Caro direttore,
un nuovo imperativo categorico e universale deve scuotere le nostre coscienze assuefatte dal torpore morale e dalla trascuratezza esistenziale. “Civili bombardati di tutti i popoli, inquietateci”. È un comando che viene al nostro intimo non solo dai gravissimi fatti recenti, ma da un oltre. Impone al nostro sguardo, troppe volte distratto dal nulla, le tante immagini non trasmesse e non viste, ma reali. Corpi distrutti e subito dimenticati: effetti collaterali di politiche di potenza che ignorano e sovrastano i popoli. E l’inquietudine non deve essere solo per la loro morte raccapricciante, ma anche per la scelta arbitraria che l’ha prodotta: l’azzardo.
Gli ultimi venti anni della politica internazionale, infatti, sono stati caratterizzati dall’avvento dell’azzardo nelle scelte di chi decide. Un dado lanciato sul tavolo da gioco senza rispettare linee e limiti. L’azzardo è frutto di una hybris che non vede la possibilità del tragico. Pensiamo all’invasione americana dell’Iraq con l’intento di esportare la democrazia in Medio Oriente, e guardiamo i risultati disastrosi: la destabilizzazione dell’area, l’insicurezza costante per la popolazione e la nascita dell’Isis. Una scelta massimamente pericolosa sostenuta da neoconservatori affetti da giacobinismo ed eccezionalisti ispirati al fideismo irrazionalistico. A quella scelta gravemente rischiosa Francia e Germania seppero con coraggio dire no. Non prevalse la vuota retorica di chi sosteneva che gli europei sono di Venere, mentre gli americani di Marte. Dopo due guerre mondiali, infatti, gli europei sanno bene che cos’è la guerra in casa, gli americani no.
Ricordiamo poi l’attacco alla Libia di Gheddafi fatto senza un vero piano per il dopo. Un azzardo che ha prodotto problemi seri nell’area mediterranea e un’ulteriore complicazione per il nostro Paese, già costretto a un’attenzione speciale al Kosovo, luogo dal quale diversi islamisti andarono a combattere per l’Isis. Al posto di un dittatore, certamente crudele, oggi troviamo due entità contrapposte: la Tripolitania e la Cirenaica nemiche tra loro, con miriadi di capi schiavisti e capetti pericolosamente armati, vicini all’Italia.
Che dire poi dell’aleatoria incertezza mantenuta con l’Ucraina? Né con la Nato, né con l’Ue, né neutrale. Un Paese importante e strategico tenuto nel mezzo del guado per troppo tempo ed esposto a una potenziale minaccia esistenziale, dopo il terribile attacco russo alla Georgia (2008) e l’annessione della Crimea (2014).
Poi l’incredibile azzardo russo con la creazione di un rischio internazionale grave. Non una piccola incursione nel Donbass come paventato da Biden, ma un’invasione da diverse direttrici, volta a strappare territori estesi a uno Stato sovrano, vasto e popoloso. A seguire, la legittima difesa di un popolo che non vuole essere sottomesso all’autocrazia, ma vivere libero nella democrazia. Poi crimini contro civili ucraini e una battaglia rischiosa vicino a una grande centrale nucleare. Chernobyl dimenticata, Svetlana Aleksievič non letta e inascoltati i richiami dell’Aiea. Nel nome del neoimperialismo si possono violare confini senza scrupoli e oltrepassare volontà contrarie. Si può tornare, inoltre, a celebrare un passato fatto di sangue con l’erezione di una statua a Feliks Dzeržinskij, dimenticando i milioni di uomini diventati schegge da eliminare (Zazubrin).
E poi l’azzardo al rialzo di Hamas con la strage degli innocenti. Portare l’odio al massimo grado, in modo da produrre in Israele mosse di potenza illimitata e di ritorsione sconsiderata. Nell’ottica jihadista la caduta nella vertigine dell’odio supremo e totale, instillato da immagini continue di bimbi rapiti e ostaggi usati come scudi umani, dovrebbe condurre a reazioni violentissime e definitive o a gravi punti di non ritorno, tali da isolare Israele a tutti i livelli. Una sorta di folle roulette russa che scommette sul buio.
Insomma, tutti i giochi di azzardo stanno portando l’umanità al precipizio. L’azzardo infatti ha, per sua natura, a che fare con l’imprevedibile e l’incontrollabile. Ecco perché bisogna sostenere la diplomazia vaticana nella sua azione di pace. Si tratta di promuovere prudenza e de-escalation. Bisogna evitare, infatti, un epocale e nefasto scontro di civiltà. È necessario, inoltre, che anche l’Italia trovi la forza di dire qualche no alla guerra infinita, marcando la sua netta posizione occidentalista, ma anche allo stesso tempo universalista, e decisamente interessata a un estero vicino non bagnato di sangue.
Si spera, poi, che chi decide le sorti dell’umanità si metta le mani sulla coscienza. La pace giusta e vera, oggi, non è possibile, certo. La democrazia non può accettare la tirannia: la libertà e il rispetto dei diritti umani sono decisivi. Va anche considerato e sottolineato che il primo dei diritti umani è quello alla vita. Non possiamo più dimenticare tutti i civili che soffrono e non hanno colpe. Gli innocenti morti in un ospedale bombardato a Gaza sono un grido che ferisce la ragione. Le vite spezzate dei civili inermi sono un comando alla desistenza. Perciò, forse, andrebbero almeno cercati accordi limitati di non guerra e non terrorismo per la salvezza dei civili. A questo dovrebbero concorrere tutte le grandi potenze. Si potrebbe partire, innanzitutto, dalla necessaria limitazione degli armamenti nucleari e poi, dal raffreddamento concordato di azioni di guerra in tutte le aree del mondo in cui sono a repentaglio la sicurezza internazionale e le vite dei civili.
I popoli sanno che il vero bene non consiste nella distruzione o nell’autodistruzione. Gli uomini nel loro cuore profondo vogliono pace e libertà. Bisogna perciò passare dall’azzardo al senso del limite. Un passo indietro, oggi, può essere il vero passo avanti.
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