La seconda stagione di Domina – 8 episodi, ora tutti disponibili in streaming su Sky e Now Tv – ha raccolto critiche contrastanti e un’accoglienza meno entusiasta da parte del pubblico rispetto alla stagione di esordio. La responsabilità di ciò ricade, a mio avviso, sulla scelta di trasformare le complesse vicende della dinastia Giulio-Claudia, una delle famiglie più potenti della storia dell’umanità, in una soap-opera, privando il racconto di quel necessario riferimento alle vicende politiche che hanno segnato per decenni lo scontro tra i fautori della repubblica e i suoi avversari nella storia dell’impero romano.
La figura di Livia Drusilla – figlia e sposa di congiurati divenuta poi la terza moglie dell’imperatore Augusto e madre del suo successore Tiberio – rappresenta in ogni caso un originale ed efficace punto di visto per raccontare un ampio periodo di storia romana. E le sue abilità politiche e le sue responsabilità in losche trame di potere che vengono raccontate nella serie tv sono storicamente accertate. Del resto non è certo una novità scoprire come accanto alle cronache militari la storia romana è segnata da matrimoni di interesse, eredi e testamenti contestati, alleanze tradite e delitti eccellenti che hanno determinato le scelte di successione.
La seconda stagione di Domina ha inizio nel 19 a.C. quando Livia e Gaio fanno ritorno a Roma dopo un’assenza di oltre tre anni. Roma è in una crisi profonda, e il protrarsi della carestia alimenta un lungo periodo di instabilità sociale, rendendo la città sempre più violenta e insicura. Augusto riprende ben presto il controllo della città, del Senato e dell’impero. Così come Livia riprende a tessere, all’ombra di Augusto e condizionandone spesso le sue scelte, la rete di informatori e di amici fedeli, con cui mira a condizionarne la successione.
Ben presto il voto segreto fatto da Livia e dai suoi due figli, e cioè quello di ripristinare la Repubblica dopo la morte del marito, lascia il posto a una più realistica lotta tra chi prenderà il posto di imperatore tra i numerosi eredi legittimi di Cesare Augusto. Agli ideali repubblicani rimane fedele solo Druso Maggiore, che però trova la morte giovanissimo nelle foreste della Germania, dove il patrigno lo aveva mandato a guidare le legioni impegnate nella riconquista dei territori a nord delle Alpi. La morte del figlio adottivo prediletto da Augusto aprì la strada alla successione del fratello Tiberio.
In ogni caso Domina è una produzione di qualità, il cast è di livello assoluto e la sceneggiatura di gran lunga al di sopra della media delle produzione casalinghe. Girato tra Cinecittà, le cascate delle Marmore e le spiagge di Tarquinia, rivela una cura particolare per i costumi (firmati dalla premio Oscar Gabriella Pescucci) e per la scenografia (di Luca Tranchino). Nel cast oltre alla brava protagonista Kasia Smutnia che interpreta Livia, una segnalazione particolare meritano Ben Batt nel ruolo di Agrippa e Alex Lanipekun nei panni del fedele Ticone.
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