Dal 21 al 25 settembre 2023 si è tenuto un referendum rivolto ai professionisti psicologi per revisionare il codice deontologico. La partecipazione degli aventi diritto è stata piuttosto ridotta, avendo registrato uno scarno 14, 45% di voti. Il quorum non sarebbe quindi stato raggiunto, eppure le modifiche sono state approvate. Il referendum era stato indetto per rivedere l’insieme delle regole comportamentali della professione, e dovevano essere o accolte o bocciate in blocco. Dall’esito, come apprendiamo da La Verità, si desume un cambiamento in termini di tutela dell’autodeterminazione del singolo e del consenso informato di genitori e tutori nei confronti dei minori. Viene però inserito un maggiore occhio di riguardo per gli animali. Questa riforma ha inevitabilmente sortito critiche.
Le maggiori preoccupazioni vertono proprio sul consenso informato del minore. Il Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (Cnop) esulta a fronte di quello che ritiene essere un ammodernamento del codice deontologico, fondato su una visione ancora troppo paternalistica e patriarcale, espressione ancora del periodo in cui si è avuto la sua stesura (ben 25 anni fa). Sull’altro fronte invece emergono dissentimenti, vedendo nella revisione una riduzione della tutela dei più deboli e la sparizione anche della tutela di altri soggetti, come l’embrione.
COME TUTELARE IL MINORE COL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO
Il nuovo articolo 31 pone al centro del processo decisionale, in merito ad una proposta di trattamento sanitario di tipo psicologico, la persona minorenne e la sua volontà in base alla sua età e, quindi, al suo grado di maturità. Quindi la persona minorenne (o incapace) dovrà essere ascoltata prima di essere coinvolta in un trattamento sanitario e la sua volontà dovrà essere tenuta in considerazione. Prima di tale modifica i genitori potevano imporre un trattamento sanitario al proprio figlio senza che questi venisse preventivamente ascoltato dallo psicologo. Così come, sempre secondo la precedente versione dell’articolo 31, in caso di assenza di consenso informato (di uno o entrambi i genitori) lo psicologo poteva avviare e/o continuare la prestazione sanitaria. Inoltre si ha anche un comma che afferma oggi che “nei casi di assenza in tutto o in parte del consenso informato, ove la psicologa e lo psicologo ritengano invece che il trattamento sanitario sia necessario, la decisione è rimessa all’autorità giudiziaria”. Dove va quindi a finire la discrezionalità dei tutori o dei genitori?
Quanto all’articolo 24 del codice ora prevede che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge“. Questo disposto preoccupa nella parte in cui viene prevista una sorta di imposizione per legge, che nel caso di un trattamento psicologico non dovrebbe avvenire, escludendo il consenso libero e informato del paziente.
MAGGIORE RILEVANZA ALLA SCIENZA E TUTELA ANIMALI
Sul Manifesto Simona D’Aquilio, avvocato familiarista, ha definito il nuovo codice deontologico “un pacchetto predisposto per entrare in maniera invasiva nella vita delle famiglie, una tendenza al controllo che non coincide con la prevenzione alla violenza“. Ciò che emerge è anche un generico riferimento alle ‘persone’ che va ad escludere la tutela dell’embrione, e il principio etico stabilisce inoltre che gli psicologi “rispettano e promuovono i diritti fondamentali della dignità e del valore di tutte le persone e degli animali“. Sparisce dunque il rispetto dell’autodeterminazione del cittadino/paziente, e subentra quello per gli animali.
Viene poi attribuita importanza alla scienza senza che se ne capiscano i chiari confini. Si legge infatti che “le psicologhe e gli psicologi fondano le loro ricerche e la loro pratica professionale su conoscenze scientifiche specifiche, discusse e condivise dalla comunità scientifica internazionale e nazionale”. Si obietta al riguardo che “risulta lacunosa e fuorviante l’assenza di chiarezza sul concetto di comunità scientifica nazionale ed internazionale“. La preoccupazione era e rimane per il riconoscimento solo di enti e società scientifiche ufficialmente riconosciuti dallo Stato o dalle organizzazioni intergovernative. Il timore è che quindi possa essere adottato un ‘modus operandi’ impositivo come avvenuto in corso di pandemia dando spazio solo a ciò che la scienza ritiene giusto.