Fa sorridere che sia stata da poco celebrata la giornata mondiale dell’insegnante. Non è chiaro quale sia lo scopo di festeggiare quella professione così tanto decaduta nell’ultimo cinquantennio. La credibilità dell’insegnante non viene certo ricostituita con una festa, per quanto estesa a tutto il globo.
La reale difficoltà di chi svolge questa professione è la totale mancanza di ascolto. Da parte di tutti.
I genitori non vogliono sentire e vedere le fragilità dei propri figli, che se supportate ed affrontate potrebbero diventare punti di forza. Non vengono accettate le bocciature, come se si trattasse di condanne a morte o di onte che nemmeno i cavalieri medievali. Le famiglie non hanno punti di riferimento, eccetto quelle che possono rivolgersi privatamente a terapeuti, ad associazioni di volontari, e spesso non riescono a far fronte alle sempre più evidenti e gravi fragilità dei ragazzi. Demandano il loro ruolo ad altre figure, incolpando gli insegnanti dei propri insuccessi. Infine il Tar dà loro ragione rovinando inevitabilmente ed irreparabilmente delle giovani vite.
Chi lavora seriamente con gli studenti si accorge quanto manchi un dialogo con gli adulti. I giovani infatti appena trovano un minimo di disponibilità si aprono, si confrontano, pongono domande e chiedono aiuto.
Molto spesso tocca agli insegnanti raccogliere le denunce, a volte gravi, di situazioni di disagio, attraverso i temi, o biglietti consegnati a mano. Richieste di aiuto che vengono immediatamente prese in carico e talvolta risolte.
A me è capitato di far da tramite tra una mia alunna e sua madre per poter consentire alla ragazza di incontrare la psicologa della scuola. Fortunatamente la madre mi ha dato credito e mi ha permesso di prendere gli appuntamenti con la terapeuta che ha potuto occuparsi di quella situazione.
Gli insegnanti vengono visti come quelli che hanno un lavoro comodo, ben pagato (mah!) ma non è affatto così. Entrare in classe oggi vuol dire ricevere una così grande quantità di frustrazione che non si può immaginare.
Quante volte, pur avendo preparato una splendida lezione con video e attività varie, ti trovi da solo ed inerme di fronte a venti o più studenti che non hanno la minima voglia di ascoltarti, ed anche se non fanno confusione ed occupano il proprio banco in silenzio sono impenetrabili, non vedono l’ora che suoni la campanella per riprendere il loro cellulare ed entrare in un altro mondo, il loro.
Se è vero, e per me è così, che ci vuole un villaggio per educare si deve riprendere a collaborare fra insegnanti, genitori ed istituzioni.
Anche il ministero legifera in modo unidirezionale senza chiedere riscontro a chi lavora in classe: a cosa serve inasprire il voto in condotta se non si riesce a garantire autorevolezza ai professori?
Occorre ridare dignità ad una professione svilita di importanza e valore. Gli insegnanti chiedono di essere ascoltati, non celebrati.
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