Vedere ma non toccare, e neppure fotografare: è la condizione in cui si svolgerà l’udienza del 20 novembre prossimo in cui avverrà la “ostensione” dei reperti del caso Yara Gambirasio, prima volta per la difesa di Massimo Bossetti che potrà così visionare cosa è rimasto degli elementi che hanno inchiodato l’ex muratore di Mapello al profilo dell’assassino della 13enne portandolo alla condanna definitiva all’ergastolo. Secondo uno dei legali dell’uomo, Claudio Salvagni, si tratta di un punto di partenza “prodromico” allo step successivo, che potrebbe eventualmente scattare con separata istanza, cioè quello della analisi dei reperti da parte dei consulenti del detenuto.
Non è scontato che quest’ultima sarà ammessa dai giudici, come sottolineato ai microfoni della trasmissione Iceberg dall’avvocato Taormina, interpellato sulla concessione di un accesso per ora limitato alla mera ricognizione nonostante Bossetti chieda, da sempre, di poter effettuare accertamenti scientifici sul materiale genetico a lui attribuito. Secondo Taormina, se l’ostensione (cioè il semplice atto di “mostrare” alla difesa cosa contengono le scatole conservate nell’Ufficio corpi di reato del Tribunale di Bergamo) non sfocerà nel via libera agli esami si può parlare di “una presa in giro“. Una sorta di “contentino” che, ai fini di una ipotesi di revisione del processo, non porterebbe a nulla. L’ennesimo vicolo cieco che impedirebbe alla difesa di Bossetti di analizzare indumenti della vittima e campioni di Dna.
Bossetti può vedere i reperti del caso Yara, ma nessuna analisi. Salvagni: “È comunque un punto di partenza”
I reperti dell’omicidio di Yara Gambirasio potranno essere visti dalla difesa, ma non analizzati e neppure fotografati. Nell’udienza del 20 novembre prossimo davanti alla Corte d’Assise di Bergamo durante la quale è prevista la mera “ostensione” degli stessi – tra cui leggings e slip della 13enne e le famose provette di Dna date per esaurite in sentenza – non sono ammesse riprese e foto. Quel giorno, ha spiegato Salvagni, saranno tolti i sigilli agli scatoloni che conterrebbero, tra le varie cose, anche i leggings e gli slip della ginnasta di Brembate di Sopra uccisa nel 2010 e sui quali fu isolato il Dna attribuito a Massimo Bossetti (inizialmente identificato come “Ignoto 1“). I reperti che saranno mostrati ai legali del detenuto dovrebbero comprendere anche i campioni di Dna.
La difesa potrà successivamente presentare una nuova istanza per chiedere di analizzare i reperti e, se dovesse emergere qualcosa di nuovo, passare alla eventuale richiesta di revisione del processo. L’avvocato Claudio Salvagni ha precisato quanto segue ai microfoni di Iceberg, tramissione condotta da Marco Oliva su Telelombardia: “L’ostensione prevede che i reperti siano mostrati e messi in bella vista, tutti i reperti. Non sappiamo esattamente cosa c’è, finché non viene aperto lo scatolone non lo sapremo. L’osservazione del reperto comporta la visione a 360 gradi e l’esame visivo dello stesso. Consideriamo che questa cosa l’abbiamo chiesta per 9 anni e anche la semplice visione non è stata concessa. È evidente che questa è una attività prodromica al successivo esame dei reperti“.