L’ESERCITO DI ISRAELE ENTRA NEL PARLAMENTO DI GAZA: “HAMAS HA PERSO IL CONTROLLO”
Una foto campeggia sui canali social dell’esercito di Israele nella serata di lunedì: i soldati della Brigata Golani sono penetrati nel Parlamento di Gaza City prendendone il controllo rendendo virale l’immagine del controllo all’interno del centro città. «Hamas ha perso il controllo di Gaza, non ha il potere di fermare l’esercito»: l’annuncio è stato dato dal ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, secondo il quale i terroristi stanno fuggendo al sud e i civili stanno saccheggiando le loro basi. Non hanno più fiducia nel governo palestinese».
Mentre sono comunque diminuiti i lanci di razzi di Hamas verso Tel Aviv con l’avanzare della guerra dentro la Striscia, la minaccia delle milizie islamiste palestinesi giunge con un richiamo di Ahmed Abdul Hadi, membro Hamas da Beirut: «Hezbollah entrerà pienamente in guerra con Israele se Hamas sarà completamente distrutta a Gaza. Ora non è il momento ma La linea rossa per Hezbollah è la totale distruzione della resistenza a Gaza». Mentre prosegue lo scontro internazionale sulle responsabilità dietro gli attacchi all’ospedale Al-Shifa a Gaza, in serata arriva un richiamo alle azioni isralieane dall’alleato principale, il Presidente Usa Joe Biden: «servono azioni meno invasive contro l’ospedale Al-Shifa».
NUOVO SCONTRO ISRAELE-HEZBOLLAH. APRE IL VALICO DI RAFAH PER ALTRE 4 ORE GRAZIE ALLA TREGUA
Per la giornata di oggi Israele ha annunciato una pausa umanitaria di quattro ore (dalle 10 fino alle 14) a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, con annessa «sospensione tattica delle attività militari»: a quanto risulta è la prima volta che Israele osserva una pausa umanitaria nel settore a sud del Wadi Gaza, osservano gli analisti internazionali. Corridoi aperti nel valico di Rafah con l’Egitto, con nuovi aiuti inviati dentro la Striscia e con l’assistenza ai feriti civili palestinesi in fuga dalla guerra a nord tra Israele e Hamas.
Secondo la radio pubblica israeliana Kan, il valico di Rafah di transito verso l’Egitto «è stato aperto per consentire l’uscita di circa 500 persone in possesso di una doppia nazionalità»; previsto in giornata l’ingresso di 85 camion di aiuti umanitari. Continua invece l’emergenza umanitaria presso gli ospedali dentro la Striscia, con gli appelli dell’ONU per estendere la tregua anche nei prossimi giorni presso le aree vicino alle strutture sanitarie. Israele sottolinea però come Hamas decida scientemente di spostare armi e nascondigli strategici proprio a ridosso degli ospedali, sfruttando l’elemento umanitario come “scudo” per la propria lotta armata contro lo Stato ebraico. «Chi pensa di poter estendere gli attacchi contro le nostre forze e i nostri civili gioca con il fuoco»: lo ha detto il premier Benjamin Netanyahu, riferendosi alla situazione al confine nord di Israele con nuovi scambi di raid ancora oggi tra esercito israeliano e milizie di Hezbollah, «Al fuoco risponderemo con un fuoco ancora maggiore. Non ci mettano alla prova. Finora abbiamo mostrato solo una minima parte delle nostre potenzialità».
LE ULTIME NOTIZIE SULLA GUERRA IN MEDIO ORIENTE: ALLARME OSPEDALI, OSTAGGI NON LIBERATI
L’allarme nell’allarme: la situazione degli ospedali a Gaza rappresenta al momento il tema più complicato nella guerra fratricida in corso ormai da più di un mese tra Israele e Hamas. Il posizionare ostaggi e armi a ridosso dei principali centri sanitari di Gaza City ha provocato in queste settimane diversi raid vicino o alle volte purtroppo anche contro le strutture dove operatori e feriti versavano già in stato difficile per la mancanza di approvvigionamenti base. Dopo le ultime schermaglie sull’ospedale di Al-Shifa – con le accuse e contro accuse di raid tra Israele e Hamas – l’annuncio stamane del viceministro della Sanità di Hamas, Youssef Abu Rish, è inquietante: «Tutti gli ospedali nel nord della Striscia di Gaza sono fuori servizio».
In attesa di capire se l’informazione fornita sia del tutto verificale, resta comunque altissima la tensione sul fronte feriti vista l’indisponibilità di quasi tutto il nord di Gaza per le cure anche solo di prima necessità. «Almeno tre infermieri sono morti nell’ospedale Al-Shifa», denuncia un bollettino delle Nazioni Unite ripreso dalla Bbc, «infrastrutture vitali dell’ospedale, come la macchina per produrre ossigeno, i serbatoi d’acqua e un pozzo, l’unità cardiovascolare e il reparto maternità, sono state danneggiate». Il tutto mentre i combattimenti di guerra tra Israele e Hamas proseguono senza sosta, tra la guerriglia per le vie di Gaza City e i tentativi di colpire i miliziani terroristi nascosti sotto i cunicoli: appelli da ONU, Ue, Usa e Paesi Arabi tutti impegnati a far cessare il conflitto al più presto per permettere la liberazione degli ostaggi e il progetto sui “due Stati” (Israele e Palestina), mai come ora però così lontano.
IL PIANO SEGRETO DI HAMAS CON LA GUERRA DEL 7 OTTOBRE: L’ANALISI DEL WP
La guerra contro Hamas però non è l’unico fronte combattuto da Israele in queste settimane: se infatti proseguono gli scontri con i palestinesi in Cisgiordania, non si placa lo scambio di raid e missili al confine con il Libano contro le milizie filo-palestinesi di Hezbollah. Esattamente come avvenuto nel weekend con i raid sul Dolan, stamane nuovo lancio di un missile anti tank dal Libano verso il villaggio israeliano di Netua: in queste ore l’artiglieria israeliana sta colpendo la postazione oltre confine da dove è partito il lancio.
Le dinamiche internazionali per mediare sulla sempre più complicata guerra in Medio Oriente proseguono a fatica, con l’ostacolo in più della promessa fatta da Netanyahu di non voler lasciare Gaza in mano alla Autorità Palestinese dopo la fine del conflitto, sconfessando il piano americano già concordato con i Paesi arabi. In attesa di capire l’evoluzione di uno scontro che non sembra avere fine, stamane il Washington Post rivela il piano in capo ad Hamas prima del 7 ottobre: l’attacco contro Israele era sì un colpo inferto all’odiato nemico sionista, ma si sarebbe stato dell’altro. «Hamas non voleva solo ‘uccidere il maggior numero possibile di israeliani e prendere quanti più ostaggi», bensì intendeva anche «scatenare una guerra regionale, un conflitto più ampio e profondo». Le prove sarebbero state indicate da funzionari della sicurezza e dell’intelligence occidentale, compresi gli 007 in Medioriente: il piano era attaccare Israele ma anche arrivare fino alla Cisgiordania, «infliggendo così anche un duro colpo all’Autorità nazionale palestinese (Anp)».