Nel conflitto tra Hamas e Israele, anche se non è stato ancora dimostrato che l’Iran abbia contribuito a pianificare militarmente l’offensiva del gruppo terroristico Hamas, è tuttavia certo – secondo le informative dei servizi segreti occidentali – che gran parte dei finanziamenti ad Hamas provenga proprio dall’Iran, finanziamenti relativi agli armamenti che, ovviamente, non sono volti soltanto all’autodifesa ma anche a porre in essere azioni offensive. Un altro dato politicamente assodato è che l’offensiva organizzata da Hamas con la complicità e la connivenza dell’Iran vuole impedire qualsiasi tipo di riavvicinamento tra Paesi arabi e Israele, cioè impedire qualsivoglia normalizzazione tra Tel Aviv e Riyad.
Inoltre va tenuto presente che l’Iran considera i Paesi arabi non tanto come suoi interlocutori ma come suoi rivali. Proprio per questo un’intesa araba-israeliana viene letta dall’Iran come un’alleanza potenzialmente pericolosa, un’alleanza tra i suoi due più pericolosi nemici e cioè Israele e l’Arabia Saudita.
Infine, almeno allo stato attuale, l’Iran non ha interesse a innescare una guerra generale nella regione incitando gli Hezbollah libanesi ad attaccare Israele, né sembra che abbia intenzione di procedere nella direzione di un’offensiva ad ampio spettro, soprattutto perché l’Arabia Saudita proprio sabato ha comunicato che ogni normalizzazione con Israele è stata sospesa e questa costruisce certamente una vittoria strategica di grande rilevanza per l’Iran.
Tuttavia non dobbiamo dimenticare che, considerando la grande autonomia politica e strategica di Hezbollah, questa potrebbe decidere, indipendentemente dall’Iran, di attaccare lo Stato ebraico determinando implicazioni imprevedibili.
Esistono degli scenari per adesso ipotetici potenzialmente drammatici. In primo luogo, se ci dovesse essere un attacco dal Libano, Iron Dome (la Cupola di ferro, il sistema difensivo antimissile israeliano, ndr) non sarà in grado di resistere alle migliaia di missili, razzi e droni che verranno lanciati.
In secondo luogo le forze armate israeliane, non potendo intercettare i missili di Hezbollah, necessariamente saranno costrette a entrare in Libano per distruggere le infrastrutture dalle quali partono e potrebbero addirittura spingersi più a Nord, come è stato già fatto durante l’operazione Pace in Galilea nel 1982. Naturalmente troverebbero la resistenza delle milizie sciite libanesi.
In terzo luogo Israele potrebbe decidere di reagire bombardando le infrastrutture presenti in Siria o addirittura direttamente in Iran e gli Stati Uniti, avendo due portaerei nel Mediterraneo, non potrebbero che supportare l’offensiva israeliana allargando in modo drammatico il conflitto.
In quarto luogo le implicazioni di questo conflitto non potrebbero che allargarsi, determinando vere proprie rivolte di natura filo-palestinese sia nei Paesi arabi che in Europa, aumentando il rischio di attentati terroristici. A tale proposito non dimentichiamoci che i servizi segreti iraniani hanno una prassi ormai consolidata nella organizzazione e nell’esecuzione di efficaci quanto spietati attacchi terroristici.
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