“Se non è peggio della Fornero, poco ci manca”: non usa troppi giri di parole Alberto Brambilla. Intervistato da La Verità, il presidente di Itinerari Previdenziali si è soffermato sulla riforma delle pensioni, spiegato che il “combinato disposto che si è prodotto tra il mettere mano alla previdenza e gli sconti contributivi può portare l’Inps ad avere meno entrate per 50 miliardi in tre anni”.
Come evidenziato da Brambilla, con questo testo va delusa la promessa di mandare in pensione prima fare posto ai giovani: “Ma perchè nella riforma pensioni non si è voluto incidere sul tema Fornero. Non esiste che si vada in pensione con 67 anni di età e con 43 anni e mezzo di contributi”. Per l’esperto sarebbe necessario reintrodurre una flessibilità in uscita, ma non mancano le critiche anche al taglio dell’adegamento all’inflazione delle pensioni alte.
Il punto di vista di Brambilla sulla riforma pensioni
“Porre l’asticella a 10 volte la pensione sociale significa incidere sugli assegni di chi percepisce meno di 4.000 euro netti. Ma sono le pensioni di dirigenti, di persone che hanno pagato fino all’ultimo per una vita. A queste persone, che magari hanno 80 anni e non possono più fare nulla, si porta via il 10% del loro potere di acquisto, che è un’enormità”, le parole di Brambilla: “Queste categorie si vedono decurtare in dieci anni 120.000 euro: è ingiusto. Sono persuaso che sul mancato adeguamento fioccheranno decine di migliaia di ricorsi e stavolta c’è un’altissima probabilità che lo Stato perda. Dopo si deve reintegrare con tanto d’interessi”.
E c’è uno squilibrio sul versante del welfare da non sottovalutare, Brambilla ha infatti sottolineato che lo Stato paga 4 milioni e mezzo di pensioni di invalidità su 16 milioni di assegni e tra questi ce ne sono tanti che non hanno versato nulla. E la legge di bilancio e altri fattori rendono sconveniente lavorare in chiaro: “Bisognerebbe raddoppiare lo stipendio per rendere il lavoro appetibile. Invece molti preferiscono lavorare in nero e tenersi i benefici”.