Napoli dopo Catanzaro, Nicola Gratteri pronto a una nuova avventura. Domani presterà giuramento al Tribunale partenopeo e ai microfoni del Corriere della Sera ha ripercorso la sua carriera, che lo ha visto arrestare persino molti compagni di classe calabresi, lui che vide il primo morto ammazzato a Locri, ai tempi delle medie: “Molti studenti erano figli di capimafia. Feci arrestare anche il mio compagno di giochi in campagna, quando andavo dagli zii, perché aveva un arsenale di armi”.
Da quasi 35 anni Gratteri vive sotto scorta e ha parlato così delle ripercussioni sulla sua quotidianità: “È pesante. Ci sono giorni in cui si soffre di più, viene la sindrome da soffocamento a non poter fare una passeggiata da soli, non poter andare in bicicletta, non uscire in moto. Penso di non fare un bagno al mare da 25 anni”.
Parla Gratteri
La forza di fare questa vita Gratteri la trova “nella convinzione che quello che faccio serve, è utile alla collettività”: “La libertà non è andare in bici o farsi un bagno al mare. La libertà è stare anche per un anno sotto una pietra, fermo, immobile, ma poi poter dire quello che si pensa e guardare tutti negli occhi”. Il nuovo procuratore capo di Napoli ha ammesso di avere paura per la moglie e per i figli, anche loro sotto scorta, ricordando che avevano cercato di sequestrare uno dei miei figli, avevano programmato di simulare un incidente stradale per ammazzare l’altro. Nessun dubbio sull’orgoglio più grande: “Sul piano morale, di aver ridato la speranza ai calabresi. Sul piano pratico, di aver costruito fisicamente la nuova Procura, la più bella d’Italia, in un convento del Quattrocento che stava cadendo a pezzi. Avevo iniziato a pensarlo il 16 maggio 2016, il giorno in cui mi sono insediato a Catanzaro. Sono andato a Roma a fare la questua e ho trovato i sette milioni e mezzo che servivano. È stata la prova che la Calabria non è la regione delle incompiute. E poi abbiamo costruito l’aula bunker più grande al mondo”.