Cedolare secca dal 21% al 26% per gli affitti brevi, o locazioni turistiche che dir si voglia, cioè sui redditi derivanti da questi contratti. La notizia dell’inserimento della proposta nella Legge di bilancio in discussione (“modifiche alla disciplina fiscale sulle locazioni brevi e sulle plusvalenze in caso di cessione a titolo oneroso di beni immobili”) sta creando già un prevedibile terremoto. Scontate le posizioni nettamente contrarie e barricadere della categoria: da Aigo (l’associazione italiana gestori ospitalità e ricettività diffusa b&b) a Abbac (l’associazione nazionale del settore, che rappresenta gestori di b&b, affittacamere e case vacanza) e da Confedilizia sono arrivate le bocciature, con relativa richiesta di una convocazione urgente alla commissione Bilancio. “Il Governo – sostengono – intende fare cassa sul turismo delle locazioni brevi, un’attività legata al turismo che sta garantendo economia sui territori. Per tante famiglie quei redditi sono l’unica forma di sostentamento”. E in alcune città, quelle particolarmente interessate dall’esplosione degli affitti brevi (come Venezia, ad esempio) già si stanno organizzando manifestazioni, scioperi e altre forme di protesta. Nel frattempo, oggi i portavoce dei piccoli proprietari (associati in Uppi) saranno in audizione al Senato.
Altrettanto prevedibili le reazioni diametralmente opposte, quelle degli albergatori e delle associazioni che difendono la residenzialità. Restando a Venezia, gli attivisti di OCIO (Osservatorio CIvicO sulla casa e la residenza) dicono che “si spera che l’extra gettito ricavato da questo aumento sia destinato principalmente a finanziare progetti di nuove abitazioni/manutenzione dell’esistente”, ma aggiungono anche che la cedolare secca per gli affitti brevi è un regime ingiusto, che di fatto li favorisce. Secondo loro, serve una regolamentazione a livello nazionale, praticamente quella prevista nel disegno di legge già pronto ma arenato nelle sabbie romane. E secondo l’Unione Inquilini l’aumento “per chi lucra sugli affitti turistici non è neppure sufficiente”.
Lo stato dell’arte. Il boom delle locazioni turistiche brevi prosegue da parecchi anni (anche grazie al moltiplicarsi delle piattaforme on-line), con conseguenti difficoltà per hotel e attività alberghiere, che lamentano di dover rispondere a tassazioni maggiori e normative di sicurezza e igiene ben più stringenti. La locazione breve si riferisce a un contratto di locazione di immobile a uso abitativo, di durata non maggiore di 30 giorni, al di fuori dell’esercizio di attività imprenditoriale, specifica che indica che il singolo proprietario possa gestire con questa formula non più quattro appartamenti. Oltre l’attività va considerata impresa, senza possibilità di applicare la cedolare secca, invece con obbligo di partita Iva e il passaggio alla tassazione Irpef per aliquote e scaglioni. La cedolare secca (informa il ministero) tecnicamente è un regime fiscale opzionale sulla scorta di cui il reddito di locazione è tassato tramite aliquota fissa; un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali, che vale sul reddito che scaturisce dalla locazione dell’immobile. La cedolare secca al 21% (detta tassa Airbnb) si applica a chi si avvale del regime delle locazioni brevi e, infatti, l’opzione può essere esercitata per le unità immobiliari facenti parte delle categorie catastali comprese tra A1 a A11 (esclusa l’A10 – uffici o studi privati) locate a uso abitativo e per le correlate pertinenze.
I valori. L’Aigab (associazione italiana gestori affitti brevi) stima che in Italia nel 2023 il settore chiuderà con prenotazioni per circa 11 miliardi di euro, “con un indotto sul Pil di ulteriori 44 miliardi. Rispetto all’asset delle seconde case degli italiani non utilizzate, circa 9,5 milioni, quelle immesse nel circuito degli affitti brevi sono 640 mila (l’1,5% delle abitazioni nazionali).
Gli obiettivi. È chiaro che l’aumento della cedolare risponderebbe alla necessità del Governo di fare cassa. Ma è altrettanto evidente che la misura risponderebbe alle proteste degli operatori della ricettività “classica”, che pagano complessivamente più tasse e da tempo lamentano una concorrenza sleale da chi pratica gli affitti brevi. In più, l’aumento potrebbe anche finire col disincentivare questo tipo di contratti, mitigando lo spopolamento di molte zone centrali delle città. Obiettivi che sono esattamente quelli perseguiti anche nel disegno di legge (in origine sarebbe dovuto essere un decreto, con ben più rapido iter legislativo) predisposto proprio per limitare gli affitti brevi, anche con il divieto di dare in locazione gli appartamenti per una sola notte e con numerosi altri adempimenti. Un disegno di legge, come si diceva, per ora arenato, e con tutta probabilità destinato all’eredità per la legislatura prossima ventura. Si vedrà adesso la sorte della proposta sulla cedolare, anche se in tanti predicono pericolose insidie sulla sua strada.
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