Italy is better. Soprattutto per i turisti big spenders, quelli che non badano a spese pur di godersi al meglio la nostra grande bellezza. E infatti l’Italia resta saldamente in testa alle preferenze del turismo di lusso internazionale. Il luxury tourism è un segmento inossidabile, che genera il 15% del fatturato totale del settore alberghiero italiano e il 25% della spesa turistica totale (diretta e indiretta). “I turisti internazionali di fascia alta (dati Istat e Enit) spendono in Italia circa 25 miliardi di euro – sostiene una ricerca Cnr-Iriss -: 7 miliardi per l’alloggio, 2 per la ristorazione e 14 miliardi di euro per le visite/tour/shopping. Oltre il 45% dei viaggiatori di fascia alta è venuto in Italia almeno una volta negli ultimi 5 anni (Enit). E il dato è in continua crescita”.
Il fatturato del settore alberghiero italiano è stimato 22 miliardi di euro (riferito al 2022); il comparto dei 5 stelle vale circa 6 miliardi. Le strutture a 5 stelle in Italia sono 668 (dato del 2023), per 44.768 stanze, il 4% del totale camere del mercato alberghiero in Italia. La fotografia arriva dal Luxury hospitality report 2023 di Thrends. La maggior parte degli hotel lusso si registra in Toscana, poi in Lazio, Campania, Veneto e Lombardia. La classifica per città (numero di camere fivestar) vede in pole position Roma, quindi Milano, Venezia e Firenze. L’ebitda margin medio dei 5 stelle nel 2022 ha sfiorato quota 23%. Tra i 5 stelle prevalgono hotel indipendenti, ma per numero delle stanze la maggiore quantità di camere lusso è di hotel di catena. In previsione, nei prossimi anni in Italia si calcolano due nuovi hotel 5 stelle aperti ogni mese: quest’anno la stima è di 23 inaugurazioni.
Sembra dunque inarrestabilela crescita del segmento luxury dell’ospitalità, tanto che “è ormai idea consolidata che l’Italia sia destinata a compiere un salto di qualità nel turismo, passando da un’idea di incoming di massa, che ha da sempre caratterizzato la sua storia, a una selezione dei propri visitatori, con una scelta decisa verso la fascia alta e alto spendente, quella che è più in linea con il nostro dna di Paese del lusso”. Lo sostiene David Pambianco, ceo dell’omonima società di strategie d’impresa. “Questo passaggio però ci riporta con ancora maggior decisione a un problema storicamente irrisolto della nostra industria dell’ospitalità. Per gestire hotel a 4, 5, o 5 stelle L, servono manager e personale con una preparazione specifica, ma l’Italia è sprovvista di istituti specializzati nel luxury. Le poche proposte esistenti, seppur encomiabili, non toccano la formazione di alto profilo. Così – prosegue Pambianco -, chi è intenzionato a seguire un percorso formativo di standard internazionale è ancora oggi obbligato ad andare in Svizzera dove si trovano i migliori istituti in Europa. Facendo un parallelo con la pelletteria, sarebbe come dire che per formare gli artigiani che danno lustro al Belpaese con le produzioni di altissimo livello, praticamente per tutti i brand alto di gamma internazionali, sia d’obbligo andare all’estero per la formazione. È chiaro che quella di dotarsi di scuole all’altezza non è più una necessità procrastinabile”.
Una convinzione più che condivisa da TH Group, uno dei maggiori operatori italiani leisure, che insieme a Cassa depositi e prestiti e Università Ca’ Foscari di Venezia ha dato vita nel 2019 alla SIO, la scuola italiana di ospitalità, la prima scuola di Hospitality Management in Italia, e al primo corso di laurea triennale in Hospitality Innovation and e-Tourism.
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