MUSCAT (Oman) – Come vivono i Paesi arabi l’ennesima crisi in Israele? Sono in questi giorni in Oman, sultanato della penisola arabica di cui si parla poco e che invece recita da sempre un ruolo importante –anche se discreto – nello scacchiere politico medio-orientale con una sua posizione di tradizionale prudenza. Monarchia assoluta dal 1971 (prima è stato per lungo tempo un protettorato britannico) l’Oman è un sultanato islamico che per secoli ha vissuto di commerci e traffici (soprattutto con la tratta degli schiavi) e che politicamente è vicino all’Occidente. L’attuale sultano Haitham, al potere dal 2020, ha anche permesso limitate riforme democratiche, come la creazione di un parlamento consultivo pur mantenendo di fatto personalmente il potere, con peraltro – almeno sembrerebbe – un largo supporto popolare.
Il Paese ha avuto un forte sviluppo economico uscendo rapidamente da una situazione di assoluta chiusura verso i Paesi occidentali, ma mantiene forti connotati tradizionali. Per dare un’idea, a Nizwa, l’antica capitale cinta tra le montagne del massiccio dell’ Hajar, a parte la casuale visita di un ufficiale inglese nel 1835, la città era ancora interdetta agli stranieri fino agli anni 80 del secolo scorso. Un architetto italiano che nel 1985 fu a Nizwa invitato dal governo per compiere rilievi in vista di un restauro delle antiche fortificazioni, Enrico D’Errico, notò nel suo diario di essere l’unico occidentale in città dove la gente viveva come nei secoli precedenti.
In pochi anni l’Oman è però molto migliorato dal punto di vista delle infrastrutture: potete girare comodamente su autostrade modernissime, l’offerta turistica è discreta ed il Paese è apparentemente molto sicuro. Proprio per questa sua apertura lenta ma costante verso l’Occidente vi è molta prudenza nel giudicare il conflitto tra Hamas ed Israele anche se l’appoggio ufficiale ai palestinesi è sincero ed evidente. Sono ammessi tutti i media occidentali e in hotel potete seguire BBC e CNN, ma anche l’unico giornale di Muscat in inglese Muscat Daily tende a separare le ragioni palestinesi dalle azioni di Hamas annunciando che l’Oman si è già proposto non solo per aiuti umanitari a Gaza, ma anche per sollecitare un “cessate il fuoco” tra le parti.
Non vi sono però mai accenni particolarmente violenti contro Israele che si colgono invece, per esempio, dalla tv iraniana visibile ovunque (l’Iran è a poche decine di chilometri di distanza, appena al di là dello stretto di Hormuz) e che dedica tutto il suo Tg internazionale in lingua inglese a una furibonda campagna antisraeliana, mostrando le piazze europee con le manifestazioni pro-Palestina. I pochi omaniti che, visibilmente imbarazzati, affrontano in privato il problema, non escono da posizioni “ufficiali” sottolineando come Israele debba risolvere il problema senza ricorrere alla violenza. Negli ultimi giorni sono apparsi volantini e manifesti inneggiando alla libertà per il popolo palestinese, ma limitandosi a slogan “Noi stiamo con la Palestina”. Il Paese è arabo e ha nella struttura sociale islamica la sua forza e la sua costituzione, la polizia in Oman è praticamente invisibile ma deve essere ovunque almeno a giudicare dalla grandezza delle caserme sparse sul territorio. “Se non vuoi studiare vai a fare il poliziotto, ti pagano bene e non è necessario essere delle aquile” commenta ridendo l’autista mentre dal nulla del deserto spunta l’ennesima caserma.
L’Oman ha avuto nel petrolio il suo volano economico, ma non ha mai voluto strafare e quindi la produzione è costante ma contenuta, cercando di mantenere intatte le riserve, valutate in diversi miliardi di barili. I profitti petroliferi, oltre che finire nelle tasche del Sultano, sono però stati diffusi in tutto il Paese con un reddito medio ormai superiore ai 30mila euro l’anno per i circa 4 milioni di abitanti, oltre ai tantissimi stranieri asiatici (soprattutto indiani, nepalesi, pachistani e provenienti dal Bangladesh) che formano l’effettiva forza-lavoro. Da sottolineare come l’inglese sia insegnato già nelle scuole primarie e quindi largamente parlato (o almeno capito) da tutti i giovani e come il tasso di sviluppo sia costante con un +5% medio nell’ultimo ventennio ed una diversificazione produttiva che tende a migliorare l’agricoltura sfruttando nel modo più moderno la poca acqua disponibile e favorendo anche lo sviluppo industriale e dei servizi.
La donna è soggetta alla legge islamica e quindi assente dalla vita pubblica; è curioso – ad esempio – vedere in tv una specie di nostro festival di Sanremo notando come in platea ad ascoltare ci fossero solo uomini. Da poco le donne hanno avuto il permesso di guidare da sole in auto, ma il loro abbigliamento deve essere sempre conforme alla tradizione variando a seconda della tribù ed area di provenienza.
Il conflitto in Medio Oriente desta comunque molta preoccupazione, è come una nuvola che incombe e si teme un allargamento del conflitto, mentre quello in Ucraina non fa notizia ed il Paese ospita molti turisti russi che fanno tranquillamente shopping nei modernissimi mall di Muscat (meno opulenti però di quelli di Dubai), nuova versione dei tradizionali “suk” che ormai si sono trasformati in occidentalissimi supermercati.
Una curiosità: non ci sono grattacieli né case colorate. Per volere del sultano l’edificio più alto non può superare in altezza i minareti della Grande Moschea di Muscat e dev’essere bianco. Ottima scelta per una visione urbanistica meno appariscente ma più ordinata mentre invano, anche nel luogo più desolato, cercherete un rifiuto per terra: gli omaniti hanno lo scrupolo della pulizia.
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