Come accaduto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, anche in Israele si usa lo sperma dei soldati morti per fecondare i loro partner. Stando a quanto riportato dal Frankfurter Allgemeine Zeitung, dopo l’attacco di Hamas, il numero delle procedure è aumentato notevolmente. In un’intervista al canale televisivo britannico Sky News, una sopravvissuta ha raccontato di nutrire ancora la speranza di realizzare il desiderio di allargare la famiglia, anche se il marito è morto. Shaylee Atary, questo il suo nome, vuole che il corpo del marito venga identificato il prima possibile per ottenere un’estrazione di sperma post mortem. Anche se ha perso il marito, vuole usare la tecnologia medica per realizzare il loro sogno comune. “La famiglia e i bambini sono molto importanti nella società israeliana, e questo è uno dei motivi per cui Israele è uno dei pionieri della medicina riproduttiva“, dichiara la dottoressa Noga Fuchs Weizman, specialista della fertilità presso l’ospedale Ichilov di Tel Aviv.
La fecondazione in vitro, infatti, è da tempo diffusa in Israele, inoltre la crioconservazione è una procedura di routine nelle cliniche della fertilità e sta diventando sempre più popolare tra le giovani donne. Peraltro, solo in pochi altri Paesi le misure di pianificazione familiare sono così pesantemente sovvenzionate dallo Stato come in Israele. Ad esempio, l’inseminazione artificiale è gratuita per le donne fino a 45 anni, mentre il congelamento degli ovuli è relativamente economico e di facile accesso, costa meno di 3mila euro.
ISRAELE, UNITA’ SPECIALE PER RACCOLTA SPERMA POST-MORTEM
La donazione di sperma post-mortem è stata ripetutamente oggetto di dibattito pubblico negli ultimi anni, in parte proprio per le tensioni in Medio Oriente. Dal 2003, i partner dei soldati uccisi possono farsi estrarre lo sperma e procedere con la fecondazione. Ma fino al 7 ottobre, i genitori dovevano ottenere un’ordinanza del tribunale in un procedimento sommario per l’estrazione dello sperma, che veniva approvata nella maggior parte dei casi. Dopo l’attacco di Hamas, fa notare Faz, ai genitori è stato permesso di raccogliere lo sperma dei loro figli morti senza l’autorizzazione del tribunale, almeno temporaneamente. Anche le questioni morali relative al prelievo di sperma sono state discusse per molti anni. I critici ritengono che non è giustificabile mettere al mondo bambini che cresceranno senza un padre. Anche la questione se sia comprensibile che il concepimento postumo sia davvero nell’interesse del defunto è oggetto di un acceso dibattito.
Per il tenente colonnello Irit Oren Gunders, fondatrice di Or Lamishpachot, la raccolta dello sperma è anche una questione di sopravvivenza e di continuazione delle famiglie ebraiche. “I bambini che nascono non sono orfani. Sono figli di eroi e hanno famiglie che li vogliono“. La questione della sopravvivenza è diventata ancora più acuta dopo gli attacchi mortali di Hamas. Dallo scoppio della guerra, infatti, il Ministero della Sanità israeliano e l’esercito hanno istituito una propria unità speciale per la raccolta dello sperma post-mortem, disponibile 24 ore su 24 e gratuita per i familiari. Secondo i media israeliani, finora 33 famiglie hanno recuperato lo sperma dei loro figli morti, tra cui 4 civili e soldati.
I LIMITI DI QUESTE OPZIONI MEDICHE
Il discorso non cambia per le donne soldato che in Israele vanno in guerra. Teoricamente, dicono i medici, è anche possibile rimuovere gli ovociti dal corpo di una donna morta, ma la procedura è molto complessa. Le donne vive dovrebbero già assumere ormoni per aumentare la fertilità al fine di recuperare gli ovuli. Invece, nel caso di donne morte, gli ovuli dovrebbero essere fatti maturare al di fuori del corpo e mantenuti fertili, cosa che però non viene ancora fatta in Israele. D’altra parte, anche le opzioni mediche per gli uomini hanno dei limiti: ad esempio, lo sperma va raccolto il prima possibile dopo la morte, idealmente entro i primi due giorni. Ma attualmente i medici israeliani stanno rimuovendo il tessuto testicolare per l’estrazione dello sperma fino a 72 ore dopo l’inizio della morte.