Con il suo vasto patrimonio immobiliare, il nostro Paese ha un’enorme opportunità di promuovere la rigenerazione urbana e il rinnovo di ampie parti di nostre città. Con oltre due terzi della popolazione che vive in abitazioni di proprietà e un considerevole patrimonio immobiliare pubblico, il potenziale è notevole. Riguarda quartieri di abitazione sociale, ex aree industriali, ferroviarie o commerciali abbandonate, immobili pubblici fatiscenti o la cui destinazione è stata superata, come le ex caserme militari. Progetti di rigenerazione urbana come quelli di Scampia e Taverna del Ferro a Napoli, il riutilizzo della caserma Guido Reni a Roma, l’ex ospedale al Lido di Venezia, il riuso del Poligrafico dello Stato e tanti altri luoghi sono esempi positivi di realizzazioni concluse o in rampa di lancio.
I privati non stanno certo a guardare e il “caso Milano” testimonia quello che si può fare per rigenerare ampie porzioni di città. D’altra parte, nel dinamico panorama del mercato immobiliare, assistiamo all’emergere di una tendenza epocale che ridefinisce il volto delle città e la concezione stessa del settore anche grazie all’emergere di una sensibilità ambientale e alla necessità di adattare le aree urbane alle mutate esigenze di fasce di cittadini, soprattutto per le giovani famiglie. L’obiettivo 11 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile sottolinea l’importanza di creare città e insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili. La costruzione di edifici a basso impatto ambientale, la riqualificazione di edifici storici, la promozione di quartieri a basso consumo energetico e la creazione di spazi verdi sono solo alcune delle iniziative che stanno contribuendo a trasformare il volto delle città.
Ma non c’è solo la spinta alla sostenibilità. La riqualificazione delle città offre anche opportunità economiche significative. La trasformazione di aree in decadenza in quartieri desiderabili può aumentare il valore delle proprietà e attirare nuovi investitori. La rigenerazione urbana non è un mero ritocco delle città, ma un processo profondamente trasformativo che affronta molteplici aspetti, come appunto l’ottimizzazione delle risorse fisiche con la riqualificazione, la riorganizzazione e la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente. Gli interventi sociali per promuovere la coesione e la partecipazione dei cittadini, migliorando la qualità della vita nelle comunità urbane. Il miglioramento delle infrastrutture tecnologiche e delle connessioni, per offrire ai cittadini infrastrutture più moderne e sistemi di trasporto e servizi digitali più efficienti. Il miglioramento della qualità dell’aria, dell’acqua e la riduzione della produzione di rifiuti e delle emissioni di CO2. E anche i cantieri, se accompagnati con misure adeguate di coinvolgimento e comunicazione, possono diventare, da elementi di disturbo, opportunità di informazione, educazione e anche intrattenimento.
Ma non è solo una questione di idee, progetti e finanziamenti. I progetti richiedono il sostegno di istituzioni, investitori privati, ma soprattutto della società civile e, in primis, dei residenti. La trasformazione urbana può inevitabilmente generare conflitti a causa della ricollocazione delle comunità esistenti, degli interessi in contrasto tra investitori, residenti e istituzioni, dalla paura del cambiamento. Tensioni che sfociano in costituzione di comitati di protesta che spesso sono la causa dei rallentamenti, se non dello stop, dei processi di conversione.
Cosa fare, dunque? Gli interventi più illuminati si muovono su due linee di azione: la tutela degli investimenti attraverso un accompagnamento strategico del processo autorizzativo, progettuale o realizzativo e la comunicazione strategica. Detto in una sola parola, si tratta delle strategie di conflict management.
La gestione competente dei conflitti apre all’opportunità di cercare soluzioni più condivise quando ancora si è in tempo per adattare il progetto al contesto ed evitare investimenti troppo rischiosi, tutelando la reputazione degli investitori. Il conflict management richiede una gestione strategica che punta al coinvolgimento strutturato degli stakeholder della trasformazione urbana – istituzioni locali e decentrate, associazioni e parti sociali e gli stessi cittadini – per comprenderne appieno i bisogni, una comunicazione aperta e trasparente tra tutte le parti interessate e l’adozione di approcci alla decisione che tengano conto delle esigenze di tutte le parti coinvolte per soluzioni a somma positiva, in cui tutti possono vedere i propri bisogni soddisfatti. La rigenerazione urbana è un processo inclusivo che si basa sul dialogo, sui dibattiti pubblici e sulla comunicazione efficace. Più di tutto, quindi, conterà il coinvolgimento attivo di tutti gli attori interessati per combattere soste improvvise, cambi di direzione e messaggi contrastanti che si affastellano sul tema. Tutto ciò permetterà alla rigenerazione urbana di diventare il pilastro del futuro sostenibile delle città italiane e del Paese nel suo complesso.
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