Dimore per l’accoglienza, una compagnia tra famiglie

Dall'esperienza di Famiglie per l'accoglienza è nata dieci anni fa Dimore per l'accoglienza, una rete che oggi collega 13 case famiglia in Italia

Mentre tanti esperti analizzano la crisi della famiglia, pochi si accorgono delle novità che stanno nascendo come sempre in tempi di crisi. Famiglie che vanno ad abitare assieme senza perdere la loro specificità e si aiutano trattando i bambini che accolgono come i loro figli naturali. In un mondo in cui la più grande tragedia è essere soli è un esempio che vale per tutti.

L’APS “Dimore per l’accoglienza” è una rete che collega oggi 13 case famiglia in Italia, nata nel 2013 per una bellissima intuizione di Lia Sanicola, docente universitaria tra i fondatori dell’Associazione “Famiglie per l’accoglienza”. Le “Dimore” hanno una caratteristica in comune: essere opera, rimanendo contemporaneamente famiglia. Un’esperienza particolare, un’avventura che aveva bisogno di un luogo specifico, di condivisione, che aiutasse le famiglie di ogni casa a crescere in consapevolezza e maturità rispetto a un cammino tipicamente vocazionale. Una rete di amicizia innanzitutto, un punto di paragone con cui confrontarsi.

Ciascuna casa è diversa per storia, composizione, stile di vita, rapporto col territorio, e naturalmente per le persone accolte: chi dà disponibilità per neonati in emergenza, chi per adolescenti, chi ha strutture adatte a ospitare nuclei monoparentali, dunque adulti in difficoltà. Le famiglie fondatrici hanno in comune la provenienza da “Famiglie per l’accoglienza”, nel cui alveo è maturata la loro vocazione e decisione. Il legame si è consolidato negli anni e oggi essa è per tutte un punto di riferimento fondamentale nello sviluppo dell’esperienza della casa.

Di “Famiglie per l’accoglienza” le case di “Dimore” condividono cultura e metodo educativo, anche se l’accoglienza in una singola famiglia non è identica a quella che si sperimenta in casa-famiglia: qui si accolgono quasi sempre bambini e ragazzi non semplici, collocati con urgenza, in situazioni di rischio, magari entrati nella casa in attesa di affido o adozione, o madri che vanno protette da violenze familiari, allontanate in fretta coi figli dal luogo di residenza.

Il metodo educativo è centrato sulla stabilità di un luogo accogliente, sulla qualità dei gesti della vita quotidiana attraverso i quali si trasmettono significati e valori, sulla convivenza connotata da un clima affettivo colmo di attenzioni per ognuno singolarmente, sull’unità della coppia – prima risorsa della famiglia – che stabilisce e sorregge il clima familiare ed è contributo di bene e di certezza per tutti.

Gli interventi educativi mettono al centro la positività di ogni accolto, le sue risorse, il suo presente, tenendo conto della sua storia. Egli è sollecitato a partecipare attivamente alla vita della casa, a mettere in gioco le proprie capacità, dando il proprio contributo al benessere di tutti: ciò costituisce un fattore di maturazione della fiducia in se stessi e della responsabilità personale. La famiglia offre un modo di essere e di concepirsi: nel tempo, ognuno deciderà se ciò che ha incontrato e ricevuto corrisponde al proprio desiderio.

I figli naturali si rapportano con gli accolti come fratelli, appartenenti tutti alla stessa famiglia, condividendo responsabilità, gioie e dolori. Intorno alla Dimora ruotano educatori professionali e volontari: insegnanti che aiutano i minori nello studio, giovani e adulti che sostengono la coppia nella manutenzione della casa o degli spazi verdi… L’aiuto è sempre su due fronti, quello materiale e quello relazionale con gli accolti. Si viene a creare un rapporto privilegiato con la famiglia accogliente, condividendo significato e scopo dell’opera.

Padri e madri si sentono, si scrivono, raccontando ciò che accade nelle case. Vengono svolti incontri di convivenza periodici nei quali, su tematiche individuate a partire da ciò che la vita fa emergere, si dialoga, si domanda un aiuto, sia tutti insieme, a livello nazionale, sia mediante momenti tra case della stessa regione. Gli incontri si svolgono sempre presso una delle Dimore, in giro per l’Italia, ed è l’occasione per dirsi le novità, la bellezza e le fatiche degli ultimi mesi. Una caratteristica comune è la cura con cui le case sono rese luoghi di bellezza, che apre il cuore a chi è accolto e a chi accoglie. “Dimore” organizza vacanze insieme, sempre in luoghi d’arte; alcune case passano un periodo in estate al mare o in montagna, con gli amici che sostengono in vario modo la loro esperienza.

Le case famiglia attingono anche agli strumenti messi a disposizione da “Famiglie per l’accoglienza” a livello locale e nazionale: la formazione, i gruppi di mutuo aiuto tra famiglie affidatarie, che talvolta si svolgono proprio presso la casa, i momenti assembleari. I coniugi di “Dimore” seguono incontri di formazione su diverse tematiche, spesso scelte per rispondere a precise esigenze e difficoltà, mentre gli educatori seguono un percorso specifico. I temi vanno dal progettare e utilizzare gli spazi della casa, fino ai criteri di valutazione per le nuove accoglienze. E poi focus sull’affettività, sul valore dell’origine, sul dolore dei bambini o sull’accompagnamento degli adolescenti, sullo stare di fronte a successi e insuccessi educativi…

Ad aiutare le famiglie su temi quali “la speranza”, “la fiducia” “la certezza” “Dimore” ha coinvolto docenti di filosofia, pedagogia, neuropsichiatri, educatori di grande esperienza. Il confronto con loro genera sempre un dibattito e dei momenti di approfondimento a livello locale. Una continua e importante presenza è quella di Mons. Massimo Camisasca, che più volte ha affrontato la questione della vocazione nell’esperienza delle case.

“Dimore” è una compagnia “in crescita”: ci sono coniugi che stanno seguendo il cammino per verificare se la casa-famiglia sia una modalità adeguata alla loro storia; ci sono case-famiglia già avviate, provenienti da altri ambiti ed esperienze, che hanno voluto conoscere “Dimore” perché interessate a questa modalità di farsi compagnia; ci sono case-famiglia all’estero, che con questa rete condividono origine e metodo.

L’amicizia tra le Dimore infine salva dal rischio di “autoreferenzialità”, e rilancia sempre a “buttare la rete dall’altra parte della barca”, aiutando ad alzare lo sguardo per il bene degli adulti e dei figli.

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