Lo ammetto. La diatriba sullo spot Esselunga< mi sta davvero appassionando. Adoro le cortine fumogene ben riuscite, quelle dense. Quelle che saltano fuori come conigli dal cilindro, quasi fosse un destino benevolo a mandartele. Mi scuserete, però, se parlo d’altro. Mercoledì mattina, il Tesoro ha collocato Bot semestrali per 6,5 miliardi. Scadenza 28/03/2024. Rendimento al 3,997%, Tradotto, aggiornati i massimi del novembre 2011. Novembre 2011, ring any bells? I déjà vu con l’annus horribilis cominciano a essere un po’ troppi. E troppo frequenti. Quantomeno per i miei gusti.
E al netto di un rendimento simile, una domanda che si è attestata a 8,837 miliardi di euro – ratio 1,36 – fa paradossalmente riflettere ancora più dello yield. Perché per quanto tutti la definiscano buona nei contesti pubblici, in privato cominciano a sudare freddo. Perché è un Bot semestrale. Che paga 17 centesimi più dell’asta precedente. Solo di un mese fa. It’s escalating quickly.
Tradotto, la palla di neve sta diventando valanga a velocità pazzesca. E in un contesto simile, ancorché il pensiero della bimba con la sua pesca mi spezzi il cuore, questo grafico assume i classici contorni da chiodo finale nella bara.
Nessuno lo sa. Nessuno se ne è accorto. Ma le fughe di depositi dalle banche dell’Eurozona oggi hanno superato quelle degli Usa. Dove, giova ricordarlo, ogni settimana le piccole banche mungono un centinaio di miliardi dalla facility della Fed. Quella emergenziale, destinata a un sostegno di poche settimane. Era metà marzo. Siamo ormai a ottobre. Ricordate il crollo di Silicon Valley Bank? Cominciò tutto così. L’Europa però non ha avuto il suo Lehman moment, tale da giustificare un livello di outflows simili dai suoi istituti. Certo, ci è andata vicina con il caso Credit Suisse-Ubs, pur trattandosi di istituti non dell’Eurozona. E non dipendenti dalla Bce. Ma il pericolo è stato scampato. Sarà per questo che, poco fa, il Department of Justice americano ha reso noto di aver aperto un’inchiesta ad hoc proprio sui due istituti svizzeri, rei di presunte circumnavigazioni delle sanzioni finanziarie contro la Russia?
Un brutto colpo, se qualcosa fosse provato. Soprattutto per Ubs, la quale puntava proprio al mercato statunitense, dopo l’acquisizione del secolo. Deutsche Bank docet. Le Big 4 non vogliono altri scocciatori attorno. Almeno per ora. Siamo in guerra, meglio prenderne atto. Il mercato è un campo di battaglia. Ma senza trincee. Solo imboscate, trappole, casematte e pozzi avvelenati. Quell’asta di Bot deve far paura, inutile fingere. E non per il richiamo diretto al livello di premio di rischio che l’Italia pagò l’ultima volta nell’infausto novembre 2011. Bensì perché la gente pensa alla “pesca” di Esselunga. Ignorando cosa accade tutto intorno.
Certo, attendersi dalla stampa un richiamo al realismo appare eccessivo. Occorre tutelare la pubblicità. I rapporti col Tesoro. E le banche e le assicurazioni che siedono nei Cda delle società editrici. Il sottoscritto, invece, è povero in canna. Ma è sempre stato ostinatamente libero. Pagandone il prezzo. Perché in punta di buonafede, si possono anche spedire lettere indignate. E persino fare a pugni con la Storia, rinfacciando alla Germania invasioni militari di 80 anni fa. Salvo scordarsi di esserne stati alleati. Ma la verità, alla fine, salta fuori. L’ho scritto giorni fa: la situazione è tale da necessitare uno sforamento di bilancio da concordare con l’Ue. E a meno di piccate smentite dell’esecutivo all’indiscrezione in tal senso de La Repubblica, la trattativa sarebbe già in corso. Do ut des. Deficit in cambio di ratifica del Mes, un brutto colpo politico da gestire in vista delle Europee. Sintomatico appunto, della gravità della situazione.
D’altronde, la campanella è suonata. Per chi ha voluto sentirla. La Nadef è sul tavolo, ora i conti occorre farli con le risorse disponibili. E non con le previsioni. O le speranze. Nulla di eclatante, nei fatti. L’Italia è l’ultimo Paese a dover dare via libera al nuovo Fondo salva-Stati, quel processo era rinviabile. Ma non evitabile. E lo spread ce lo dimostra. Quindi, se il rendimento del decennale benchmark arretrerà dal pericoloso 4,80% segnato ieri mattina in apertura di contrattazioni, evitiamo applausi per le miracolose ricette economiche o i tagli agli sprechi. Semplicemente, chi di dovere sa che il rischio di roll-off sul reinvestimento dei titoli pandemici è rinviato. Per ora, solo minaccia. Ma efficace. Il segnale in codice di Madis Muller di cui ho parlato l’altro giorno ha sortito l’effetto sperato.
Ma proprio la questione dei titoli di Stato potrebbe presentare un effetto collaterale. Anzi, un colpo di coda. Apparentemente, il 2 novembre i titolari di polizze Eurovita potranno riscattarle. Gates che scendono, perché sarebbe ormai alle viste la firma per la nascita di Cronos, la newco composta da Intesa Vita, Generali, Unipol, Poste Vita e Allianz. La quale diverrà soggetto garante verso i suoi nuovi sottoscrittori. Attenzione, però. Perché non è l’unica notizia al riguardo. Un’altra ci parla di perdite per qualcosa come 1,5 miliardi di euro al 31 dicembre scorso per Eurovita. Un bagno di sangue. E, soprattutto, all’orizzonte pare adombrarsi qualche rognetta sui criteri di contabilizzazione dei titoli di Stato che verranno trasferiti al nuovo soggetto. Ovvero, valore di mercato attuale? Se sì, il mark-to-market patirà un ridimensionamento, stante l’aumento dei tassi e le dinamiche obbligazionarie in atto. Insomma, tutte le minusvalenze di Eurovita sul ramo obbligazionario sono state contabilizzate mark-to-unicorni e portate a conto economico.
Ed ecco che salta fuori un decreto che sarebbe all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri che agevolerebbe proprio questo passaggio-chiave: al fine di traghettare in fretta gli attivi finanziari alla newco Cronos Vita, il Governo sarebbe pronto a congelare le perdite. Per decreto, appunto. Ora, uniamo i mitici puntini come ne La settimana enigmistica: sforamento emergenziale concordato con l’Europa a costo del Mes e, di fatto, garanzia 100% statale sulle perdite legate agli attivi di Eurovita contabilizzati in fase di eutanasia dal precedente management. Ci sarà qualche correlazione? Ci sarà all’orizzonte da scongiurare forse la piccola Lehman italiana, fatale in uno dei momenti economico-finanziari più delicati dal 2011? Nel frattempo, Mps torna al centro dell’attenzione. E torna a crollare. Mentre la stessa Unipol protagonista dell’operazione Cronos Vita, accelera la scalata a Popolare Sondrio.
Tenete a mente il grafico. E chiedetevi se, davvero, fino a oggi vi hanno raccontato la verità. O solo la trama di un film brillante che, adesso, pare instradata verso un epilogo da thriller. Ad maiora.
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