Bce, Upb e Crif. Tre istituzioni. Tre soggetti imparziali che, mediante il loro operato, possono tranquillamente essere assimilati a cosiddetti “tecnici”. Ovviamente, nulla togliendo allo specifico ruolo, la portata di ciascuna entità cambia così come la funzione svolta, ma, a ben vedere, escludendo ogni eventuale remora, si può comunque giungere inequivocabilmente a una valutazione (oggettiva) di una loro indubbia imparzialità. A tale premessa ne consegue come un eventuale indirizzo formulato da essi possa equivalere a un monito, un avviso o in alcuni casi, a vera e propria regola. Escludendo le periodiche comunicazioni che, come da consuetudine, catalizzano l’attenzione dell’intera platea degli osservatori, ogni loro forma di studio, ricerca, valutazione pubblicata deve far riflettere. Una riflessione ancor più accurata soprattutto in caso di contestuale diffusione.
Tale circostanza, purtroppo, ieri, è accaduta trattando, inoltre, un tema molto ostico poiché foriero di una sempre più evidente ed ormai prossima crisi. Prescindendo dal corretto ordine cronologico che ha scandito le pubblicazioni del sopracitato autorevole tridente, il comune argomento, è stato quello relativo al mercato del credito o, per meglio dire, della crisi del mercato del credito.
Nel bollettino Bce emerge chiaramente come ci sia una stretta nell’Eurozona che, causa la politica monetaria in corso, vede famiglie e imprese estromesse dalla possibilità di poter ricorrere a forme di finanziamento. Mutui e finanziamenti registrano una flessione ben oltre la doppia cifra rispetto al trimestre precedente con soglie percentuali che vedono cifre nette negative nell’ordine dell’ 11% e 16% (rif. prestiti per acquisto abitazioni, credito al consumo e altre forme). Più “modesti”, invece, i ridimensionamenti in capo alle imprese (12% dal precedente 14%). Guardando al futuro il rapporto della Bce riporta la view degli istituti di credito che, attualmente, vedono un ulteriore indebolimento (seppur modesto) causa la revisione (più restrittiva) dei criteri riconducibili alle potenziali policy di erogazione.
Rientrando nei confini domestici anche l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) non rileva nulla di buono, ma, anzi, sentenzia attraverso un “neonato indicatore” che, misurando il disallineamento tra l’offerta e la domanda di credito, giunge a un valore numerico (proiettato su una scala da 0 a 100) oggi a quota 70 punti ovvero in prossimità di «un picco storico tra la fine del 2022 e l’avvio del 2023, pressoché analogo a quello registrato nel 2008».
Se ciò non bastasse, sempre Upb nel proprio documento fa emerge “l’inasprimento delle condizioni del credito” in dote alle imprese manifatturiere: «Un rapido peggioramento in tutto il 2022 delle condizioni di creditizie, rispetto alle necessità delle imprese. Parimenti le attese sulla liquidità peggiorano e il saldo fra giudizi positivi e negativi si è ridotto in settembre di due punti su base mensile». Sempre difficoltà nel credito, ma in altra diversa sede (quella immobiliare) si può leggere: «Nel complesso, la restrizione monetaria sembra trasmettere i propri effetti anche al mercato immobiliare: nel secondo trimestre le compravendite di abitazioni sono ancora diminuite e i prezzi si sono ridotti in termini reali; gli agenti immobiliari, intervistati fra giugno e luglio nell’indagine congiunturale sul mercato delle abitazioni condotta dalla Banca d’Italia, segnalano maggiori tempi di vendita e crescenti difficoltà di accesso ai mutui, con percentuali di risposte negative inedite dal 2014. I risultati dell’inchiesta trovano riscontro negli andamenti sui prestiti bancari, che mostrano in agosto una riduzione dei finanziamenti erogati a famiglie e imprese. Il sentiero discendente per i prestiti alle famiglie, intrapreso a partire dalla seconda metà del 2022, si è acuito da giugno».
Ultima, ma non certo per importanza, “la recensione” a questo brutto momento predisposta da Crif che sintetizza l’attuale stato: «Diminuisce del -19,4% la richiesta di mutui nei primi nove mesi del 2023». A questo, inoltre, l’aggiunta del corollario di Simone Capecchi (Executive Director di Crif): «In generale, in questi ultimi mesi, le richieste di finanziamento per le famiglie italiane hanno subito un rallentamento a causa dell’inflazione e del contesto geopolitico. Pertanto, un tema cruciale per le banche, da qui ai prossimi mesi, sarà quello della sostenibilità e della qualità del credito».
Da queste parole, appare evidente, come l’Italia stia vivendo una sorta di morsa quotidiana: da una parte troviamo gli italiani che vorrebbero ma non possono. Dall’altra, invece, coloro che hanno, ma potrebbero non avere più. Uno scenario dai possibili risvolti tetri, cupi, che non risparmia un destino già segnato e contraddistinto da una sola certezza: vivere un autunno diverso rispetto ai precedenti. Un autunno più freddo. Un autunno inconsueto. Come lo spettro di una (non auspicata) recessione.
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