Dopo il giudizio di Standard & Poor’s sul rating dell’Italia cresce l’attesa per l’invio in Parlamento del testo definitivo della Legge di bilancio e per le decisioni del Consiglio direttivo della Bce in programma domani ad Atene. Abbiamo fatto il punto con l’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili.
Cominciamo dal giudizio di Standard & Poor’s sul nostro Paese. Che peso gli va dato?
I giudizi più significativi, viste le analisi rilasciate in precedenza, sono quelli di Fitch del 10 novembre e, soprattutto, come abbiamo già spiegato in una precedente intervista, di Moodys’ del 17 novembre. Detto questo, è ovviamente una buona notizia che Standard & Poor’s abbia confermato il livello di rating precedente e lasciato invariato l’outlook. Questo cristallizza la situazione, ma restano aperti i temi di fondo, legati soprattutto alle prospettive di crescita del Paese, per le quali è fondamentale la realizzazione del Pnrr.
Su questo fronte qual è lo stato dell’arte?
Se l’anno scorso si prevedeva che i primi effetti positivi sarebbero arrivati tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, oggi il Governo prevede dei benefici nel 2026/27. Questo è un problema non solo in termini di numeri, visto che le previsioni di crescita sul 2024 sono non di poco superiori rispetto a quelle di Fmi, Ocse e Ue, ma anche in termini di qualità e di verifica dell’attuazione del Pnrr. Questo tema credo tornerà sicuramente all’esame delle agenzie di rating chiamate a pronunciarsi nelle prossime settimane.
Sembra che il Pnrr stia creando dei problemi anche per il varo del decreto energia, contenente proroghe incompatibili con gli impegni presi per lo sblocco della terza rata…
C’è anche questo tema, ma il vero punto non è tanto raggiungere gli obiettivi necessari a incassare i fondi previsti, quanto accorciare i tempi di attuazione delle opere previste nel Pnrr. Ora la governance del Piano è stata radicalmente cambiata e c’è da augurarsi che il percorso si velocizzi.
Intanto non mancano tensioni sulla Legge di bilancio: in assenza di un testo definitivo, ci si concentra su bozze e indiscrezioni e il Governo rischia di vedere tutte e tre le principali confederazioni sindacali critiche nei confronti della manovra.
Già in estate, in modo un po’ atipico, Landini ha preannunciato la possibilità di uno sciopero generale contro una Legge di bilancio che ancora non esisteva e ora anche la Uil sembra sposare la linea più dura della Cgil contro la manovra. La Cisl, invece, come è nelle sue corde, è più disponibile al confronto, ma al momento questo si regge su basi malferme, perché non si conoscono i testi definitivi della Legge di bilancio e dei decreti attuativi della delega fiscale e nel frattempo stanno affiorando delle novità, delle riscritture, dei dettagli rispetto alle indicazioni iniziali.
C’è stato il caso piuttosto eclatante del taglio del cuneo fiscale che sembrava poter essere soggetto a un decalage…
Sì, un altro esempio è quello relativo alla probabile riduzione o scomparsa dei provvedimenti di sostegno alla capitalizzazione delle imprese. Non si tratterebbe di una buona notizia nel momento in cui si teme una recessione, un rallentamento dell’export, e si chiede alle aziende un impegno maggiore. Senza testi definitivi rischiano purtroppo di susseguirsi rettifiche e mezze smentite. C’è da augurarsi che non vengano fuori altri casi ancora più importanti e battenti.
Visto quello che sta accadendo, sembra comunque difficile pensare che dalla maggioranza non arriveranno emendamenti alla Legge di bilancio.
È vero che era opportuno, viste le esperienze passate, e forse è stato anche giusto, da parte del Governo e della Premier, richiamare a un patto politico interno alla maggioranza che impedisse di stravolgere la manovra a colpi di emendamenti. Bisogna, però, tener conto della realtà, quindi riemergeranno delle tensioni e delle richieste dei partiti interni alla maggioranza. Ci sarà un confronto nelle aule su questo. Nessuno toglie comunque la possibilità alle opposizioni di presentare i propri emendamenti e di fare le loro battaglie.
Ci saranno “linee rosse” invalicabili per i partiti della maggioranza?
Per quanto riguarda la Lega, mi sembra che possa essere la questione del Ponte sullo Stretto. Si tratta di capire quanti soldi sono stati in realtà messi sul piatto e in quale modo viene articolata la loro erogazione e per fare che cosa. Ritengo che sia importante evitare che si tratti di risorse finalizzate solo all’ennesima posa della prima pietra. Forza Italia, invece, punterà ancora i piedi sulla questione del decreto energia, come sull’importo delle pensioni minime. E penso che sarà il partito della maggioranza più indisponibile a vedere dei tagli sul fronte dei provvedimenti favorevoli alle imprese.
E Fratelli d’Italia?
Non mi sembra che esistano problemi interni. Giorgia Meloni controlla la situazione e mi pare che il partito sia schierato in maniera compatta sulla posizione del Governo. Non vedo voci dissenzienti su questo terreno.
Domani, invece, si terrà la riunione del Consiglio direttivo della Bce. Il Presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, in un’intervista al Sole 24 Ore ha detto che prima del conflitto in Medio Oriente si aspettava una pausa nel rialzo dei tassi, ma “gli eventi in Israele complicano tutto”. Cosa ne pensa?
Credo che il Presidente dell’Abi abbia notato un effettivo mutamento di clima di questi ultimi giorni rispetto al mese scorso. Dopo la precedente riunione del Consiglio direttivo, infatti, si pensava fosse stato raggiunto il picco nel rialzo dei tassi, ma nel frattempo ci sono state, da un lato, le parole di Powell, che ha evidenziato come la Fed sia chiamata a intervenire ancora per contrastare un’inflazione che resta alta negli Stati Uniti, dall’altra, la crescente preoccupazione in Europa per le conseguenze delle due guerre concomitanti. C’è una fase di incertezza con il rischio che a una persistente e alta inflazione si sommi un arretramento della crescita innescando una stagflazione che sarebbe devastante. Ritorna, quindi, più al centro di prima il tema del controllo dell’inflazione. Non escluderei un dibattito anche vivace all’interno del Consiglio direttivo della Bce, con alcuni Paesi che torneranno a chiedere un controllo maggiore dell’inflazione.
E ci sarebbe da preoccuparsi, visto che un ulteriore rialzo dei tassi non inciderebbe solo sulla crescita, ma anche sul costo di rifinanziamento del debito pubblico…
Certamente. C’è il rischio di un ulteriore aggravamento della situazione per l’Italia. Mi sembra, però, che la politica monetaria sia obbligata quasi per riflesso incondizionato ad agire di fronte a un’inflazione che stenta a scendere, siamo ancora oltre il 5%, nonostante dieci rialzi consecutivi dei tassi.
(Lorenzo Torrisi)
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