Anni or sono, tanti ahimè, in una sfida di calcio tra milanesi contro fiorentini, uno dei miei compagni, nonché amico, colpisce di testa su un cross, cade battendo la nuca, si rialza e mi dice: Va bene se sto qua?
Gli chiedo come si chiama e vedendolo spaesato sospendo partita, lo carichiamo in auto e lo portiamo all’ospedale di Canazei. Diagnosi: commozione cerebrale con perdita della memoria. Il giorno dopo mi dice come si chiama, mi riconosce e mi spiega che è tifoso dell’Inter. Bene.
Ho visto in questo periodo due film che mi hanno ricordato il fatto succitato e da qui è nato un trittico di pellicole che riguardano la perdita della memoria: L’amore dimenticato, Audrey è tornata (serie tv) e Memento di Christopher Nolan.
L’amore dimenticato (2023) è un film polacco prodotto e distribuito da Netflix. Questa è la terza pellicola tratta dal romanzo Znachor (1937) di Tadeusz Dołęga-Mostowicz, scrittore polacco ben conosciuto in patria. Il titolo originale del film è lo stesso del libro e la sua traduzione è ciarlatano. Meglio il titolo italiano, visto che si tratta di una storia in cui l’amore e la perdita di memoria sono il focus. Nella storia polacca i ciarlatani all’inizio del ‘900 erano dei guaritori, la maggior parte senza arte né parte, a cui si affidavano i contadini piuttosto che pagare e farsi curare dai dottori. Fu emanata una legge che infliggeva anni di galera ai ciarlatani.
Lo stimato chirurgo e professor Rafal Wilczur, con la sua intuizione, salva un ragazzino povero dalla morte. Al contempo la sua vita familiare è alla frutta, la moglie lo lascia per un altro uomo portando con sé la figlia piccola. La cerca disperatamente, ma viene derubato e picchiato. Trovano il suo cappotto vicino al fiume e viene creduto suicida. Lo ritroviamo vagabondo per le campagne, vive alla giornata, ha perso la memoria. Aiuta un anziano caduto dal carro e a cui è uscita la spalla e viene invitato a lavorare in un mulino dalla proprietaria. Non la tocca mai e lei se ne innamora. Parallelamente la giovane e bella ragazza Maria, senza ormai i genitori, si propone come cameriera e di lei s’invaghisce il figlio del conte. All’inizio è restia, ma pian piano sboccia tra i due l’amore. Ha un incidente e in fin di vita viene operata al cervello dal mugnaio smemorato. Ormai la sua nomea di guaritore si è estesa e il medico condotto lo denuncia. Al processo verrà scagionato da tutti i poveracci che ha guarito e sarà riconosciuto come il famoso chirurgo vivo e vegeto. Qualcosa pian piano gli ritorna dal suo passato. Maria è sua figlia. Si sposerà con la mugnaia, mentre la giovane andrà all’altare con il figlio del conte.
Rafal non brama di cercare chi fosse nel passato, sembra apatico e il desiderio di amare e di essere amato gli arriva lentamente. Al tempo stesso aiuta meccanicamente la gente per quello che faceva nella vita prima di perdere la memoria.
Un dolce epilogo, è vero, in cui l’amore, non banalizzato o sentimentale, vince su tutto. Potrebbe sembrare un film dal The End hollywoodiano, ma non è così e, a parte la scena finale, non è per nulla sdolcinato. C’è una drammaticità che attraversa tutta la narrazione del film, che si insinua nel non voler ricercare e approfondire il passato da parte del chirurgo e questo mi lascia perplesso perché è umano chiedersi: chi ero e cosa mi è accaduto?
È vero che la mente umana è un mistero e forse al meccanismo evidenziato potrebbero rispondere psichiatri e psicologi, non certo un povero tapino come me…
Di altro spessore è la serie tv Audrey è tornata, ma ne parleremo a breve.
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