Il disastro del Vajont, 60 anni fa, causò la morte di 1.910 persone, tra cui 487 minorenni. Tra le vittime ci sono anche i familiari di Renato Migotti, un superstite, che ha raccontato il dramma vissuto a Uno Mattina. “Avevo 16 anni e abitavo nel centro di Longarone. Era la sera in cui si giocava la Champions League, per cui in molti erano arrivati dai paesi vicini per andare nei pochi locali del centro che avevano la televisione. Anche i miei genitori erano fuori”, ha ricordato.
L’uomo, all’epoca adolescente, era invece a casa. “Mi ero messo a letto dopo avere fatto addormentare il mio fratellino nella stanza accanto. Lui non si è salvato. Mia sorella invece sì, perché per fortuna era a Vittorio Veneto, è l’unica parente che mi è rimasta”. I ricordi di quel momento sono ancora vividi nella sua mente. “Dormivo da poco e sono stato svegliato da un grande boato, era l’aria che aveva anticipato il volume enorme di acqua che poi ha distrutto il paese. Io, con tutta la mia casa, sono volato verso i Murazzi sopra il materasso, che probabilmente ha fatto in modo che non riportassi dei gravi danni fisici”. I soccorritori lo hanno ritrovato a distanza di centinaia di metri.
Disastro del Vajont, un superstite: “Sbalzato via con la mia casa”. Il commento del geologo
Il disastro del Vajont sarebbe potuto essere evitato. A distanza di 60 anni dalla tragedia, questa è l’opinione comune degli esperti. A parlarne, sempre a Uno Mattina, è stato Marco Amanti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). “La diga era stata costruita dal ’57 al ’59, serviva per la produzione di energia idroelettrica. È per questo motivo che cominciarono ad alzare il livello dell’acqua nel lago, in modo da far funzionare meglio il meccanismo. Iniziarono però a manifestarsi i fenomeni franosi sul versante del monte Toc. Nel 1960 una prima frana, che sollevò una piccola onda e non diede problemi. L’anno prima una molto più grande in un bacino più a monte, che faceva parte dello stesso sistema”, ha raccontato.
I campanelli d’allarme in questione, tuttavia, non furono colti. “Il geologo che stava studiando la situazione per la ditta che aveva costruito la diga monitorava la situazione, misurando le fratture e la velocità di spostamento della massa. Secondo il suo modello, tuttavia, alzando il livello dell’acqua a 700 m, ovvero la quota critica, la frana sarebbe potuta essere di 40.000 metri cubi con una velocità di 30 chilometri orari. In realtà fu di 260.000 metri cubi con velocità di 110 chilometri orari. I rischi erano stati sottostimati”, ha concluso l’esperto.