Paolo Di Lazzaro, Dirigente di Ricerca presso il Centro Ricerche Enea di Frascati, dove lavora allo sviluppo di sistemi laser e ai meccanismi di interazione della luce con la materia, insignito nel corso della carriera di numerosi premi e con all’attivo centinaia e centinaia di pubblicazioni, ha sviluppato un progetto in grado di ridurre del 50% la quantità di pesticidi ed incrementarne il valore nutraceutico, senza usare sostanze chimiche. A Il Messaggero, racconta: “Ogni anno nel mondo si consumano 2 milioni di tonnellate di pesticidi e fitofarmaci usati in agricoltura, una quantità enorme che crea problemi di salute sia ai coltivatori, che sono esposti quotidianamente alla chimica, ma anche a tutti noi consumatori”. Infatti, “ogni volta che beviamo un bicchiere di vino e mangiamo la verdura, anche cotta, ingeriamo una quota di pesticidi che non vengono rimossi dal lavaggio e questo lo dicono diversi studi scientifici”.
Sul tema, l’Europa ha stabilito che entro il 2030 “bisognerà ridurre del 50% l’uso dei fitofarmaci, anche se non è ancora chiaro se si tratti di un invito o se sia vincolante per i paesi della Comunità. Ad ogni modo bisogna prepararsi, perché ridurre l’impiego significa diminuire il raccolto, quindi il profitto economico dei coltivatori”. Dunque, bisogna trovare una tecnologia alternativa”. Il suo gruppo di ricerca sta portando avanti “studi sull’effetto Ormesi, una reazione biologica della pianta, stressata da agenti esterni, che reagisce producendo all’interno della cellula delle sostanze che l’aiutano a resistere agli attacchi esterni, come quelli dei patogeni. Stiamo sollecitando questo effetto con la luce ultravioletta di banda C, che crea uno stress positivo a cui la pianta reagisce con la produzione di particolari metaboliti, che per analogia e semplicità potremmo definire anticorpi, in grado di aumentare le difese naturali e quindi la resistenza ai patogeni delle piante stesse”.
Pesticidi nocivi, un drone per irraggiare le piante
Insieme al suo team, Paolo Di Lazzaro ha realizzato “in laboratorio delle matrici di led, che emettono l’ultravioletto in modo costante nel tempo, permettendo così di impostare la dose giusta che abbiamo calcolato in 11 secondi. Questo è il tempo sufficiente per generare l’effetto Ormesi, emettendo la luce led dall’alto verso il basso”. Le piante scelte per ridurre i pesticidi nocivi sono il “basilico, mele e limoni, semplicemente per la loro diffusione. Nel caso del basilico, l’esperimento è stato effettuato prima della raccolta, mentre per mele e limoni dopo essere stati raccolti. L’effetto Ormesi produce una resistenza maggiore ai patogeni, sia prima che dopo la raccolta e questo evita che vengano usati altri trattamenti sul frutto per prolungare la sua permanenza sui banchi del mercato“.
Alcune piante sono state “inoculate con il patogeno prima dell’irraggiamento, altre dopo l’irraggiamento ed altre infettate, ma senza usare la luce. Ed il risultato è stato che le piantine di basilico inoculate e non irraggiate, nel giro di un paio di settimane sono tutte morte, mentre quelle irraggiate e poi infettate solo nel 30% dei casi hanno presentato alcuni segni della patologia, ma il 70% ha resistito per 40 giorni, e poi hanno iniziato ad ammalarsi, anche a causa dell’invecchiamento fisiologico. Nel caso di mele e limoni invece, se non hanno ricevuto l’irraggiamento in pochi giorni si sono ammalati, mentre quelli sottoposti alla stimolazione della luce ultravioletta hanno resistito senza l’uso della chimica”, spiega lo studioso a Il Messaggero. Nelle analisi effettuate sulle piante è stato riscontrato un aumento di alcune sostanze che migliorano le difese naturali di piante e frutti. Il gruppo sta ora pensando di introdurre comuni droni “che sorvolerebbero la porzione di piante da irraggiare per gli 11 secondi necessari e poi si sposterebbero alla successiva, in modo che in poche ore potrebbero coprire la totalità del terreno. L’altra soluzione, invece, è usare dei trattori con due grosse ali riempite di led che camminano lentamente tra i filari, ma la soluzione dei droni è preferibile perché può essere posizionato fino ad un centimetro di distanza dalla pianta”.