Stefano Dambruoso, magistrato che ha poi deciso di dedicarsi per una breve parentesi alla politica, prima di tornare nel ruolo di Pubblico ministero con specializzazione sul “dissenso interno” (ovvero terrorismo e anarchia), ha parlato con il quotidiano Libero del ruolo che la magistratura dovrebbe avere nei confronti della politica. Il punto di inizio, infatti, è la partecipazione qualche anno fa della collega Iolanda Apostolico ad una manifestazione contro Salvini, ma anche la sue recente liberazione dei migranti in attesa di espulsione.
Dambruoso, tuttavia, ci tiene ad evitare opinioni sull’operato giudiziario della collega, sottolineando che “ho sempre fatto il pm, ho facoltà di iniziare le indagini, ma non quella di remissione in libertà come un magistrato giudicante”. Parlando, invece, strettamente di imparzialità e terzietà dei giudici, spiega che “sono conscio del fatto che la tesi dei colleghi dell’ANM è quella di sostenere che le devi valutare nei provvedimenti dei magistrati” e non nella loro vita quotidiana, “ma non è la mia“. Infatti, Dambruoso ritiene che “anche l’occhio sociale vuole la sua parte. Per me non è corretto anche minimamente fare balenare il sospetto che un magistrato possa essere schierato su posizioni politiche“.
Dambruoso: “L’uso dei social per i magistrati dovrebbe essere controllato”
Il punto focale su cui Dambruoso tiene a porre l’accento, oltre all’operato della collega o il concetto di imparzialità, è “parlare dell’uso legittimo dei social per chi ha il dovere costituzione di apparire terzo”. Ritiene, infatti, che sia “un tema che riguarda tutti coloro che svolgono una funzione istituzionale”, tanto i magistrati, quanto “le forze di polizia e i comandanti dei carabinieri”. A suo avviso “l’uso dei social dev’essere controllato“, se non personalmente a livello istituzionale.
Infatti, Dambruoso ritiene che “l’uso dei social comporta, anche soltanto per la ricerca di un like, prese di posizioni che possono danneggiare il nostro stesso ruolo“. Non a caso, “dal punto di vista deontologico, viene sfavorito dallo stesso Csm che, al di là di certe prese di posizioni di questi giorni, di solito mette in atto restrizioni per la nostra categoria,”. Il rischio non andrebbe, ovviamente, tanto nella direzione dei post “personali”, come le foto di se stessi o della propria famiglia e vita quotidiana, quanto piuttosto, spiega Dambruoso, sui like che si potrebbero mettere che rischiano di far saltare “la percezione del concetto di terzietà“.