Mme Marie Ginoux era la titolare del Café de la Gare di Arles, bar e piccolo albergo che conduceva con il marito Joseph. Qui nel febbraio 1888 si era sistemato Vincent Van Gogh, appena arrivato nella cittadina provenzale. Da loro Vincent avrebbe preso successivamente in affitto la famosa Casa Gialla, soggetto di uno dei suoi quadri più iconici. Conosciamo bene le fattezze di madame Ginoux per il fatto che quel suo inquilino le ha fatto ben sette ritratti, che si aggiungono a quello realizzato da Paul Gauguin durante i celebri e tempestosi mesi di convivenza con Van Gogh ad Arles. Gauguin, com’è naturale che fosse, la ritrae al tavolino del suo Café con bottiglia e bicchiere.
Van Gogh invece in tutte le sette varianti, tre delle quali realizzate nel periodo di ricovero nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy, introduce una costante un po’ inaspettata: sul tavolino mette una pila di libri. Madame Ginoux era dunque un’accanita lettrice? Non lo sappiamo, ma c’è da dubitarne. L’accanito lettore era invece Van Gogh, “pittore colto”, come sottolinea il titolo della mostra da poco aperta al Mudec di Milano. In quattro dei ritratti a madame Genoux Vincent rende ben leggibili i titoli dei libri impilati, quasi per farci sapere che sono stati libri importanti per lui.
Sono La capanna dello zio Tom di Beecher Stowe e il Racconto di Natale di Dickens. Quest’ultimo nelle varie versioni del ritratto compare sia in edizione francese che inglese: Van Gogh leggeva e parlava indifferentemente nelle due lingue, oltre che naturalmente in olandese. Pittore colto, appunto. C’è voluto il prezioso accanimento di una studiosa italiana per sfatare la leggenda dell’artista tutto istinto e poca cultura. Mariella Guzzoni ha pubblicato nel 2021 un libro in cui ha raccolto tutte le sue ricerche, uscito prima in inglese e poi in italiano, I libri di Vincent (Johan & Levi, 2020). La mostra milanese la vede naturalmente in prima fila, perché è lei ad aver rimesso insieme i titoli che componevano il mondo di Van Gogh, partendo da quel formidabile serbatoio d’informazioni costituito dalle oltre mille lettere dell’artista.
Van Gogh, pittore nomade, non poteva permettersi di tenere una biblioteca, tant’è vero che delle centinaia di libri passati per le sue mani, se ne sono salvati solo tre, custoditi al Van Gogh Museum di Amsterdam: merito del lavoro di Mariella Guzzoni è aver recuperato le edizioni originali dei volumi da lui citati, che molte volte sono diventati anche soggetto di suoi quadri. I libri, insomma, riempiono la vita di Van Gogh. La riempiono anche nel senso che sono decine i quadri in cui volumi entrano come soggetto. Uno dei casi più emblematici è la stupenda Natura morta con statuetta in gesso del 1887. In primo piano, insieme a un rametto di rose, Van Gogh ha posizionato due titoli cult per lui: Germinie Lacerteux dei Goncourt e Bel-Ami di Maupassant. “Capolavori che dipingono la vita come anche noi la sentiamo e quindi rispondono a quel bisogno che proviamo, di sentirci dire la verità”, scrive alla sorella Willemien nell’ottobre di quello stesso anno. “Dipingono la vita”, scrive per sottolineare una significativa sovrapposizione tra le due arti.
L’attenzione di Van Gogh non è mai per la portata letteraria: confessa non a caso la sua avversione per Baudelaire, a cui contrappone la forza morale di Walt Whitman, un poeta che “vede nell’avvenire e anche nel presente un mondo di salute, di amore carnale aperto e sincero – di amicizia – di lavoro sotto il grande firmamento stellato“. Sono parole che entrano immediatamente in relazione con il capolavoro Notte stella sul Rodano, dipinto proprio in quel 1888.
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