Le indagini sulla strage in via d’Amelio, a Palermo, che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e a 5 agenti della sua scorta, potrebbero presto essere riaperte. A chiedere nuovi accertamenti è stato il Gip di Caltanissetta che si è pronunciato in merito all’affidabilità dell’ex pentito Maurizio Avola, il quale raccontò ciò che sapeva sull’attentato, ma che venne ritenuto un tentativo di depistaggio, come spesso accade dal conto dei pentiti della mafia.
Secondo la corte Avola può e deve essere considerato un testimone attendibile, salvo nuove prove sulla sua inaffidabilità che potrebbero essere prodotte alla corte, e pertanto le indagini sulla strage in via d’Amelio devono essere riaperte al più presto. Sono, insomma, state rigettate le pressioni di alcune associazioni anti-mafia che hanno sempre visto in Avola un testimone inattendibile, così come il comunicato della Procura di Caltanissetta che lo bollò come “falso”. Negli anni, secondo il Gip, non si è mai riusciti a trovare prove sull’inaffidabilità delle parole di Avola sulla strage in via d’Amelio, nonostante la Direzione Nazionale Antimafia ha avviato ben 3 indagini contro il pentito, il suo avvocato Ugo Colonna e i giornalisti Michele Santoro e Guido Ruotolo, che hanno reso pubbliche le sue dichiarazioni.
Maurizio Avola e i suoi racconti sulle stragi in via d’Amelio
Insomma, le indagini sulla strage in via d’Amelio, secondo il Gip, andrebbero riaperte, proprio partendo dalle dichiarazioni di Avola, non tanto al fine di appurare nuove “entità” coinvolte, quando piuttosto per riempire “alcuni buchi neri nelle ricostruzioni della fase esecutiva dell’eccidio”. Sulla strage, infatti, rimangono ancora numerose lacune, tra cui i nomi di tutte le persone coinvolte in ogni fase dell’attentato, l’effettiva modalità e il nome e l’ubicazione di chi fece detonare l’esplosivo.
D’altronde, buona parte dei commentatori non hanno mai capito veramente fino in fondo per quale ragione le dichiarazioni di Avola sulla strage in via d’Amelio vennero bollate come false, senza alcuna indagine effettiva. Il pentito, infatti, sostenne solamente la presenza di diversi mafiosi (tra i quali Matteo Messina Denaro) sul luogo della strage, senza compromettere nessuna delle altre ricostruzioni raccolte fino a quel momento. Secondo la corte, insomma, sarà necessario valutare nuovamente il racconto di Avola sulla strage in via d’Amelio, tenendo anche in considerazione la sua versione secondo cui vi fosse anche un uomo “straniero”, probabilmente appartenente alla famiglia mafiosa americana dei Gambino.