Sulle etichette dei prodotti alimentari (e non solo) potremmo trovare con meno frequenza indicazioni come “rispettoso dell’ambiente”, “naturale”, “biodegradabile”, “neutrale dal punto di vista climatico” o “ecologico”.
Il Parlamento e il Consiglio europei hanno raggiunto un accordo provvisorio per deliberare nuove e più stringenti norme contro la pratica del greenwashing, termine inglese con cui si indica un ecologismo di facciata, ovvero una strategia di comunicazione adottata da alcune imprese, per costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, così da distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi legati alle proprie attività o ai propri prodotti.
La svolta adottata a Bruxelles punta quindi ad aiutare i consumatori a fare scelte rispettose dell’ambiente e intende incoraggiare le aziende a offrire loro prodotti più sostenibili. Un obiettivo che si traduce nel divieto di utilizzare alcune indicazioni ambientali generiche se non sono accompagnate da prove dettagliate, ovvero da certificazione ufficiali o stabilite dalle autorità pubbliche.
Ma non solo. Il mandato negoziale approvato dal Parlamento mira anche a vietare le dichiarazioni ambientali basate su sistemi di compensazione delle emissioni di carbonio, che non riducono gli impatti della produzione, ma provvedono a sostituire una risorsa ambientale depauperata. Non basta, insomma – è la tesi di Bruxelles – adottare azioni riparatorie, con cui si suggerisce l’idea che un prodotto presenti un impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente.
Per diventare legge, l’accordo provvisorio dovrà ora ottenere il via libera definitivo sia del Parlamento che del Consiglio. Un via libera che potrebbe arrivare con la votazione degli eurodeputati attesa a novembre. Una volta che la Direttiva dovesse entrare in vigore, gli Stati membri avranno 24 mesi per recepire le nuove norme nella propria legislazione.
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