche che sono troppo grosse per essere lasciate fallire. Too big to fail, secondo un motto divenuto celebre, tanto da farci un film. Il loro fallimento, infatti, farebbe sparire l’intero sistema bancario, del quale nessuno più potrebbe fidarsi.
Ma davvero è stato un punto di svolta? Cos’è davvero cambiato. Io dico nulla. Semplicemente perché l’architettura del sistema finanziario, così come concepita, è fatta proprio per favorire sopra ogni cosa la speculazione finanziaria, non la solidità del sistema. Il quale, infatti, torna sempre ciclicamente in crisi, come se la crisi fosse un aspetto strutturale del sistema finanziario. Ma lo è, l’ho già spiegato. In un sistema sovrastato dai debiti, un sistema nel quale tutta la moneta nasce come debito e si moltiplica moltiplicando il debito, l’economia per crescere si “procura” moneta “libera dal debito” proprio tramite i fallimenti provocati dalle crisi.
Infatti, il fallimento è l’atto giuridico-economico col quale la moneta non torna a chi l’ha prestata, cioè a chi, nel caso del sistema bancario, l’ha creata dal nulla. Provo a spiegare meglio con un esempio: se io prendo in prestito un milione di euro per avviare una nuova impresa e poi spendo quel milione di euro, ma non riesco ad avere indietro un solo euro, devo dichiarare fallimento e quel milione, ormai in circolazione, è privo di debito cioè non tornerà più a me e poi da me a chi me lo ha prestato. Quel milione potrà continuare a circolare, sostenendo la crescita del Pil. Quindi, nel folle sistema finanziario oggi operativo, i fallimenti sono la benzina per la crescita del Pil e questo accade perché, paradossalmente non c’è mai abbastanza denaro per tutte le attività commerciali, poiché enormemente più grande è il denaro necessario a pagare gli interessi degli enormi debiti pregressi.
Gli unici che, temporaneamente, guadagnano da questa situazione, sono gli operatori dei mercati speculativi e coloro che, anche attraverso questi mercati, prestano denaro, soprattutto agli Stati. Questi cercano di recuperarlo dalle tasse, cioè dall’economia; ma quest’ultima, oltre un certo limite (di tassazione) non ne avrà mai abbastanza. In realtà, il mondo economico (come quello bancario) è diviso in due: i giganti di ogni settore e poi tutti gli altri. I giganti troveranno sempre credito in abbondanza, mentre gli altri si devono arrangiare.
Cos’è cambiato allora dal fallimento della Lehman & Brothers? Solo il fatto che la follia di questo sistema, che rende privati i profitti ma socializza le perdite, è divenuta palese, nel momento in cui è stato reso evidente che le regole sono fatte per far rispettare dei principi sbagliati, ma le stesse regole non si applicano a tutti.
Per approfondire i dettagli di quanto successe, Too big to fail è un ottimo film che ripercorre nei dettagli quanto successe, tanto da poter essere quasi considerato un documentario. Ma nei fatti successe una cosa molto semplice: Lehman fu lasciata fallire, invece si procedette al salvataggio di Bear & Sterns e di altri istituti in difficoltà. In altre parole, se uno Stato è in crisi o se c’è disoccupazione, che si arrangino; se invece è in difficoltà un istituto bancario o finanziario troppo grosso, allora i soldi si trovano sempre (anche perché li creano dal nulla).
Lo stesso accade oggi, in modo ancora più profondo e pervasivo, tanto da interessare direttamente gli Stati. Un esempio italiano: dopo una pandemia devastante dal punto di vista economico (causa lockdown) e l’impatto terribile delle sanzioni, lo Stato si trova con un debito enorme e con un Pil in grande difficoltà; ma lo spread non sale troppo e pure qui i soldi si trovano sempre. Come mai? Ma perché ci siamo allineati come bravi scolaretti e mandiamo armi in Ucraina. Che si taglino pure le pensioni, la sanità, la pubblica istruzione, gli investimenti: invece per mandare armi in Ucraina i soldi si trovano sempre.
Può durare a lungo questo sistema folle? No, affatto, anche se può durare fin troppo, abbastanza per mandarci in rovina. Ho parlato del caso italiano, ma pure l’economia tedesca è in gravi difficoltà (recessione tecnica) e gli altri in Europa non se la passano per niente bene. Sopratutto ora, a differenza del 2008, le armi delle banche centrali sono spuntate. Infatti, allora si sono potute permettere enormi iniezioni di liquidità, ma oggi al contrario stanno restringendo la liquidità per combattere con le armi monetarie un’inflazione che non dipende dalla liquidità e quindi durerà ancora a lungo. Proprio la Fed ha lasciato intendere che i tassi di interesse rimarranno alti ancora a lungo. Lo stesso sta facendo capire la Bce, dopo che ha innalzato i tassi a una velocità mai vista, per tentare di placare l’inflazione.
Il problema è che con tassi così alti e con una inflazione ancora tanto robusta l’economia finisce strangolata e questo metterà in forte difficoltà gli Stati, sia da un punto di vista finanziario che politico.
Il rischio reale è che un evento minore ma non controllabile (come i mutui subprime del 2008) possa innescare una serie di crisi a catena che possono destabilizzare completamente il sistema economico e finanziario europeo. La catastrofe è dietro l’angolo, ma (quasi) nessuno ve lo dice.
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