Josep Borrell, rappresentante della Ue per gli Affari esteri, mette in guardia l’Europa sull’Ucraina. Addirittura la invita a pensare a come sopperire a un eventuale taglio degli aiuti Usa. In realtà proprio l’Unione Europea rischia di restare con il cerino in mano e di finire col portare da sola il peso di una possibile sconfitta di Kiev. La stanchezza dell’Occidente nel sostenere la guerra ormai è un dato di fatto, e non basta qualche nuova promessa di armi e munizioni, come quelle arrivate dalla stessa Ue, dalla Germania e dalla Francia, per cancellare la sensazione che in molti nelle cancellerie occidentali vorrebbero chiudere il conflitto. Una stanchezza che si accompagna alle difficoltà che Zelensky sta incontrando in patria, certificate dall’allontanamento di altri tre comandanti.
Per questo, osserva Marco Bertolini, già comandante del Coi e della Brigata Folgore in numerosi teatri operativi, tra cui Libano, Somalia, Afghanistan e Kosovo, l’Unione Europea sembra venirgli in soccorso facendo balenare la possibilità di avviare le procedure per l’entrata dell’Ucraina nel novero dei 27: sul campo di battaglia, però, continuano le perdite su entrambi i fronti, anche se ora la pressione la stanno esercitando i russi, in particolare ad Adviivka.
Generale, Borrell promette un milione di munizioni all’Ucraina anche se finora l’Europa ne ha inviate 300mila, ma soprattutto invita la Ue a prendere in considerazione un taglio degli aiuti Usa, subentrando per sostenere Kiev. Bruxelles ha la forza per farlo?
Se viene a mancare il supporto americano l’Europa ha ben poco da fare, resterebbe con il cerino in mano. Questa dichiarazione di Borrell è il segno che la Ue ha perso la cognizione di quello che sta succedendo a casa nostra. Molti Paesi hanno espresso una stanchezza di fronte a questa guerra. Gli Stati Uniti stanno pensando al Medio Oriente e Bruxelles, che ha sposato senza se e senza ma la causa degli americani, si trova costretta ad andare avanti per non perdere la faccia. La Ue non è in grado di produrre quello che è necessario per sostenere efficacemente Zelensky. Può solo fare in modo che questa strage continua non finisca: i russi, ma soprattutto gli ucraini, stanno registrando grandi perdite.
La Germania promette il raddoppio degli aiuti, la Francia si sta accordando con l’Ucraina per la vendita di armi: iniziative che segnalano una inversione di tendenza nei confronti di Kiev oppure che di fatto non cambiano la situazione?
Ripeto: senza gli Usa non si può fare molto. Qualcuno in Italia ha visto convertire le fabbriche per la produzione di pentole in aziende per realizzare munizioni per gli obici? No, non è successo. C’è qualche Paese più attivo di altri, ma non quella mobilitazione che sarebbe necessaria. L’Europa si accorgerà tardi della situazione e fino ad allora continuerà a spremere le proprie risorse.
Nel rapporto sull’allargamento della Ue dell’esecutivo europeo si dice che l’Ucraina ha concluso quattro step su sette per ottenere i requisiti necessari ad entrare nell’Unione. Anche il ministro degli Esteri Kuleba ha chiesto di avviare prima possibile le procedure. Kiev si è davvero avvicinata ai target delle nostre democrazie?
Sono dichiarazioni di facciata. Non vedo tutti questi passi avanti. I militari riservisti vengono reclutati a forza. L’Europa deve portare avanti questa idea della guerra e lo fa pervicacemente. L’approdo nella Ue sarebbe un successo parziale per Zelensky: adesso c’è la necessità di dargli ossigeno perché è in crisi nel suo Paese. Lo è con i vertici militari, con Zaluzhny, secondo il quale la controffensiva è andata male, mentre Zelensky dice il contrario. Il presidente poi starebbe cacciando altri tre comandanti. Ci sono altri che si stanno scaldando per prendere il suo posto: Alexey Arestovych, che era un suo consigliere, adesso si atteggia a suo delfino, a suo sostituto. Credo che Zelensky abbia un po’ stancato in Ucraina. L’Europa sarebbe sconfitta insieme a lui se dovesse essere sostituto e quindi lo appoggia accreditando la possibilità di entrare nella Ue. Non sarebbe come entrare nella Nato, ma per lui sarebbe un passo in avanti notevole, che gli darebbe respiro.
Il segretario di Stato americano Anthony Blinken ha promesso sostegno Usa per l’inverno al direttore dell’ufficio della presidenza ucraina Andriy Yermak. Anche il segretario della Nato Stoltenberg ha auspicato di rinforzare il sostegno all’Ucraina. Nelle dichiarazioni sembra che anche sul versante atlantico non si sia cambiato idea. È così?
Gli americani non possono abbandonare completamente gli ucraini, continueranno a sostenerli. Non potranno farlo all’infinito, anche perché non hanno più le risorse da buttare in quel pozzo senza fondo che è la guerra in Ucraina. La Russia è il grande nemico degli Usa, chi combatte contro Mosca è amico degli Stati Uniti. Gli ucraini avranno il supporto possibile: un anno fa Washington poteva dare materiali, munizioni, armi che adesso non è più in condizione di dare. Il supporto in generale l’Ucraina continuerà ad averlo ancora a lungo, ma non come prima.
Il ministro degli Esteri ucraino Kuleba ha chiesto all’Europa di fare in fretta anche sul previsto nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Sarebbe il dodicesimo. Solo l’Ungheria si opporrebbe invitando la Ue a valutare i danni che questa guerra ha causato all’economia europea. Bruxelles, invece, vuole insistere anche su questo fronte?
Mi sembra che l’Europa sia immersa in un cupio dissolvi. Che le sanzioni abbiano colpito prima noi che la Russia credo sia sotto gli occhi di tutti. Mosca continua a produrre quello di cui ha bisogno per portare avanti una guerra durissima e la sua economia non è andata in default come molti prevedevano, perché evidentemente ha trovato delle alternative. Noi, invece, proseguiamo con le sanzioni. È strano. È stato scoperto quello che dovrebbe essere il responsabile del sabotaggio del Nord Stream 2, che sarebbe un ex ufficiale ucraino, ma anche di fronte alla prova provata che è stato fatto un danno non solo alla Germania, ma a tutta l’Europa, non cambiamo strategia. L’Europa ha il problema di salvare la faccia, ma non è più importante che salvare la propria esistenza: mi sembra che si confonda l’una con l’altra. Insistere è diabolico.
Intende dire che l’Europa, arrivata al dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, questa volta relative ai diamanti, al prezzo del petrolio e agli escamotage messi in atto per aggirare le altre sanzioni, non potendo dire di avere sbagliato tutto, continua?
Esatto. Le nostre leadership politiche si sono compromesse troppo anche dal punto di vista delle dichiarazioni, definendo la Russia, con la quale commerciavamo prima della guerra, come il male assoluto, mentre l’Ucraina, che ha nel traffico dei figli per procura con la maternità surrogata uno dei suoi mercati più importanti, è il bene assoluto. A questo punto fare marcia indietro è difficile, anche tenendo conto che l’anno prossimo ci sono le elezioni europee.
Sul campo di battaglia intanto è cambiato qualcosa?
Non è cambiato niente: i successi della controffensiva ucraina si limitano ad alcune escrescenze di territorio prima occupate dai russi. Come ad esempio intorno a Bakhmut. Ma non è niente di sostanziale. Mentre la pressione russa, invece, si fa sentire. Soprattutto ad Adviivka, poco lontano da Donetsk. Per quanto riguarda le operazioni di terra i russi sono in controllo. C’è una notevole attività degli ucraini, invece, lungo le coste della Crimea e nella zona del ponte di Kerch. Il tentativo è di provocare una reazione russa che convinca qualche altro Paese a entrare nel conflitto. Il grosso insuccesso di Zelensky è di non essere riuscito ad allargare il conflitto ad altri, come i polacchi. La controversia sul grano, in quel caso, ha lasciato il segno.
(Paolo Rossetti)
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